J'accuse. ''...un gruppo di nostalgici segna il passo dietro un corteo trattenendo tra le mani una vecchia bandiera lacera e stinta con sopra scritta la parola liberta' e benche' De Giovanni appenda la sua rivoluzione ad una gruccia, la dipinge di rosso e il jeans dipinto sul jeans diventa memoria. Aderenze contestuali.'' Ambra Biscuso
J’accuse
“Io sono convinto che il nostro fratello che vive nel sottosuolo lo si debba
tenere alla cavezza.
Si, perché per quanto egli sia capace di restarsene lì zitto nel sottosuolo
foss’anche per quarant’anni, il giorno che vien fuori non ce la fa proprio a
trattenersi, si mette a parlare, parlare, parlare… alla fine, signori miei:
è meglio non far niente! È meglio la consapevole inerzia! E dunque evviva il
sottosuolo!†(F.Dostoevskij)
Dal caos nasce la vita che si consuma nella lotta. “J’accuse†urlano nella
loro fissità motoria i jeans di De Giovanni, divenuti vuoti involucri senza
corpo dove la storia è scritta a lettere maiuscole, dove la parola si perde
nel silenzio. Eravamo abituati e leggere nelle opere di De Giovanni il grido
della rivoluzione e l’avvertimento che tutto poteva finire nella
controrivoluzione. Eravamo abituati a leggere: LIBERTA’, CAOS,
VITA…LIBERTA’, VITA, CAOS…, jeans usati come tela su cui tesseva con il
colore il suo dissenso verso una società che stritola la libertà dell’uomo a
favore dell’interesse individuale, del capitalismo. Era il suo parlare.
Parole come colori o colori come parole invadevano l’azzurro del cielo
stracciando di rosso il giorno, le vele gonfiate dal vento dell’ideale
solcavano i mari della speranza. Parole segnavano l’orizzonte ed il nero
marcava la circolarità della vita e definiva il pensiero. Parole, tante,
numerose come compagni nei cortei. Oggi il parlare di Luigi De Giovanni è
cambiato, il rosso, il blu, il giallo brillante di un tempo si spengono
cedendo il posto alla notte, nessun orizzonte trattiene la parola libertà .
Le parole sembrano reperti archeologici del passato, menhir di MORTE
svettano tagliando in due la tela e l’orizzonte è L’Urlo Nel Buio. Il grido
rivoluzionario indietreggia e le parole lasciano il posto ai numeri: 50 7x7
49 … due per due quattro. Mi riporta alla mente Dostoevskij quando in:
“Memorie del sottosuolo†dice “…forse tutto lo scopo al quale tende
l’umanità consiste soltanto e per l’appunto in questa perpetuità del
processo del suo raggiungimento, o in altre parole: nella vita stessa, e
dunque non nello scopo considerato di per sé, - il quale scopo, si capisce,
non dovrà essere altro se non appunto quel due per due quattro, ovverosia
una formula; in effetti quel due per due quattro non è già più vita, signori
miei, bensì il principio della morteâ€
Ed il 7x7 49 non è più vita ma il principio della morte?
Dopo il 2 per due non rimane nulla, se non la consapevolezza che ogni azione
si termina in un urlo nel buio, mentre il pensiero affoga nell’infinito e
benché l’artista tenti di sprofondare nel letto molle dell’inerzia, cercando
di sfuggire all’infinito, non riesce a sfuggire al suo pensiero perché ne è
prigioniero e carceriere per scelta e per bisogno. Ed anche i numeri
svaniscono e rimane l’uomo abbracciato al ricordo: un gruppo di nostalgici
segna il passo dietro un corteo trattenendo tra le mani una vecchia bandiera
lacera e stinta con sopra scritta la parola libertà e benché De Giovanni
appenda la sua rivoluzione ad una gruccia la dipinge di rosso e il jeans
dipinto sul jeans diventa memoria. Aderenze contestuali. Ma anche il due
per due quattro svanisce. Rimane l’uomo, l’uomo che vola nel suo pensiero
oltre il limite imposto dalla forma, oltre il limite di quella linea bianca
tratteggiata che compare su una tela, quasi strisce pedonali nella memoria,
dove la parola libertà non è scritta ma si legge e l’eco della rivoluzione
svanisce lasciando l’immagine piatta di un jeans sul jeans.
“J’accuse!â€.
Di Ambra Biscuso
Inaugurazione: ore 18.30
http://www.degiovanniluigi.com/
Orario di Galleria dalle 17.30 alle 21.00
Raggio Verde
via Federico D'Aragona, 4
Lecce