La Citta' dei Bambini
Genova
Magazzini del cotone, area porto antico

Giampiero Poggiali Berlinghieri
dal 3/6/2004 al 31/7/2004
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artestudio53




 
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3/6/2004

Giampiero Poggiali Berlinghieri

La Citta' dei Bambini, Genova

Animali e piccoli habitat. Un universo esuberante di linguaggi interattivi, esperienze e dinamiche sconfinanti, ma riconducibili al medesimo intento: alimentare il processo conoscitivo provocando, invadendo e quindi estrapolando e dirottando le potenzialita' infantili.


comunicato stampa

Animali e piccoli habitat

Un percorso artistico di Giampiero Poggiali Berlinghieri sulla natura e l'immaginario dei bambini, che arricchirà ''la Città dei Bambini''

L’arte di giocare con arte

C’era una volta (e c’è ancora, e ci sarà, felice, bella) la Città dei Bambini.
Italo Calvino non ne ha potuto raccontare perché non è “invisibile” e sognata, bensì preziosamente vera: nel porto antico, coi suoi muri d’altra storia e memorie, i suoi gabbiani sovrastanti in segni d’aria e tutto quel suo dentro avventuroso e tenero, per complicità di gioco e realtà, sapienza e immaginario.
Un universo esuberante di linguaggi interattivi, esperienze e dinamiche sconfinanti, ma riconducibili al medesimo intento: alimentare il processo conoscitivo provocando, invadendo e quindi estrapolando e dirottando le potenzialità infantili. Sicché, tra intervalli d’acqua e tappeti musicanti, percorsi video e trastulli, tecnologia e narrazione, la civiltà dei piccoli s’accresce: cerca, scopre. Assimila e restituisce, elaborati, stimoli e valori.
In questo luogo così segreto e insieme svelato, nessun artista meglio di Giampiero Poggiali Berlinghieri saprebbe insinuarsi moltiplicando le sorprese.

Acceso di fantasia, portatore di uno sguardo velatamente onirico, di una filosofia ludica, egli conquista sensibili presagi figurali ricomponendoli, alfine, in connessioni concrete. Per transfert, indissolubilmente relaziona pittura e scultura, come se dipingesse il gesto e questo gesto, affidato allo spazio, operasse via via in slanci e parabole: oblò e antenne, smerli, palafitte, ameboidi e coriandoli di un infinito carnevale; compitazioni gremite, quasi ronzanti, visitate da ritagli di materia e cromie, un trionfo di ritmi solerti quanto mansueti nel suggerimento favolistico. Irrompe il mito. Diventa totem. Ricordo del futuro. Scevro da iperboli, ossessioni, denunce. Aleggia il giudizio del non giudizio che si riflette in una deliziosa parodia sempre sul punto di farsi pensiero ornato, espressione di uno stato d’animo transigente all’allegria. Non solo, quel suo tessere e ordinare, quel procedere per incanti, per conforti, di veritiero in sospirato, di anima in idea, lo porta a consegnarci, con mani aperte e generose, inaspettatamente candida, l’età adulta.

Le sue silhouette, o sagome, o insegne, o pilastri reticolati che sembrano puntare il piede scalzo per una spinta verso l’alto, fin da subito festeggiano l’ipotesi di una innocente, divertita ironia, e le cose costruite, a volte anche mobili e sonore, occupano l’ambiente in modo talmente accattivante che l’illogico, l’emotività mai completamente imprigionata raggiunge il suo momento magico.
Con l’orgoglio del sorriso, Poggiali Berlinghieri crea dettagli che, nel loro isolamento, diventano icone, effigi, rappresentanze di un cosmo che si recita da sé, con disinvolta, scanzonata poesia.
Sorgenti dal pavimento o calamitate alle pareti, le sculture - che siano calibrate in teatrini, in archivi di natura, in rampanti stele, in arche d’improbabili animali - comunque si impongono in qualità di testimoni della pace, di quella specialissima pace privata di chi conosce lo stupore, consapevole e perpetuo, di esistere al mondo.
Impossibile non menzionare, allora, “La casa delle formiche”, dove l’artista mette in scena una pulitezza creaturale contemplata, custodita. Seguendo un respiro biologico e formale, lento, innamorato, concepisce un cubo fremente, un contenitore di pulsioni da cui entrano o escono, in cadenze equilibrate, con sottintesa capacità laboriosa e minuta, gli insetti. La loro pazienza è diligente, gelosa. E’ ricamo di panorami rassicuranti. E’ curiosità e presenza.

A confermare che dal popolo sbalordito e bizzarro di Giampiero ci viene incontro, come colmo di messaggio, una traccia di grazia che ha il fascino e la commozione, sociale, umana, della più sincera fiducia.

Rossana Fiorini


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