Tra Materia e Anima. Nelle loro opere si ritrovano e si intrecciano 4 elementi che sono la chiave di lettura della mostra: la materia e l'anima, la memoria e il tempo.
a cura di Claudio Strinati
La mostra, curata dal Professor Claudio Strinati, propone un dialogo tra due artisti emergenti che
vivono e lavorano a Roma: A.T. Anghelopoulos e Andrea Pinchi. Due personalità artistiche colte,
raffinate, complesse che indubbiamente mostrano un rapporto forte con la materia e con ciò che
essa racchiude alla ricerca dell’anima e dell’oltre. In tutte le loro opere si ritrovano e si intrecciano
quattro importanti elementi che sono poi la chiave di lettura della mostra: la materia e l’anima, la
memoria e il tempo. Dal punto di vista dello stile e dell’espressione Anghelopoulos e Pinchi sono
differenti ma ad unirli, in una interessante ipotesi critica, è per il curatore Prof. Claudio Strinati
“una comunità di intenti non implicante una somiglianza esteriore ma una sintonia profonda di
risultati creativi”.
La mostra assume senso proprio nel confronto-scontro tra due artisti e mentalità che mostrano
analogie profonde quando si entri realmente nel concreto dell’opera “generando – per il Prof.
Strinati- nel visitatore una molteplicità di pensieri, riflessioni commenti che si intersecano tra loro
in una esperienza estetica rilevante”.
A.T. Anghelopoulos che per il curatore “ha la consapevolezza e la qualità di un artista notevole. E’
sintomatico e emblematico un titolo che ritorna in certe sue opere: il Dio disimpegnato (
Disengagement come egli scrive). Il Disimpegno di Dio riflette l’impegno dell’artista di
immaginare una dimensione non implicante il divino senza tuttavia poterne prescindere”. In mostra
il Trittico “Sulle orme di Dante” che pur ispirato alla Divina Commedia dantesca (del quale
quest’anno ricorre il 750° anniversario della nascita), è concepito come una pala d’altare “destinata
ad un altare laico”, al centro del Trittico, l’opera Passages punto di fuga prospettico, inno al
coraggio ed alla speranza; a sinistra dell’osservatore l’opera della serie God Disengagement e a
destra il grande pannello in legno Untitled (mixed media and lizard on wood panel, 121x150,5 -
2015). Quest’opera si presenta come una palizzata, alta, quasi invalicabile, dotata di un forte potere
suggestivo, capace di rievocare i silenzi delle “finis terrae” e quel sole che nel tempo sospeso della
torrida calura estiva sembra bruciare anche le anime oltre le cose.
Eppure il guizzo di una piccola
lucertola è l’improvvisa scintilla di vita. Nella storia dell’arte, nella tradizione proto-cristiana la
lucertola ha valenza simbolica di rinascita, di rinnovamento ed insieme di ricerca della verità, di
veglia attenta tra occhi offuscati e menti obnubilate. Se esiste un Inferno, questo è sulla Terra; Il
Paradiso laico, il mondo nuovo è posto tra Purgatorio ed Inferno al centro di una ricerca infinita, al
termine di un percorso arduo, impervio – perché non sperare – verso una meta ideale, utopica se
volete ma che tuttavia potrebbe essere l’inaspettato frutto di un “disguido del possibile”, per dirla
con le parole di Eugenio Montale.
Nel cammino di riscoperta dell’umanità, prigioniera della materia – del corpo – e di riscoperta del valore
della memoria si situa l’opera Inner Life-Vita Interiore (della serie delle Vite Interiori). La “Bella
Principessa”, cui è ispirato il lavoro di Anghelopoulos, è un’opera recentemente attribuita a Leonardo da
Vinci ed esposta durante l’Expo nella Reggia di Monza, in una mostra a cura del Prof. Vittorio
Sgarbi). Nell’opera Inner Life però l’elemento principale che caratterizza la Bella Principessa, quasi
sicuramente Bianca Sforza- è la raffigurazione del soggetto nel suo lato finora nascosto, il destro, il lato del
viso che Leonardo aveva per sempre sottratto agli sguardi del mondo. L’inaccessibile emivolto, ora svelato,
assurge a metafora del mistero che circonda la vita interiore dell’adolescente – come quella di ciascuno di
noi – un magma di desideri, paure, pulsioni, lati oscuri. Il complesso ingranaggio innestato sul profilo, ora
quasi evanescente, è parte di quel mistero svelato, è una proiezione degli insondabili ingranaggi interiori, è
vita interiore; esso suggerisce inevitabilmente anche un movimento del tempo. La Bella Principessa è
realmente esistita, nella sua unicità di essere umano, anzi è viva e lo è anche il mistero che ella porta con sé.
“Una curiosa perplessità - per il curatore - transita in tutte le immagini di Anghelopoulos e ci
restituisce la figura di un artista che sa essere serio e ironico nel contempo lasciandoci la più ampia
libertà di apprezzamento sul suo lavoro. E qui, forse, c’è il punto di aggancio con Pinchi, questo
stralunato fabbricatore di oggetti fatti di elementi creati per funzionare, come le canne d’ organo o
altri componenti degli antichi strumenti, e che egli smonta e rimonta per costruire quella sorta di
“macchine inutili” che ci riportano verso remote esperienze di marca dadaista e surrealista,
collegate, ancora una volta, a quel rovello della cultura francese cui anche Anghelopoulos fa
riferimento".
Un viaggio nell’arte quello di Pinchi che nel 2011 Maurizio Coccia definì il Pincbau, ovvero la
costruzione di opere attraverso il riutilizzo dei materiali provenienti da organi musicali antichi o della propria famiglia.
Una bellissima e serrata dialettica in questa mostra che, per la complessità dei contenuti che si
inseguono reciprocamente, è capace di darci "un momento di vero interesse e meditazione sui
meccanismi stessi di funzionamento della creazione artistica. (C. Strinati)"
Siti: www.anghelopoulos.com ; www.andreapinchi.com ;
Ufficio stampa e immagini: Sabrina Consolini e-mail: consolini.eventi@gmail.com
Inaugurazione 12 novembre ore 17.30
Complesso del Vittoriano
via San Pietro in Carcere (Fori Imperiali) Roma
ingresso libero