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12/1/2005

Disobedience

Due sedi, Berlin

An ongoing video library. Un'esposizione e una stazione video sul rapporto tra pratiche artistiche e disobbedienza civile che nasce dalla collaborazione di Play_gallery for still and motion pictures, Transmediale 05, Kunstraum Kreuzberg/Bethanien. Concepito come un archivio eterogeneo e in evoluzione, il progetto vuole essere un itinerario attraverso le geografie della disobbedienza civile: dalle lotte sociali italiane del 1977 alle recenti proteste globali, prima e dopo Seattle. Ma vuole anche essere un atlante della pluralita' delle tattiche di resistenza: dall'azione diretta e dalla controinformazione alla bio-disobbedienza. Progetto di Marco Scotini


comunicato stampa

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An ongoing video library

un progetto di Marco Scotini

Alterazioni Video, Argentina Arde, Delphine Bedel, Franco Berardi (Bifo), Beth Bird, Black Audio Film Collective, Jota Castro, La Comunitaria TV, Critical Art Ensemble (CAE), Marcelo Expósito, Harun Farocki, Ronith Gitelman & José Ignacio Lezcano, Alberto Grifi, Grupo de Arte Callejero (GAC), Guerrillavision, Indymedia, kanalB, Makrolab, Gianni Motti, Paper Tiger TV, Margit Czenki/Park Fiction, Radek Community, Oliver Ressler, Pierre-Olivier Rollin, Paula Roush (msdm), Paola Salerno, Socialist Resistance, Hito Steyerl, The Yes Men, Tute Bianche, Andrei Ujica, Ultra-red, Ambrogio Vitali/Radio Alice, Videoteppisti, Paolo Virno, Peter Watkins, Wayruro…

Play_gallery for still and motion pictures
Kunstraum Kreuzberg/Bethanien
Berlino
dal 13 gennaio al 27 febbraio 2005

Disobedience è un’esposizione e una stazione video sul rapporto tra pratiche artistiche e disobbedienza civile che nasce dalla collaborazione di Play_gallery for still and motion pictures, Transmediale 05, Kunstraum Kreuzberg/Bethanien. Concepito come un archivio eterogeneo e in evoluzione, il progetto vuole essere un itinerario attraverso le geografie della disobbedienza civile: dalle lotte sociali italiane del 1977 alle recenti proteste globali, prima e dopo Seattle. Ma vuole anche essere un atlante della pluralità delle tattiche di resistenza: dall’azione diretta e dalla controinformazione alla bio-disobbedienza. Mettendo in gioco regimi di segni e situazioni differenti, Disobedience si presenta come un concatenamento di anelli tematici aperti alla cui definizione hanno contribuito artisti, attivisti, film-maker, filosofi e gruppi politici. A ciascuno di loro è stato chiesto di creare una propria sezione coinvolgendo altri artisti e altri documenti.

Interventionists, attivisti, media collettivi, si appropriano ora del terreno delle esposizioni su scala globale, mentre gli artisti scendono in campo e – tradendo il visibile per l’azione – producono forum pubblici, campagne attiviste, simboli e meccanismi contestatari. C’e’ chi parla di ritorno all’arte politica anni Settanta. C’e’ chi ne parla come un ‘’ambiguo’’ ritorno. Martha Rosler consiglia di rileggere Adorno come deterrente per una deriva mainstream del fenomeno; intanto Steve Kurtz, del collettivo artistico Critical Art Ensemble (CAE), viene arrestato dall’FBI con l’accusa di bioterrorismo. Il post-Seattle è allora solo un remake (anche se in versione webcast) del passato? Venuta meno la cornice socialista e ormai all’interno di un regime produttivo totalmente trasformato, come quello postfordista, è possibile che i termini del problema siano ancora gli stessi? Quando cioè non solo non è possibile conservare una rigida divisione tra produzione intellettuale, azione politica e cultura: è addirittura impensabile distinguere il lavoro dal resto dell’attivita’ umana.

Creare uno spazio comune tra produzione artistica e azione politica, quale e’ l’obiettivo di Disobedience, significa cercare di registrare una societa’ in trasformazione che produce i propri linguaggi tanto come soggetto politico quanto come oggetto mediatico. La costruzione di un’immagine è ciò che, nelle nostre società, definisce i livelli del legame sociale e che, come dice Debord, fa apparire unito ciò che esiste ormai in maniera separata. L’intervento diretto dell’attivismo politico di base – la sua rivendicazione del cambiamento cosi’ come la possibilita’ di acquisire consenso – si misura sempre e comunque in rapporto alla sua capacita’ di destrutturare le rappresentazioni politiche vigenti, di creare nuovi modi di praticare lo spazio pubblico, di produrre modalità di intervento politico non tradizionali, di configurare antagonismi e forme di dissenso nuovi, anche nell’infinitamente piccolo.

