Grandi Opere 1967/1992. L'opera di Olivieri non presenta tracce del passaggio di un soggetto, il corpo della pittura si esibisce senza pelle, senza le rughe di una storia su cui esercitare un'indagine genetica. I suoi lavori sono totalità inarticolate, indescrivibili secondo la dialettica parte-tutto; al loro interno non vige alcuna gerarchia. La struttura si risolve nel processo umano concreto del fare.
Grandi Opere 1967/1992.
Claudio Olivieri è nato a Roma nel 1934, nel 1953 si trasferisce a Milano dove frequenta l'Accademia di Brera.
In quei primi anni Cinquanta, l'artista cerca di leggere dietro le righe dei proclami avanguardistici, che spesso generano incongruenti risultanze pittoriche, attingendo da poche grandi diverse lezioni: la chimica d'immagine e di gesto di Fautrier, il dramma sotterraneo che agita la spettacolarità sorda di Mafai, lo spazio degerarchizzato di Giacometti, la fede di Balla in un colore/luce capace di fondare la sostanza dell'immagine, la fisicità di Rothko e infine l'ironia disperata di Reinhardt.
In queste scelte c'è, a fare da impulso, un complesso estremismo che pretende di identificarsi in una condizione poetica intransigente, tutta interna alla pittura, e che fa delle numerose tentazioni sperimentali in corso solo la sponda per definire nuovi assetti retorici.
La mostra intende proprio tracciare le linee generali di questo percorso poetico a partire dal 1967, l'apice degli anni formativi, in cui la primarietà del segno e del colore chiedono allo spazio pittorico di non essere soltanto un ricettore passivo e neutro. Olivieri, infatti, intende l'immagine pittorica come un continuum, come un grumo complesso e indefinito di relazioni e pulsazioni. E' così che nelle tele di questi anni il rapporto spazio-segno si fa preponderante producendo una pittura di puri valori in cui la stratificazione dei piani e la tessitura cromatica si riassorbono in una concezione perfettamente unitaria ed omogenea.
Del resto Claudio Olivieri rappresenta una posizione piuttosto coerente all'interno delle aspirazioni di quella pittura assoluta (Barnett Newmann, Ad Reinhardt, Frank Stella) che si riallaccia a tutta una tradizione del Moderno che trova le proprie origini in Casimir Malevic e che ha portato l'arte ad una forma nulla assoluta, cancellando tutti i quadri di immaginazione e di imitazione. Coerentemente con questa purezza di mezzi, le opere del decennio Settanta, trovando in se stesse le proprie leggi ed i propri contenuti, presentano una progressiva stratificazione delle stesure cromatiche, stratificazione che nasce dall'inseguimento del colore nelle sue molteplici vibrazioni e nelle sue ombre, e che produce una fusione, una vera e propria trasformazione del colore stesso. La superficie diviene ora un luogo intenso e indeterminato che si identifica e si valorizza in funzione della propria pluralità .
Del 1982 è la grande tela intitolata Kalibano che concentra in sé i segni di un precoce cambiamento: la pittura si condensa e lascia trasparire una compresenza di tempi differenti sulla superficie della tela.
Ma è con Chimera del 1983 che emergono compiutamente quelle che saranno le caratteristiche delle opere degli anni Novanta. Alla stratificazione cromatica che aveva generato ombre scure sulle tele, si sostituisce ora un'estrema trasparenza e luminosità ; è il gesto circolare che sembra agire da ogni lato dell'opera. Così il colore reagisce alla forza del gesto che lo muove e lo solleva, trascinandolo in vortici che sconvolgono la superficie.
"Spazio e cose mi appaiono in un unico fiotto, come una sola pulsazione, che trascina con sé l'accadere e il formarsi, il precipitare e il deporsi".
L'opera di Olivieri non presenta tracce del passaggio di un soggetto, il corpo della pittura si esibisce senza pelle, senza le rughe di una storia su cui esercitare un'indagine genetica. I suoi lavori sono totalità inarticolate, indescrivibili secondo la dialettica parte-tutto; al loro interno non vige alcuna gerarchia. La struttura si risolve nel processo umano concreto del fare.
INAUGURAZIONE: sabato 11 novembre 2000 ore 18.00
ORARIO DI APERTURA: dal martedì al sabato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30. Chiuso lunedì e festivi.
Galleria Spazia Via dell'Inferno, 5 - 40126 Bologna Tel.051/220184 Fax 051/222333