Parco Negombo
Ischia (NA)
via San Montano

Giuseppe Maraniello
dal 21/5/2004 al 22/5/2004
081 986152

Segnalato da

Centro George Sadoul



 
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21/5/2004

Giuseppe Maraniello

Parco Negombo, Ischia (NA)

A Ischia: Volo (bronzo e acciaio), installazione permanente. Fino al 13 giugno mostra antologica alla Torre Guevara. Installazione della scultura 'Volo' (bronzo e acciaio) al Parco Negombo in occasione di Ipomea del Negombo, seconda edizione.


comunicato stampa

A Ischia

- Installazione della scultura “Volo” (bronzo e acciaio) al Parco Negombo in occasione di Ipomea del Negombo, seconda edizione – sabato 22 maggio 2004 alle ore 11.30. Orario visita tutti i giorni dalle 17 alle 19.

- Mostra antologica dal 3 aprile al 13 giugno 2004, alla Torre Guevara.


Possiamo considerare la mostra di Giuseppe Maraniello, napoletano di origine, un ritorno alla propria terra, o Haimat, nelle sue radici antiche, da cui ci sembra nascere la magia e la vocazione poeticamente e sottilmente metafisica della sua ricerca e della sua opera. E’ un ritorno in grande stile che si articola in due momenti, la mostra retrospettiva con opere dal 1978 a oggi, alla torre Guevara, dal 3 aprile al 13 giugno e l’installazione di una nuova opera “Il volo”, un angelo ermafrodito, nel parco termale del Negombo, ideato dal paesaggista Ermanno Casasco. E’ un’opera pensata proprio per quel luogo, che verrà inaugurata il 22 maggio in concomitanza con la mostra mercato, “Ipomea del Negombo” seconda edizione.

L’essenziale struttura a pianta quadrata della cinquecentesca torre Guevara è una sede ideale, un misterioso scrigno per gli infiniti scrigni e rivelazioni inaspettate dell’opera di Maraniello. E’ una torre di guardia, che sorge sulla collinetta di San Anna, luogo dell’antica Aenaria, ed è posta dirimpetto al castello aragonese, ma non ne condivide le potenti e arcigne forme, anzi, è una sorta di suo contraltare. La leggenda la vuole collegata da una galleria sotterranea, di cui si sarebbero serviti Michelangelo e Vittoria Colonna per i loro incontri amorosi. E, se certo si tratta solo di un una leggenda, essa ci parla di questo luogo e della torre come di uno spazio edenico che era infatti circondato da una giardino accessibile solo per mare, in un luogo in cui terra e mare sembrano confondersi e perdersi l’uno nell’altro.

E ciò ci porta a Maraniello, alla sua passione per le esplorazioni dei contrari, dei complementari, del rovesciamenti, il sopra e il sotto, il vuoto e il pieno, l’uno e il doppio, nei colori, nei materiali, nelle forme. Dinnanzi alle opere sue il pubblico non vede né figurazioni né astrazioni, ma pensieri inconsueti e insiemi “antichi”, rappresi od estesi anche su porte o muri, in forme piccole o geometricamente larghe; oppure vede movimenti strani di animali inventati o di figure antropomorfe, o “creature” che sono contenitori e guizzi concettuali o le piccole enigmatiche figure appena accennate, in lotta o in volo, sempre poste attraverso o in movimento o in mutazione, che non si sa mai se sono larvali o in sviluppo. Le sue figure, l’acrobata, il centauro, l’ermafrodito, rimandano ai cacciatori volanti dell’arte parietale, ai tuffatori di Pompei, alle figure etrusche…e sono contemporaneamente una reinvenzione ludica e onirica, sempre inattesa, di una materia che all’improvviso sembra farsi liquida e animarsi e mostrare il proprio segreto. Opere che sono pensieri, domande, interrogazioni.
Ci guidano nella comprensione dell’opera i titoli, che le situano nei diversi cicli della creazione dell’artista: “Passaggi segreti”, “Vasi comunicanti”, “Ri-flettere”.
Della sua capacità di coniugare insieme levità e imponenza, in una sorta di “basso continuo”, ha scritto acutamente Gillo Dorfles. E’ un’imponenza e una monumentalità che ci appare iscritta nella stessa levità dell’opera, nella sua natura metafisica, nei lievi segni e forme, nelle concrezioni materiche aeree e alate, in cui prendono corpo e si rendono visibili i principi cosmici, le idee, avrebbe detto Platone, i numeri, avrebbero detto i Pitagorici di tutte le cose, la loro anima segreta.

La mostra alla Torre Guevara che presenta insieme installazioni, quadri, anfore è anche una riflessione sulle mutazione dell’arte, del fare pittura, scultura e sulla nostra sorte.
L’angelo ermafrodito del volo che si installa sulle balze del Negombo, la parte più profonda e selvaggia del parco termale, nella roccia che domina “Chiaia di luna”, una pozza, o vasca di raccolta dell’acqua, con grotta, che si apre tra i fitti sentieri, si libra verso il mare. Figura solo accennata, pura forma nonostante le sue dimensioni (4 metri e dieci di apertura d’ali, in bronzo), senza sguardo, è occhio chiaroveggente che si libra fuori dal tempo e dallo spazio come gli uomini volanti di Goia che hanno lo sguardo fisso verso Utopia.
Il Volo va aggiungersi all’ “Arco-in-cielo” di Arnaldo Pomodoro, e allo “Zig-Zag” di Lucio Del Pezzo, ai “Gli occhi di Nesti e di Neri” di Laura Panno, in un surplus di senso che solo l’invenzione artistica è in grado di dare perché essa sola è in grado di trasformare l’arte del giardino in giardino dell’arte, facendone teatro della vicenda umana.
(Eleonora Fiorani)

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