Cromie. La pittura recente di Vittorio Matino si presenta in un primo momento come una manifestazione di chiarezza e compostezza, che esprime pace e forza rasseneratrice. Dopo un istante, la percezione iniziale e' gia' sconvolta. Confermati quei valori, ne emergono altri, un'energia misurata ma intensa e complessa, metafora o visualizzazione della vita interiore, una rappresentazione della condizione dell'uomo davanti a se stesso.
cromie
La pittura recente di Vittorio Matino si presenta in un primo momento
come una manifestazione di chiarezza e compostezza, che esprime pace e
forza rasseneratrice. Dopo un istante, la percezione iniziale è giÃ
sconvolta. Confermati quei valori, ne emergono altri, un’energia
misurata ma intensa e complessa, metafora o visualizzazione della vita
interiore, una rappresentazione della condizione dell’uomo davanti a se
stesso.
Tema e variazioni.
Appare dominante un tema pittorico, realizzato con luce e colore: una
superficie limitata, ma dinamica, posta al centro di uno spazio
illimitato. Da qui si sviluppano innumerevoli variazioni libere e
imprevedibili. Il tema compositivo è dato in due tipologie, orizzontale
o verticale. Il dipinto orizzontale offre di solito un lungo rettangolo,
un trittico con una parte centrale dotata di una propria fisionomia, e
due parti laterali tra loro simmetriche.
L’altra tipologia principale, più frequente, è il rettangolo verticale.
Su un fondo spaziale di luce-colore, sorge un soggetto costituito di un
altro rettangolo, dai colori accentuati, collocato più in avanti, come
protagonista. Una scena di totale purezza pittorica, senza descrizione
di figure corporee. Non è una scena teatrale. Però non è nemmeno uno
spettacolo optical. Per quanto i fatti di qualità visiva siano di
evidenza inequivocabile, è escluso che qui ci si possa fermare a una
considerazione solo ottica o a fenomeni solo percettivi e sensoriali.
Con dramma e urgenza sentiamo che tanto ordine, tanta limpidezza, sono
il regno di una carica emozionale e di pensiero che sa evocare
continuamente significati ulteriori.
Un mondo di significati complessi. Il cosmo, l’uomo.
La denotazione è rigorosa: una stele incorporea, realizzata in superfici
astratte, una forma pittorica in quanto campo nello spazio, profilo,
luce, colore. Ma le connotazioni (i significati ulteriori convogliati
dal primo) sono grandi e abbondanti. L’immagine propone nel medesimo
tempo sia un flusso di energia cosmica, sia una memoria astratta di
figura umana. Non l’uomo, ma l’energia dell’uomo, o il rapporto tra
l’uomo e lo spazio. L’apparizione di una Potenza, come in un’altra epoca
storica poteva accadere sullo spazio im materiale di un’icona. Ma qui lo
spazio-luce è lui stesso una rivelazione, un’evocazione visiva spaziale
e cromatica, ed esprime una meditazione dove il contenuto non ci è stato
dettato dalla voce di alcun profeta, e consiste nell’attivitÃ
irrefrenabile di questo stesso spazio-luce-colore. Quando la dimensione
verticale dell’icona incorporea è maggiore, si è sollecitati a pensare
soprattutto a un evento cosmico. Quando l’estensione verticale è minore,
l’immagine illimitata si limita come se diventasse umana. Possiamo dire,
il monumento a un eroe astratto illustre e sovrapersonale, che ha
lasciato l’immagine incancellabile del proprio affermarsi, certamente
non l’immagine fisica ma l’immagine di un atto di affermazione e
presenza. L’immagine dell’io, di una presenza diretta e ineliminabile,
l’Io della primordiale enunciazione che dice: Io penso dunque esisto.
