Il duo Tedman&Strand propone un corpus di opere site specific ricamate a mano su seta, mentre Monteverde propone un'installazione multimediale high tech che riflette sulla sua infanzia.
double solo show a cura di Viana Conti
In linea con un programma di proposte internazionali, C|E Contemporary Milano, presenta la mostra, intitolata Paradoxes & Liquid Identities, che mette in atto un ribaltamento, a chiasmo, delle modalità comunicative delle artiste invitate. Il Duo anglo-californiano Tedman&Strand propone, in prima uscita nazionale, un corpus di otto opere site specific che formula con il linguaggio, di tradizione romantica, del “ricamo a mano su seta,” una denuncia radicale ai modi freddi e spregiudicati di “persuasione occulta” dei mezzi digitali di comunicazione di massa, mentre l’artista italiana Virginia Monteverde, nata a Tübingen, in Germania, attiva anche come curatrice di eventi culturali internazionali, propone, in un significativo dialogo con il Duo Tedman&Strand, un’installazione multimediale high tech per comunicare una riflessione autobiografica sui giorni dell’infanzia, in cui il mare diventa schermo sensibile ed emozionale di rammemorazioni. Da qui il senso conflittuale del titolo che, con Tedman&Strand, stigmatizza il cinismo delle politiche aziendali, in una società occidentale a capitalismo avanzato, attraverso una raffinata e provocatoria, insieme, modalità espressiva d’antan, e che, con Virginia Monteverde ricorre alla sperimentazione digitale più sofisticata e quindi alla memoria artificiale, per aprire una finestra intimista sulla memoria reale del suo passato. Altro sintomatico elemento di contrasto sono i tempi da monaco certosino, del Duo Tedman&Strand ed il tempo reale delle riprese video-tablet, degli scatti iPhone e delle sonorità QRcode di Virginia Monteverde. È indubbio che la mostra Paradoxes & Liquid Identities presenta uno spaccato d’arte contemporanea denso di contraddizioni e interrogativi.
Tedman&Strand
Baseness & Obscenity - Everyday Pleasure
Il Duo Tedman&Strand sceglie come campo di espressione la composizione di drappi, per lo più rettangolari, di seta, sul modello dell’arazzo storico di Bayeux o della Regina Matilde, patrimonio dell’Umanità UNESCO, in tessuto ricamato. Questo reperto prezioso diventa un ineludibile riferimento per le artiste, rappresentando quasi un manifesto di insostituibile valore testimoniale, oltre che di pregio artistico, ai fini della conoscenza della conquista normanna dell’Inghilterra, nel 1066, con la battaglia di Hastings. Volendo lavorare sul tema della comunicazione, a partire, però, da luoghi di residenza appartati dal mondo dei mass media e del jet set, come appunto il villaggio ligure di pescatori Camogli, in Italia, ed il deserto californiano statunitense, scelgono un linguaggio anacronistico come il “ricamo” o pittura ad ago. Contro il delirio della velocità, della realtà digitale, della corsa inarrestabile del progresso tecnologico, dell’invasione degli stereotipi di massa, utilizzando finissimi fili di seta policromi, le artiste applicano ritagli di tessuti pregiati, disegnati precedentemente, su fondi di seta, per un messaggio, ideato su un codice simbolico, tanto più forte in quanto assente. Lavorando preziosamente su una metaforica cornice del vuoto, ecco applicata la constatazione del sociologo canadese Marshall Mc Luhan per cui il medium è il messaggio, ipotesi fondata sulla riflessione in base alla quale i mezzi di propaganda e di pubblicità condizionerebbero i comportamenti e l’immaginario collettivo. Non mancano, nelle loro riflessioni, riferimenti alle Città invisibili di Calvino e al documentario Burden of Dreams, del 1982, sulle caotiche e drammatiche riprese effettuate durante la realizzazione del film Fitzcarraldo, in Amazzonia, di Werner Herzog. Per un’ecologia del messaggio, veicolato da un linguaggio creativo come quello dell’arte, Kate e Sam eliminano, tendenzialmente, la parola come contenuto e lavorano sulla struttura comunicazionale, scegliendo il supporto di pregio, la bellezza, il lavoro artigianale, realizzato nei tempi di un monaco certosino, isolato, come loro, dal rumore del mondo. Questa straordinaria collezione di ricami di seta su seta, di drappi cuciti a mano e di opere dipinte su carta, mentre da una parte entra in conflitto con un sistema dell’arte consumistico di tipo aziendale, dall’altra vede la possibilità di una vita alternativa con ritmi umani, relazioni interpersonali, comportamenti solidali. Il Duo Tedman&Strand realizza il paradosso di costruire, nell’ideazione di un varco temporale, un luogo utopico, vagamente fantascientifico, in cui collocare e conservare forme e gesti dimenticati. Sovente le artiste applicano, provocatoriamente e non senza ironia, la terminologia tecnologica di Apple alla loro anacronistica modalità di “propaganda” in termini di sofisticata ricerca estetica. Sam Strand, vivendo in una base militare dislocata nel deserto, ricava i suoi elementi decorativi dal mondo dell’esercito, delle divise, dei gradi, delle parate, delle tute mimetiche, delle esercitazioni, mentre Kate Tedman, più surreale, onirica, notturna, si rivolge al mondo delle allegorie sacre e profane, della storia, della leggenda, del mito. Ricorrono nelle loro opere elementi fitomorfi, zoomorfi, ali d’aquila imperiale, piume di pollo, corone regali o d’alloro, cartigli, fregi classici, greche, leoni tratti da medaglioni, alberi della vita, tralci, nastri, ghirlande, nodi, accostamenti di immagini di propaganda politica tra Africa e Russia, altre tratte da un salone di bellezza, dalla carta da parati “Martinique” del Beverly Hills Hotel, da pergamene dei Tudor, da elementi della realtà, aspetti decorativi dell’ufficialità, ma anche contrastanti elementi geometrici, strisce, campionature, in gradazioni calde o fredde, di fili colorati. Nella loro poesia compare l’ultimo verso dalla canzone di Iggy Pop Search and destroy. Sorprendente è la varietà di punti, anche desueti, a volte con effetto rilievo, come riccio, catenella, erba, scritto, piatto, pittura. L’allestimento prevede, per le opere, fondi tinteggiati e un testo poetico trascritto sulle pareti della galleria.
