Sirenide
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dal 15/7/2004 al 31/7/2004
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Francesca Poto



 
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15/7/2004

Sirenide

Sirenide, Montecorvino Rovella (SA)

Mostra di Francesca Poto e Nuccia Vassallo nell'ambito di un congresso scientifico sulla vita extraterrestre organizzato dall'Osservatorio Astronomico ''Giancamillo Gloriosi''.


comunicato stampa

mostra di Francesca Poto e Nuccia Vassallo nell'ambito di un congresso scientifico sulla vita extraterrestre organizzato dall'Osservatorio Astronomico ''Giancamillo Gloriosi''.


La città delle metamorfosi (Carmine Tavarone):

Sirenide è quasi una città invisibile, costruita con le leggerezze e le trasparenze delle resine translucide, con la lievità dell'acquerello, col plexiglass riflettente. Chi entra nei suoi labirinti si interroga sulla gravità: qui, tutto è scolpito col desiderio di liberare le forme dalla materia di librarle nell'aria, di farle accarezzare dalla luce.
Sirenide è un universo metaforico dove l'evocazione dell'acqua è pensiero di nostalgia e di angoscia, di bellezza amata e tradita. Oltre le fasi equoree della sua avventurosa esistenza, una Sirena, dispensatrice di vita e di morte, di memoria ed oblio, accoglie chi vi entra. E' sospesa tra la decidua bellezza di atletici corpi di nuotatori, che invitano ad addentrarsi nella notte fonda del mare, ad abbandonare il mondo dei Superi, per affrontare l'avventuroso viaggio negli abissi degli Inferi.

I loro ritmici movimenti fendono le onde e sono perfetti, come il numero otto, che racchiude il nome delle Sirene e la timbrica magia delle loro voci: Himeropa, voce che provoca il desiderio; Molpo l'armoniosa, Aglaope squillante, Thelxiopé dal dolce canto; Persinoe la suadente, Leucosia voce bianca, Lighea voce chiara, Partenope voce di vergine. Otto voci che si intrecciano agli otto fusi sferici dell'astronomia antica, all'ottava musicale, al primo numero cubico, alle otto direzioni dei venti; al numero atomico dell'ossigeno, al segno grafico dell'infinito, che è un otto scritto orizzontalmente. Poco oltre lo spazio rituale dell'otto, c'è un tratto intermedio, un anfratto: la spiaggia di Ciane, nuova rete di insidie allegoriche e di percorsi illuminanti. La Sirena dagli azzurrini capelli è colta nell'attimo dell'ultimo sussulto profetico, prima della sua suicida devozione alla metamorfosi.

A Ciane, nutrita di mare, un'acqua verdastra, rancida sta, infatti, tramutando le esili membra in gelide onde, mentre un'oscura linfa le sottentra al posto del sangue caldo, come liquido mortifero e annunciatore del nulla che di lei rimarrà. Si attraversa, poi, l'instabile e nebbioso mondo di Sedna, la Sirena-foca, divinità dei popoli nordici Inuit. Sedna, il cui nome è stato dato all'ultimo pianeta del sistema solare, ha un'ambiguità ludica. Si rende visibile scrivendo il proprio nome. Sedna stimola metameri, Sedna Metamerina aspetta che ciascuno entri nel suo grembo e che, con la massa del proprio corpo, eclissi il suo raggio luminoso. Solo così ella riuscirà a nominarsi. Non appena il corpo si sarà mosso, il nome tornerà specchio d'acqua. Le parole si fermano: il racconto da raccontare va oltre.
Non vi sono ostacoli, perciò, a penetrare il mondo fiabesco e disperante di Lighea, la Sirena che insegnò antiche fonie greche e l'amore ad un giovane siciliano, figlio del sole. Quel giovane è ora un miope professore, fumatore incallito, bestemmiatore del mondo. Vive nel dolore per la perdita della Bellezza, fatta carne in quella creatura, il cui sorriso: ''…esprimeva soltanto se stesso,cioè una quasi bestiale gioia di esistere, una quasi divina letizia…'' (Tomasi di Lampedusa). Lighea era forza primigenia, connubio vocazionale di apollineo e dionisiaco; sradicatrice di fedi, dissipatrice di metafisiche: un inno pagano alla vita.
Ora ella appare a fil d'acqua, col volto di profilo, la bocca quasi schiusa ad un canto; una dolcissima nenia mediterranea che, scardinando i profondi silenzi acquamarini, seduce ed ancora inganna.

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