Non un io autobiografico congegnato di cronache individuali, bensì
l’autoaffermazione allo stato puro, in sè, e in forma visualizzata. Il
segmento di spazio colorato campeggia forte, e suggerisce l’idea di una
presenza e una coscienza nel pieno della sua dignità , della sua
fermezza. Più contempliamo questa stele limpida senza volto, e più essa
ci sollecita a meditare sul mistero dei suoi possibili contenuti
inconsci, il suo essere sotterraneo che quanto più lo illumini tanto più
splende oscuro, brillante, cromatico. Stele in memoria del presente,
anzi del futuro, perché quel personaggio assolutamente astratto continua
a vivere da un istante all’altro, persiste come continuità nel tempo,
verso il tempo successivo. Il soggetto di una biografia
sopraindividuale. Stele per un racconto dove l’io è un soggetto cosmico
più che un soggetto di antropologia. Dall’antropologia stiamo passando
alla cosmologia, e viceversa. Sembra che il suo significato sia quello
di un Io in universale, dove ciascun io, l’io di chiunque gli si metta
davanti, è attirato ad affermare: quello sono io; o a domandare: perché,
come mai sto pensando che quello sono io? Certamente è qualcuno che ha
a che fare con me. È lecito rivolgersi a quella non-stele astratta, e
dire: Tu? È un interlocutore? Uno che mi affronta? A questo punto
avviene un colloquio. La purezza rigorosa e pittorica del personaggio
astratto è una chiamata, una sollecitazione, che mi invita a riconoscere
un io e nel medesimo tempo a riconoscere la potenzialità di un tu. Se le
cose vanno in questo modo, se in queste immagini è annidato il
significato di un io, unito al significato di un tu, allora la pittura
di Vittorio Matino deve essere riconosciuta come il dialogo fondamentale
elementare e sgomentante che consiste nel sentire il proprio se stesso,
l’io osservante, in un profondo interscambio con l’altro. Non ci sono
grida e non ci sono proclamazioni esplicite, non ci sono comizi. Solo
una presenza intuitiva. Sembrava una pittura chiusa, monolitica! Ed è
invece un atto non solo soggettivo ma intersoggettivo.
Procedimenti pittorici. Il colore.
Consideriamo forma, stile, tecnica. Cominciamo da che cosa non è. Non è
un colore di origine naturalistica ossia ricavato dal panorama empirico
mondano. Non è nemmeno un colore di tipo minimalista secondo le indagini
della scienza cromatica. Il colore di Vittorio Matino include anche
queste cose, ma su un altro livello di discorso. È un colore espressivo,
soggettivo e in fin dei conti esistenziale, ossia inventato dal pittore
per atto di libera scelta individuale. L’artista non punta sul colore
primario ma su mescolanze non programmabili: il colore è raffinato,
audace ma delicato, e anche teneramente affettuoso; generato da un atto
creativo che ama e rispetta la complessità , perché il modo di vivere
dell’uomo è il rimescolio di ogni esperienza, anche le più complesse. Il
colore di Matino nasce per sensibilità instintiva ed emozionale, al di
fuori di qualsasi semplificazione, schema o programma.
La dialettica tra protagonista e fondo, di cui abbiamo parlato a
proposito di spazio e forma, si ripresenta nel colore. Il protagonista
astratto centrale, il dignitosissimo obelisco a un eroe pittorico o
pitturale, è una tensione di colori che si sovrappongono con
innumerevole gioco di velature e trasparenze. Il dosaggio delle luci va
dalla solarità fino all’ombra, o a un velo di trattenuto lutto. La luce
è una proprietà che deriva dalla scelta coloristica, si diffonde
dappertutto, e ci offre un mondo di superfici cromatiche-luminose, come
se non esistesse materia o massa, ma solo energia luminosa.
Aspetti materici.
