Renata Boero
Koo Bohnchang
Ugo Carrega
Luc Fierens
Paola Fonticoli
Alberto Garutti
Jannis Kounellis
Nick Lamia
Ivens Machado
Ernesto Jannini
Anna Spagna
Cristina Ruffoni
Francesco Correggia
Intorno a Maurice Blanchot e la scrittura del disastro, tra frammentazione e ricostruzione. La collettiva si vuole sottrarre a quella dimensione espositiva/dimostrativa cui soggiacciono oggi le pratiche dell'arte.
a cura di Francesco Correggia
Gli artisti: Renata Boero, Koo Bohnchang, Ugo Carrega, Luc Fierens, Paola Fonticoli, Alberto Garutti, Jannis Kounellis,
Nick Lamia, Ivens Machado, Ernesto Jannini, Anna Spagna, Cristina Ruffoni
La mostra s’inserisce in quelle iniziative che ZONE, Studi di cultura visuale, Teorie e pratiche dell’arte, ha ideato per alcune giovani Gallerie milanesi. ZONE si rivolge a differenti spazi espositivi della città, come in questo caso lo Spazio Brentano che accoglie con entusiasmo questa iniziativa. In questi avamposti dell’arte e del pensiero, in un continuo errare e sostare in luoghi di passaggio, ZONE mette in evidenza quei filosofi che con il loro pensiero hanno influito notevolmente sull’arte moderna, ma anche sul lavoro di molti artisti contemporanei. La scrittura del disastro di Maurice Blanchot è uno di questi libri che ancora oggi ci fanno riflettere sulle questioni ritenute essenziali per le cose dell’arte. Il curatore Francesco Correggia, proprio a partire dal libro di Blanchot e soprattutto da alcuni suoi passaggi fondamentali per tutto il pensiero moderno, intende riproporre per lo spazio Brentano proprio un universo tensionale dell’arte che pone al centro la questione dell’opera e della sua assenza, il tratto del disastro, la parola “dirompente” e ciò che resta senza resto (il frammentario). E’ proprio da questi passaggi che si muove il senso di questo progetto e la scelta degli artisti invitati dal curatore. La mostra, in qualche modo, si vuole anche sottrarre a quell’unica dimensione espositiva/dimostrativa cui soggiacciono oggi le pratiche ripetitive e consolatorie dell’arte. Si tratta di una sottrazione e di una ricomposizione, tra sparizione e riapparizione, disastri e slittamenti di senso, passività e avventura poetica.
Negli anni sessanta quest’universo era declinato in differenti modi, il minimalismo, l’arte processuale, l’arte concettuale, la scrittura verbo visuale. Queste modalità del pensiero e del fare dell’arte erano tuttavia intrise di questioni ideologiche, di una rivolta metafisica che aveva di mira la critica dei media e dello stesso sistema dell’arte. Dopo l’esaurirsi del postmoderno e una ripresa di ciò che il modernismo come analisi critica e soprattutto come elogio all’immaginario aveva lasciato sul campo, si assiste oggi ad una rilettura della modernità. Tale rilettura parte proprio da alcuni temi forti e orizzonti del pensiero che hanno con l’arte moderna un qualche rapporto, come la questione del rapporto fra immagine e parola, la decolonizzazione dell’immaginario, la critica a un certo consumismo, il ritorno al localismo e il recupero di una dimensione antropocentrica più rispettosa del mondo vivente e del pianeta in cui viviamo. Il che è dettato anche dalla consapevolezza di una crisi planetaria mai vista prima. Lo sfruttamento eccessivo delle risorse, della natura, gli stessi cambiamenti climatici, le problematiche ambientali, la sparizione di numerose specie viventi, pongono questioni nuove, prima assolutamente impensabili.
E’ da questa analisi che ZONE mette al centro dei suoi progetti la dimensione etica dell’arte, il rapporto con l’opera, la stessa
consapevolezza dell’artista rispetto alle problematiche del proprio tempo, sul senso dello sviluppo e sullo stesso senso del proprio stare nel mondo. Ciò pone una questione che ha decisamente a che fare con universi tematici e teorie che prendono atto di relazioni trasversali, virtuose e solidali. Si tratta di pensare all'opera come quel “movimento fra frammentazione e ricostruzione” che non ha termine e che nel suo inesauribile e incessante fluire si avvicina e sembra quasi fondersi con un silenzio (ancora intriso di parole) che come appunto scriveva Blanchot non può mai smettere di mormorare.
Mercoledì 13 Maggio alle ore 17.30 si terrà un incontro su Blanchot e la scrittura del Disastro presso Art Found Trust di Marco
Rezzonico, corso Venezia 44.
Inaugurazione 13 maggio ore 18.30
Spazio Brentano
via Giuseppe Brentano Milano
tutti i giorni 11-13 e 16.30-20
ingresso libero