Galleria Ghiglione
Genova
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MIRCO MARCHELLI
dal 4/2/2000 al 11/3/2000

Segnalato da

Salvatore Galliani




 
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4/2/2000

MIRCO MARCHELLI

Galleria Ghiglione, Genova


comunicato stampa

Vale un pero'.
Quando si parla di via alla conoscenza, o di cammino verso il sapere, non si ricorre soltanto ad una trita metafora. Si esplicita visivamente un radicato convincimento, quello che associa il percorso mentale al movimento dello spazio. E' così infatti che di norma ci rappresentiamo il conoscere: dal momento che solo dello spazio abbiamo una percezione sensoriale, iscriviamo in esso le geografie delle possibilità e dei limiti umani. Viaggiare equivale per noi a conoscere, e viceversa. Per avviarci verso la verità reputiamo necessario staccarci dalle origini, muoverci, confrontarci con il diverso: come se la distanza, fisica o culturale, fosse condizione necessaria e sufficiente alla crescita della nostra consapevolezza. Ed è vero, in parte: lontani dall'habitat consueto siamo liberi di riconoscerci in altre identità, abbiamo modo di cogliere la nostra singolarità nell'evidenza del contrasto, conosciamo e sperimentiamo nuove forme di approccio all'esistente.
Ma è vero anche che questa libertà, queste occasioni, le paghiamo a caro prezzo. Sradicarsi non significa soltanto guadagnare delle opportunità, ma anche perdere in profondità, condannarsi alla superficie: e la forma di conoscenza che ne consegue non può che essere superficiale. Nel viaggio, nell'incontro col distante e col diverso,oggetto e tramite della comunicazione non può essere che ciò che è comparabile, riconducibile a metri economici, sociali e culturali unificati. Il riconoscimento reciproco tra il viaggiatore e l'ambiente nel quale questi si muove presuppone una semplificazione, l'adozione di codici a livello dei quali possa avvenire l'osmosi, ma a prezzo di um impoverimento stravolgente rispetto alla profondità e complessità delle culture in gioco. Solo ciò che è in superficie può essere messo in circolo:tutto il resto, ciò che si nutre attraverso radici che affondano nel terreno del tempo, resta fuori. E pur essendo questo un fatto abbastanza ovvio, perché senza la riduzione ad un comune denominatore non si darebbe l'incontro, non possiamo ignorarne le conseguenze rispetto al tipo di conoscenza che induce. In una situazione del genere la percezione delledifferenze avviene per forza di cose in forma classificatoria, comparativa, ed è già intesa alla composizione, quindi al loro annullamento. Il che significa che questo atteggiamento contempla il dubbio, la presenza di diverse possibilità e soluzioni, ma solo come sfida, e lo tollera solo in funzione del suo superamento, di una superiore composizione nella certezza. Questo atteggiamento noi lo chiamiamo razionalità.
E qui sta il problema. Noi abbiamo confuso una modalità di conoscenza con la sostanza, e abbiamo identificato il sapere con una delle sue possibili vie.Ora,tenendoci lontani dai gorghi della sostanza, si tratta di considerare se non esistano altre modalità conoscitive che consentano una percezione diversa dell'esistente. Se, ad esempio, in luogo di muoverci orizzontalmente, nello spazio, proviamo a rapportarci all'altra dimensione, quella verticale lungo la quale scorre il tempo, le prospettive di conoscenza cambiano radicalmente. Non siamo noi in questo caso a tracciare le linee. Noi possiamo percorrere gli spazi, chiuderli o dilatarli, tendiamo oggi persino ad annullarli: ma rispetto al tempo non ci è consentita alcuna domesticazione.Dobbiamo subirne il movimento, e rinunciare a qualsivoglia certezza.Nel tempo, e del tempo, non è data conoscenza razionale, a dispetto di tutto lo strumentario tecnologico o storiografico col quale ci illudiamo di imbrigliarlo:perché in esso le possibilità non si ricompongono,ma si aprono e si moltiplicano incessantemente,e non è consentito enumerarle, confrontarle, annularle nella sintesi. Ma questo non significa che non sia data conoscenza alcuna:significa solo che per conoscere nel tempo è necessario piegarsi alla sua direzione, scendere cioè in profondità, e accettare di convivere con l'infinito ventaglio di opzioni che ogni attimo ha rappresentato e rappresenta,in altre parole col dubbio come condizione esistenziale e conoscitiva.
Forse solo l'espressione artistica è in grado di offrirci metafore adeguate a questa modalità di conoscenza,quando riesce a sottrarsi all'orizzontalità del confronto spaziale e fissa in istantanee le terga del tempo, magariraccogliendo gli scarti che questi lascia lungo il cammino.Certamente essa ne coglie lospirito allorchè si ferma a riflettere perplessa sulla propria capacità di "comprendere" letteralmente il mondo,sul "questo,e perché non quello?". Ciò significa abbandonare il convincimento da cui si erano prese le mosse,che cioè ilcorrere,il muoversi per il mondo, sia sempre meglio dello stare,e il dis-correre,il mettersi a confronto, sia preferibile al tacere e al meditare. Può essere vero, in tanti casi, ma nonlo è certamente in assoluto. E' discutibile infatti che veder crescere un albero conferisca un sapere meno profondo dell'aver visto molti alberi diversi. Conferisce senz'altro un sapere diverso,meno spendibile sul piano dell'autoaffermazione,ma assi più pregiato sulla via dell'autocoscienza..
Se si assume questa possibilità, di tramutare il desiderio per le cose dello spazio in desiderio per le cose del tempo anche il rapporto con il movimento e la conoscenza ad esso sottea viene a mutare.Intanto ci si può rendere conto del fatto che di norma per metà del cammino non facciamo che tornare sui nostri passi, e che come confessava Montaigne in verità conosciamo bene solo ciò da cui fuggiamo, e non ciò che cerchiamo, e quindi più che annullare le distanze le creiamo,le inframmentiamo tra noi e ciò di cui davvero ci importa, e che costituisce il metro,positivo o negativo, al quale commisuriamo ogni conoscenza. Si può scoprire che se pure è lo spazio il mezzo di cui abbiamo percezione,possiamo attraversarlo solo nel tempo,ed è il tempo il nostro orzzonte. E possiamo allora far nostro il prpoposito di Eliot: Noi non cesseremo di esplorare, e fine di ogni nostra eplorazione sarà arrivare là donde partimmo, e conoscere il luogo per la prima volta.
Paolo Repetto

A cura di:Salvatore Galliani
Sede:Studio Ghiglione-Genova

Inaugurazione: Sabato 5 Febbraio, ore 18.30

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