Gli aspetti tecnici e materiali della pittura non devono mai essere
sottovalutati. Sappiamo bene che abitudini di pensiero di tipo
idealistico ci inducono nella tentazione di prendere la pittura come
ideazione di forme e significati ecc. ecc. allo stato cosiddetto puro,
quasi che la pittura fosse un atto immateriale per spettatori
immateriali, senza corpo come gli angeli. Ma l’angelismo è una forma di
menzogna. In verità , alla materia pittorica Matino dedica un’attenzione
implacabile. È ben vero che nel suo lavoro la materia è lieve, quasi
senza massa, o con una massa assottigliata al minimo. Ma questo non vuol
dire trascurare la matericità , vuol dire invece curarla con estrema
esattezza. La controprova è data dalla manualità , dal mestiere del
pittore: lui, la sua mano, il suo pennello. Il colore acrilico si presta
ad essere graduato o diluito come si vuole. Però ha i suoi rischi. Se
usato pastoso, o trattato con un pennello a setole rigide, l’effetto
cambia e può sfuggire al controllo. Matino adopera la spatola e poi
pennelli dalle setole morbidissime, che consentono di stendere il colore
liquido con movimento fluente, evitando che si formino tracce o righe
incontrollate, e servono a eseguire in modo compatto e continuo
superfici estese quasi impalpabili. Altri pennelli sono di misura sempre
più ridotta, fino alla possibilità di condurre sottili profili.
L’aspetto corporeo terrestre del mestiere di dipingere deve essere
tenuto ben presente. Con questi controlli materici, Matino lavora a
proporci la condizione umana, che è quella dell’uomo come spiritualitÃ
dell’Io corporeo. La nostra cultura è questa.
Il senso della linearità flessibile.
All’interno dell’opera pittorica di Matino troviamo lunghe linee quasi
rette, leggermente curve, flessibili. Esse si formano dal gesto di
stendere il colore, sono i confini delle zone colorate. I profili e i
tracciati costituiscono il tessuto interno della stele astratta, il
personaggio assiale che è sempre lievemente mosso, nella dinamica della
sua costruzione e nelle sue velature. Tali movenze di origine gestuale
non sono prodotti automatici della natura, bensì creazioni della
cultura. La lenta, accurata gestualità del dipingere è passata
attraverso un filtro culturale. Un sintomo rivelatore è fornito da un
documento iconografico. Matino conserva nel suo studio la fotografia di
una scultura asiatica, rappresentante una figura umana fortemente
stilizzata. La fotografia mette in evidenza i profili: con una curvatura
un po’più accentuata, contiene lineamenti a cui certamente si
apparentano i dipinti di Matino. Come sempre, l’artista è autonomo e
libero nello scegliersi i propi antenati! Nelle opere più recenti il
sistema spaziale lineare offre nuove soluzioni. Verso la parte
superiore, il personaggio astratto di colori, la stele pittorica, si
apre producendo un bivio. È un forte e nuovo accento di complessitÃ
dinamica. Nessuno può descrivere verso quale meta condurranno le due
direzioni.
Storia di una pittura meditata. Una conquista qualitativa.
Dopo gli anni di studio, la prima pittura di Matino è carica di
riferimenti sociali ed esistenziali, come ai modelli di Bacon e
Giacometti. Attraverso la riflessione su Matisse e Klee comprende che la
pittura può essere nel medesimo tempo figurativa e astratta, quando in
essa prevale la pittoricità come tale. Conosce l’opera di p. Mondrian,
M. Rothko, B. Newmann, M. Louis. L’estensione dei riferimenti storici
della pittura di Matino è messa in evidenza, negli anni Novanta, da
alcuni critici (Valentine Marcadé, Giuliano Menato) che la ricollegano
anche a premesse lontane nel tempo, l’arte bizantina, l’icona, la sacra
rappresentazione, che Matino ripensa su piano nuovo e laico.
A noi sembra che Vittorio Matino abbia compiuto un passo decisivo in
questi primi anni del secolo. Dopo la geometria in orizzontale e
verticale, che comprendeva sia l’insieme della composizione sia la
conduzione del tratto; dopo l’uso di geometrie complesse a tracciati
obliqui – l’artista se ne libera. Il supporto geometrico non è più
necessario. I segmenti rettilinei verticali e orizzontali e gli schemi
ortogonali sono abbandonati. Le forme si muovono in modo delicato ma
totale; la razionalità si interiorizza, l’insieme dell’immagine acquista
nuova e maggiore forza. Nella sua dignità pittorica, sempre più
intessuta del pensiero della presenza del cosmo e dell’uomo, reale anche
se indiretta e celata, il dipinto sale a un nuovo livello qualitativo,
quello dell’invenzione libera, l’autonomia e il movimento interno della
vita. È proprio là dentro che si svolge il colloquio con l’uomo.
