Rocca dei Bentivoglio
Bazzano (BO)
via Contessa Matilde, 10
051 836430
WEB
Lectura Dantis
dal 14/9/2004 al 15/9/2004
WEB
Segnalato da

Francesco Finotti



approfondimenti

Andrea Rossetti



 
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14/9/2004

Lectura Dantis

Rocca dei Bentivoglio, Bazzano (BO)

Andrea Rossetti, poeta, autore e attore teatrale, teorico della nouvelle tragédie e della 'lettura di scena', artista visivo noto in Italia e soprattutto negli Stati sara' l'interprete di 'Lectura Dantis', uno spettacolo che prevede la tessitura di canti tratti soprattutto dall'Inferno ma anche dal Purgatorio e dal Paradiso proposti secondo una tecnica a meta' strada tra l'assolo 'grandattoriale' di tradizione ottocentesca e la performance d’arte concettuale.


comunicato stampa

Il Comune e l’Assessorato alla cultura di Bazzano (BO) comunicano che il 15 settembre 2004 alle ore 21,00 nella splendida cornice della Rocca dei Bentivoglio, affacciata sulla valle e da questa a sua volta circondata, Andrea Rossetti, poeta, autore e attore teatrale, teorico della nouvelle tragédie e della 'lettura di scena', artista visivo noto in Italia – a Bologna collabora da anni con la galleria Neon - e soprattutto negli Stati Uniti – ha appena ultimato le riprese del video-film 'The Gospel According to No One' (Il Vangelo secondo Nessuno), da lui scritto, diretto e interpretato in inglese, che sarà proiettato in anteprima assoluta a Los Angeles -, sarà l’interprete di 'LECTURA DANTIS', uno spettacolo che prevede la tessitura di canti tratti soprattutto dall’Inferno ma anche dal Purgatorio e dal Paradiso (tra i quali il celebre XXXIII, l’ultimo, oggetto anche di una nota esibizione televisiva di Roberto Benigni) proposti secondo una tecnica a metà strada tra l’assolo 'grandattoriale' di tradizione ottocentesca e la performance d’arte concettuale, secondo il principio, più volte espresso da Rossetti nei suoi saggi, per cui 'essendo impossibile una creazione, perché solo dal nulla si crea, artistica davvero è l’intenzione, meglio se irrealizzabile.'

La recitazione di Rossetti, che lui stesso definisce 'lettura di scena', cioè rinnovamento della tradizione orale e oltrepassamento della scrittura, intesa in senso letterale come segno e metaforicamente come limite sistematico, mediante il teatro, un teatro spoglio, che rinuncia alla rappresentazione in favore dell’azione unica e irripetibile (Rossetti non ripete mai lo stesso spettacolo per due volte e si definisce un artista 'luterano', affermando che l’arte dovrebbe smettere di produrre 'opere' preoccupandosi invece di 'avere grazia'), tende infatti a decostruire il rapporto fra testo e parola scritta nella solitudine circoscritta di un’interpretazione orale che lo discioglie in quello che lui chiama 'il fallimento santo dell’attore' dal momento che 'in ontologia non si danno che fallimenti e la virtù, se è veramente tale, non può che mancare se stessa'. Secondo Andrea Rossetti, infatti, l’arte, se vuole sopravvivere alla 'la-trinità' – intrattenimento, informazione, sociologia – leggendo correttamente la parabola del linguaggio nel mondo contemporaneo, non può che essere ontologica: 'nulla precede e nulla segue l'ontologia, perché non è data un'ontologia dell'ontologia e perché a seguire ci sono la teologia (che è il racconto dell'ontologia) e la fenomenologia (che è un'ontologia del racconto). Dell'ontologia si può solo pensare l'assurdità, il vuoto sospeso sul vuoto.'
Le provocazioni intellettuali di Andrea Rossetti, spesso molto aggressive, sono parte integrante del suo percorso artistico e, a dispetto dei toni, offrono sempre motivi di profonda riflessione come quando sostiene che i tempi sono maturi per 'smetterla di scimmiottare gli umanisti e passare finalmente al disumanesimo' oppure, polemizzando con l’arte dell’etica e dei sentimenti, che 'l'uomo esiste quindi non è, e la sua anima è una tastata di culo alla psicologia' e che 'l’interiorità è il meteorismo dell’agiografia' o, ancora, 'che io abbia un cuore lo dicono i cardiologi, quindi mi fido; che io abbia un'anima l'hanno scritto Agostino, Tommaso, Alano, Ugo e Riccardo, e io ci credo in nome del bene che voglio loro; ma che tutto questo abbia a che fare con l'arte, ovvero con gli abusi demiurgici dei compassionevoli, dei patetici e dei lirici è solo de-cantazione della tradizione di un occidente spenglerianamente sempre sul punto di tramontare. Un abbaglio, dunque, una visione, e, in fondo, una presunzione. E' bello solo ciò che rinuncia alla bellezza, ed è artista solo chi scorge nella dissoluzione di ogni attitudine consolatoria, nella tragedia che ci destina a una lingua codificata, al tempo stesso i vincoli (come San Pietro in) di un martirio e l'apertura di una confessione. Ci faccio la birra io delle cronache esistentive, dell'oleografia sentimentale e del forse virtuosistico e limato parlar confidenziale contando sillabe e sodomizzando fonemi. Io cerco virtù, non virtuosismo. Quale oggettività quindi per l'arte? Io dico quella terribile e minacciosa di una nuova tragedia e della coscienza che la sola cosa che un poeta non deve fare, mai e per nessuna ragione, è scrivere poesie. Io mi sono umiliato fino a scrivere versi perché ho un animo nobile e generoso, un po' come il Dalai Lama che rinuncia all'illuminazione per il bene dell'umanità, ma so bene che la poesia è là dove nessuno l'ha mai scritta.'
Bazzano e la sua Rocca si preparano quindi a vivere questa performance che, secondo la sua stessa teoria, Andrea Rossetti non ripeterà mai più con le stesse caratteristiche, e attendono di 'sentire' e 'vedere' i versi di Dante in uno spettacolo dedicato dall’artista a due grandi 'voci' del teatro italiano: Vittorio Gassman e Carmelo Bene.
Francesco Finotti

Rocca Bentivoglio
Fraz. di Bentivoglio
Bazzano (BO)

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