La sue sculture sono basate su un'idea di metamorfosi, di sviluppo, di espansione. E' come se l'artista americano coltivasse in vitro delle serrate anatomie di organismi inespressi, incerti tra una parvenza di materiali biologici e un ideale di fulminei universi che vanno dal gigantesco (almeno potenziale) al minimissimo
Le sculture di Ross Rudel (Billings, Montana, 1960) danno vita a
''figure'' che credevamo per sempre celate nelle pieghe del tempo, impossibili
a scorgersi per il loro appartenere ad altri mondi: esse sbocciano per
miracolo dalla sua mano, che ha cercato rabdomanticamente in mezzo agli
scarti del quotidiano, anzi, in mezzo agli scarti della coscienza, quanto
sembrava indefinibile e inaccostabile. Ha messo in piedi una cosmogonia
dimessa, che sta tra l'antica materia (il legno, con i suoi nodi, i suoi
anelli secolari, i suoi esili tralci) e una profezia di forma che si
conclude (e rinchiude) dentro la materia stessa. E' come se l'artista
americano coltivasse in vitro delle serrate anatomie di organismi
inespressi, incerti tra una parvenza di materiali biologici e un ideale di
fulminei universi che vanno dal gigantesco (almeno potenziale) al
minimissimo: una ambiguità spalancata, un desiderio di stringere ricordi di
cose che devono ancora chiarirsi, emanciparsi di fronte allo sguardo.
Reperti e volumi lavorati fino alla rastremazione; tumescenze
elementari, rudi, prime e politezze che sanno di totem e trofei erotici. Il
tutto trattato con resine o patine dai cromatismi essenziali, ma anche con
merletti e spaghi, quasi a voler suscitare una costante deviazione del
''senso'', una collisione incessante dei codici visivi (del letterale e del
simbolico, del realistico e del mitologico, del sacro e del profano, del
puro e dell'impuro). Per Rudel possono valere le parole di Hans Harp e cioè
che ''l'arte è un frutto che cresce nell'uomo, come un frutto su una pianta o
il bambino nel ventre della madre''. Anche la sua opera infatti è basata su
un'idea di metamorfosi, di sviluppo, di espansione, ma pure su quella di
internamento, di discesa verso una forza nascosta, di uno sprofondo verso
una pulsione interiore: è indizio paradossale di una incessante coniunctio
oppositorum, di un pensare le cose mai ferme e mai esaurite, mai ''bloccate
in immagine'' una volta per tutte, ma sempre passibili di nuove, mutue
traslazioni e di nuove, scambievoli avventure.
Immagine: Queen, 2003; legno, corda, gesso acrilico, 91x12x19cm.
Catalogo con testo di Luigi Meneghelli
Ross Rudel nasce a Billings, Montana, nel 1960. Vive e lavora a Los Angeles.
PRINCIPALI MOSTRE RECENTI:
1998 Jack Shainman Gallery, New York
1999 Angles Gallery, Santa Monica
Morbida quiete e la notte, Studio La Città , Verona
2000 Panza - The Legacy of a Collector, MOCA, Los Angeles
2002 La percezione dello spazio, Palazzo della Gran Guardia, Verona
Le stanze dell'arte, MART, Rovereto
2003 Jack Shainman Gallery, New York
Angles Gallery, Los Angeles
2004 Studio la Città , (con catalogo, testo di Luigi Meneghelli)
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