Giuseppe Curonici
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VITTORIO MATINO - UN’INDICIBILE CONOSCENZA
Il panorama artistico contemporaneo è dominato in modo schiacciante da
manifestazioni veicolate secondo le più potenti e clamorose modalitÃ
comunicative e che si autodefiniscono artistiche; si attribuiscono
un’aura engagé, proponendosi come avanguardie contrarie ad espressioni
conservatrici. All’inverso d’ogni iniziale attività del pensiero
realmente creativo, esse si diffondono dalle più autorevoli sedi
istituzionali, musei, biennali ecc, si dipartono proprio dai luoghi a
cui invece usualmente, un tempo, l’arte approdava; capovolgendo, in
questo modo, la prospettiva e la logica di un’affermazione e di una
divulgazione. Simile pratica, che vede a livello planetario, tutti i
musei ingombrati, ovunque e sempre, dalla medesima mediocre mercanzia,
non può rovesciare la realtà : nonostante la messinscena, è chiaramente
quella l’accademia da propagare, la vulgata artistica da imitare.
Il pensiero, la riflessione, l’indagine, la poesia, la gioia che nuove
acquisizioni conoscitive ed emotive possono donare; l’arte, ciò
nondimeno risiede altrove.
L’opera pittorica di Vittorio Matino si dipana – da quello studio in
….aggiungere via …a Parigi nel 1970 - sempre con la medesima,
persistente determinazione, con la stessa volontà chiara e salda, aperta
ad ogni possibile approfondimento e verifica, sottintendendo
ininterrottamente la ricerca di una conferma del dato che unicamente
nella manifestazione visiva del pensiero, si può esprimere ciò che le
parole non potranno in nessun caso dire, che nella pittura, più d’ogni
altra cosa, si può suggerire, adombrare, illuminare, ciò che all’ingegno
non si è specificato. Intendimento del tutto contrario a tanta â€arte
contemporanea†che origina da banalità , pseudo provocazioni, da gags -
ambientali, visive, comportamentali è indifferente - scelte ed attuate
proprio perché il loro effetto scioccante sarà scontato, concedendo alla
platea il brivido di “spiegare†ciò che fin da prima era ben noto.
Solo la pittura, parla, sfida quei confini ove il sapere ancora non è
consolidato, dove esso è continuamente in formazione; nell’azzardo la
possibilità della manifestazione della bellezza, nell’intuizione
l’acquisizione di sapere, pittura arte veritiera, che mai potrà mentire,
pena il suo stesso fallimento.
Nel tempo l’opera di Matino, secondo sue costanti logiche, ha avuto una
continua evoluzione; da un’iniziale ripartizione lineare della
superficie pittorica, di cui abbiamo un esempio parallelo in Ryman, ad
una fase più calda ove l’artista sembra avvertire la necessità di una
sintesi, di un chiarimento storico, tra talune intuizioni relative al
trattamento della superficie secondo scansioni e varianze
cromatico-luministiche presenti nel futurismo in una felice sintesi con
il senso dello spazio e dell’ininterrotto trascorrere del tempo, che
possiamo trovare precedentemente nel Dorazio dei reticoli. E’, quindi,
quella di Matino, una riflessione di grande respiro che intende
calibrare ogni suo mutamento secondo attentissime strategie, nella più
ferma volontà di misurarsi con i momenti più alti della pittura del
Novecento e, da qui, Matino innova non accettando una semplice pur alta
rimeditazione del già dato, bensì avventurandosi risoluto in tutti quei
territori della pittura a costruzione lirico-razionale, che permangono
inesplorati, e che, nelle sue opere, nella loro virginale appassionata
bellezza, ci si presentano come incessante scoperta, rivelazione.