Provenienti da esperienze diverse, Kate Tedman (nata nel 1979 in Inghilterra), attiva sul campo della pittura, della scultura, del restauro di edifici, e Samantha Strand (nata nel 1986 negli U.S.A.), attiva sul campo dell’interior & graphic design, delle pratiche sociali, fondano il Duo artistico Tedman&Strand nel 2013, operando a Camogli, Italia, in un villaggio marinaro nascosto tra gli ulivi, e a Twentynine Palms, California, nei pressi del Deserto del Mojave. Loro opere sono presenti nelle collezioni del de Young Memorial Museum, Yerba Buena Center for the Arts, Galleria Wendi Norris, a San Francisco, Leila Heller Gallery, The Aldrich Contemporary Art Museum, Dubai International Finance center, Emirati Arabi Uniti.
Virginia Monteverde
Horizons
Virginia Monteverde (nata nel 1969 a Tübingen, Germania, dopo un periodo di attività a Milano si trasferisce a Genova, città dove si è formata all’Accademia Ligustica di Belle Arti e dove risiede), orienta le sue scelte artistiche verso la sperimentazione tecnologica nelle modalità espressive della pittura digitale, della videoarte, e dell’installazione multimediale. La sua opera sottoscrive la visione della società liquida teorizzata dal sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman, secondo il quale una condizione postmoderna di consumismo incontrollato, di induzione di una precarietà sistemica dei valori materiali e immateriali, provocherebbe un collasso delle strutture cardine dell’esistenza. Virginia Monteverde presenta in mostra un’installazione che si apre con il suggestivo video su tablet Orizzonti, articolandosi poi, a parete, su tre sequenze di cinque variazioni d’orizzonte, riprese fotograficamente con l’iPhon, in diverse ore del giorno, dalla finestra sul mare della sua camera. Le stampe, su carta fine art german, cm. 10 x cm.10, in cornice cm. 20 x cm. 20, sono accompagnate da tre supporti di alluminio sormontati da evocative conchiglie madreperlacee, dagli eleganti scudi conici avvolti a spirale, che, accostati all’orecchio, rinviano, autobiograficamente, ai ricordi di una bambina che vi ascoltava, estasiata, in solitudine, il profondo rumore del mare. Questo scenario romantico cambia di segno, per diventare high tech, in fondo alla sequenza fotografica, dove, a parete, si presenta un cibernetico QRCode, che decodifica il rumore delle onde. Un’ulteriore opera elettronica è costituita dal video sonoro in loop Tunnel (durata 1’ 55”) che, nello scorrimento veloce, tra l’interno della galleria e l’esterno di un litorale mediterraneo, fagocita l’attenzione dello spettatore in una angosciante, martellante, dimensione liquida, in cui riaffiorano memorie di un viaggio esistenziale vissuto alla rovescia, quando il ritorno si affolla di memorie dell’andata. La mostra Horizons, ritmicamente scandita tra cielo e mare, tra immobilità fotografica e mobilità video, tra realtà ed artificio, non cessa di restituire allo spettatore un universo insospettato di sensazioni emotive e di percezioni tattili, visive e sonore. Attenta e sensibile nel registrare le trasformazioni del contesto sociale e della sfera personale dell’individuo, in un mondo globalizzato e progressivamente robotizzato, in cui le identità tendono ad abbassare il loro grado di soggettività e ad alzare quello di omologazione alla massa, questa artista non cessa di adeguare i suoi strumenti comunicativi, sia a livello tecnologico che emozionale, alle esigenze di un destinatario a rischio di anestetizzazione e isolamento. Il suo universo è connotato da una profonda interazione e da un significativo scambio tra i valori della tradizione, in particolare sull’area della cultura e dell’arte classica, e quelli dell’innovazione, sull’area connettiva della comunicazione tecnologica.
È ideatrice, in campo curatoriale, tra le iniziative di maggior rilievo, di mostre in spazi istituzionali, come Segrete, tracce di Memoria - Alleanza di artisti in memoria della Shoah, nelle antiche carceri della Torre Grimaldina di Palazzo Ducale a Genova, ContemplArte, Rassegna d’arte contemporanea nei chiostri di Genova, e la Biennale d’arte contemporanea Le Latitudini dell’arte, a Palazzo Ducale, Genova. Virginia Monteverde è presente, con sue opere, nella collezioni del Museo di Sant’Agostino di Genova (Scultura liquida, Margherita di Brabante), del Museo d’arte contemporanea di Sella di Lodrignano, Parma (videoinstallazione Passeggiata nella città liquida), del Museo ideale Leonardo Da Vinci, a Vinci, Firenze (Background, la Gioconda) e della Nelson Mandela Foundation, Houghton – Johannesburg, South Africa (Madiba).
Viana Conti
Opening giovedì 3 dicembre 2015 ore 18.00 - 21.00
ore 19.00 introduzione alla mostra della curatrice Presenti gli artisti
C|E Contemporary Milano
via Gerolamo Tiraboschi, Milano