Le opere di Matino muovono da assunti analitici e metodologici sul farsi
della pittura, palesando con i lori risultati le sue compiute,
autoreferenziali valenze espressive, esse, nella loro presenza,
sono rilevanti in se stesse, non rimandano ad alcunché se non alla
propria, strutturale, necessità di relazionare i rapporti che uniscono
le varie cromie che si affiancano e che si sovrappongono in austere
campiture e complesse velature; tramite il colore esse rinviano
all’ineluttabilità della percezione, alla sua intima capacità , di essere
pura conoscenza.
E dire che, un tempo, l’arte “strutturataâ€, alla ricerca delle
meccaniche interne della pittura, ne aveva smembrato il corpo in
frammenti, riducendolo a sintagmi giustapposti, a Gestalt; ne aveva
sterilizzato le capacità comunicative condotte ad essere una sorta di
semplice analisi, calcoli, concettualismi, quasi privi di capacità di
apportare esperienze sensibili. Per trovare un’espressione simile a
quella di Matino, che esplicitamente ci obbliga a percorrere quella via
dove il singolo colore non vale per se stesso, ma vive delle relazioni
in cui di volta in volta viene a trovarsi, dobbiamo senz’altro risalire
a J. Albers, alle sue iterazioni, al suo Tribute to the square, al suo
dimostrare che l’entità colore di per sé, isolata, non esiste e si
potrebbe risalire anche ad alcuni versanti delle più avanzate
sperimentazioni cromatiche dell’Orfismo. Eppure, Matino non è
riconducibile e assimilabile ad esperienze storicizzate, anche se i
suoi dipinti fortemente s’inseriscono in un contesto di problematiche
che sono state per prime affrontate in ambito internazionale. Non si
tratta solo di un riferimento che sposta l’opera di Matino fuori da
limiti territoriali, bensì che ne assevera la poetica nell’ambito di
quelli che sono risultati i concetti che più hanno segnato la
riflessione sul significato che può assumere il fare pittura nella
seconda metà del secolo appena trascorso: soprattutto l’attualissima
riflessione se la pittura in sé, può essere ancora capace di trasmettere
realmente messaggi; vale a dire, al punto in cui è giunta, di
rivestire, elitaria o meno, una funzione; di essere tuttora vitale,
utile alle emozioni e all’intelletto. Ed in questo ambito tematico che
il lavoro di Matino è un nuovo, lungamente maturato, impensato,
magistrale apporto.
Chi osserva le opere di Matino, non può sottrarsi alla loro effusiva
bellezza, all’irradiarsi di una liricità che, pacata ed al contempo
decisa, scuote il fruitore turbandone la percezione – quella percezione
che, essendone la sua prima esiziale interpretazione, muta il soggetto e
con esso il potere di trasformare il mondo. Investiti da sconosciute
sensitive informazioni subiamo un diverso orientamento, ci si
dischiudono altre, possibili peripezie dello spirito.
Riflettere delle sue opere – vista anche la lucidità teorica con cui
l’artista motiva il suo procedere - è più semplice da un punto di vista
di prospettiva storica; immediata può essere l’associazione a Rothko, a
Ad Reinhardt, a Morris Louis, le cui opere Matino aveva già avuto modo
di conoscere nei primi anni ’70 a New York, piuttosto che procedere ad
un’analisi visiva che può risultare essere maggiormente difficoltosa,
positivamente assai più impervia. Ed è proprio la “difficoltà â€, la
misteriosa meraviglia delle opere di Matino, il loro porci di fronte a
fenomeni inusitati, il proporre trasparenti portenti visuali, non ancora
descritti, non ancora concettualizzati, definiti ed ipostatizzati, che
fonda la loro differenza, il loro lasciarsi alle spalle ciò che è giÃ
conosciuto dall’esperienza, ciò che è già stato nominato, per
indirizzarsi decise a definire ed instaurare una splendida sfida visiva
ai nostri sensi, alla nostra mente, che coinvolti subiscono uno
spostamento, ed in questo moto accedono ad una diversa scala di valori,
altre inquietudini, lievi movenze della psiche. E’ la loro indicibilità ,
la loro luminosa enigmatica attrazione, che le pone nel ristrettissimo
novero delle opere che oggi sono realmente arte, che hanno qualcosa da
indicare, da enunciare, elevandole così nella grande continuità del
moderno, lontano da mercificate banalità che vorrebbero assimilare le
nostre esistenze.
Sino ad oggi le opere di Matino si erano divise su scansioni cromatiche
geometricamente definite in ragione del formarsi dei vicendevoli
rapporti, ed è molto difficile rammentare altri momenti, altri luoghi
dove il colore, del tutto autonomamente, abbia assunto valenze
comunicative così intense, in nessun momento il colore era stato in
grado di avere suggestioni a tal punto risonanti ed evocative: mai aveva
cantato in modo così alto.
Sembrava, a tal punto giunti, che non vi potesse essere, che non fosse
necessario, un oltre, un altro arricchimento, un ulteriore sviluppo.
Invece, Matino, in queste ultime straordinarie tele esposte da Folini
Arte Contemporanea di Chiasso, sposta nuovamente il proprio operare,
mutando l’angolo espressivo, abbandona la costruzione geometrica,
liberando la pittura e con essa, totalmente, il colore. Se la pittura,
può essere il tramite per manifestarsi in noi dello stupore, del
sentimento del meraviglioso, dell’ansia, dell’inquietudine, dell’idea
del continuo mutamento, tutti incredibilmente razionalmente percepiti,
qui, nel reverenziale amore per l’atto pittorico, nella sensibilità del
sospenderlo prima che divenga chiusa definitiva, nella partecipazione
sensuale, nella sommessa monumentalità , distaccata libertà , qui, in
queste opere, si è manifestato in modo inusitato, assolutamente
inarrivabile.
L’opera di Matino pone delle incognite visive a cui, senza
interposizione, fornisce splendenti ipotesi, soluzioni suggerite tramite
la poesia del colore, le sue infinite metafore. Questi dipinti però non
sono da intendersi come la manifestazione, la traduzione aniconica
d’immagini, essi invece - nel loro distinto affiorare alla coscienza -
per nominarli, inducono a ricorrere a metonimie, a creare narrazioni,
scoprire relazioni, ideare sistemi. E’ questa una delle primarie
funzioni che rende necessaria la pittura, l’arte; offrire la
motivazione, la facoltà d’indagare, di conoscere intuitivamente ciò che
razionalmente e scientificamente non è stato scoperto. In questo l’arte
di Matino è diversa e migliore della scienza.
Traspare da queste recenti opere di Vittorio Matino, un fermo
antideologismo, una schietta, forte volontà d’intraprendere, senza
nessuna retorica, nuovi viaggi, nuove avventure e scoperte, accompagnati
dall’inscindibile unione di ragione ed emozione.
In arte tutto accade dentro l’opera, il resto è esterno, successivo, il
ferrigno indagare critico, l’altera storia dell’arte, persino
l’esistenza, tutto vi è sottomesso, ordinato dal suo riverbero. Tuttavia
la pittura non è la realtà , essa è una realtà , non è la vita ma, senza
il sapere dell’arte, la vita sarebbe di molto immiserita.
Se la pittura non potrà salvare il mondo almeno ci assista nel
comprenderlo e, così, salvi se stessa e con essa chi ancora confida nel
senso in tutte le sue possibili manifestazioni.
Domenico D’Oora
Immagine: Vittorio Matino, L'azuritè cm 117 x 83 002
Inaugurazione: 20 novembre 2004 dalle ore 18.00
Sarà presente l’artista
Periodo: Dal 20 novembre al 31 gennaio 2004
Catalogo: catalogo in galleria, testi di Giuseppe Cronici e
Domenico D’Oora (testi in italiano e inglese)
FOLINI ARTE CONTEMPORANEA
Via Livio 1, CH - Chiasso