La scelta di concentrare l’attenzione sulla disobbedienza civile ha comunque una motivazione ulteriore. C’è chi ha definito la disobbedienza civile come ‘’la forma basilare di azione politica della moltitudine’’. Fuori della tradizione liberale all’interno della quale si e’ formata a partire da Thoreau, ma lontano anche dalla volontà di una sua possibile costituzionalizzazione – come voleva Hannah Arendt – la disobbedienza civile della moltitudine non viene a patti con lo Stato e mette in questione la sua stessa facoltà di comandare. Se la disobbedienza civile non si limita a violare, la defezione impone addirittura un fare affermativo su cui intervengono le nostre facoltà di produzione di immagine, di comunicazione, etc. generalizzando ciò che era il portato tradizionale delle pratiche artistiche.

Disobedience si presenta come una estesa cartografia del conflitto e un network dell’attivismo contemporaneo. Il percorso espositivo si sviluppa lungo dieci stanze dislocate nei due spazi di Play Gallery e del Kunstraum Kreuzberg/Bethanien. Ciascuna stanza vuole essere una mappa parziale e autonoma a partire da una piattaforma centrale, a carattere storico, in cui sono presentati materiali originali sul movimento del ’77 italiano. In una info-room sono raccolti libri, flyer, riviste e manifesti della e sulla scena politica degli anni Settanta e lungo una time-line dal ’76 al ’78 sono ripercorsi gli eventi principali: dalla manifestazione del Parco Lambro di Milano filmata in un documento ormai storico da Alberto Grifi, alla cacciata del sindacalista Luciano Lama dall’Università di Roma, ai fatti di Bologna documentati dai Videoteppisti italiani, alle tracce audio di Radio Alice. La sezione sul movimento del ’77 intende focalizzarsi sulla specificità e sull’isolamento del caso italiano quale diretta anticipazione del postfordismo.

Altri settori della mostra comprendono indagini sul rapporto tra arte e attivismo nell’area est-europea del post-comunismo (dal film di Farocki e Ujica sul processo dei dimostranti a Ceausescu alla manifestazione di Praga contro Il FMI), itinerari del movimentismo su scala globale contro il neoliberismo (dalla crisi argentina al G8 nella sezione di Ressler), manifestazioni operaie su un’area mineraria come quella Vallone (Jota Castro), rivendicazioni di democratic housing policy (dalle strategie del gruppo Park Fiction ad Amburgo a quelle del collettivo di Los Angeles Ultra-red), lotte per i diritti civili, pratiche di culture jamming, AIDS activism. In particolare, ampio spazio viene dato a quelle forme che vedono nell’esodo e nell’uscita (secondo la definizione di Albert O. Hirschman) la principale manifestazione della disobbedienza civile nel postfordismo: forme di autorganizzazione, processi produttivi alternativi, pratiche costituenti.

Presso la Galleria Play saranno inoltre allestite due stazioni operative o laboratori temporanei in cui componenti scientifiche ed artistiche sono poste all’opera per compiere operazioni di sabotaggio nella sfera della programmazione informatica e della trasformazione biogenetica. Un’area è dedicata a Makrolab, la stazione fondata dall’artista sloveno Marko Peljhan nel ’97 per catturare canali satellitari e dati intorno al mondo. Un’altra a Molecular Invasion di Critical Art Ensemble (CAE). Quest’ultimo è un progetto di esperimenti pubblici su organismi vegetali teso a proporre una biologia contestativa e ad intervenire sulle biotecnologie.

Disobedience è concepito come un progetto a lungo termine, che non può non presentarsi in questa occasione se non come un archivio incompleto e provvisorio destinato ad accrescersi nelle in occasioni successive.
Il pubblico è comunque invitato ad indicare e ad aggiungere altri casi al videoarchivio in corso.

Immagine: Oliver Ressler, dal video "Venezuela from Below", 67', 2004

Play_gallery for still and motion pictures
Private viewing: Giovedì 13 Gennaio 2005, h 19.00
14 Gennaio – 26 Febbraio 2005
Orari: Martedì - Sabato, 12 – 19.00

Kunstraum Kreuzberg/ Bethanien
Opening: Venerdì, 14 Gennaio 2005, h 19.00
15 Gennaio – 26 Febbraio 2005
Orari: Martedì - Sabato, 12 – 19.00

Play-gallery for still and motion pictures
Hannoversche Strasse 1
D – 10115 Berlino

Kunstraum Kreuzberg/Bethanien
Mariannenplatz 2
D -10997 Berlino

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DISOBEDIENCE
An ongoing video library
A project by Marco Scotini
t+49-30-2345 5753 f+49-30-2345 5754
opening hours: tue-sat 12-7pm

Alterazioni Video, Argentina Arde, Delphine Bedel, Franco Berardi (Bifo), Beth Bird, Black Audio Film Collective, Jota Castro, La Comunitaria TV, Critical Art Ensemble (CAE), Marcelo Expósito, Harun Farocki, Ronith Gitelman & José Ignacio Lezcano, Alberto Grifi, Grupo de Arte Callejero (GAC), Guerrillavision, Indymedia, kanalB, Makrolab, Gianni Motti, Paper Tiger TV, Margit Czenki/Park Fiction, Radek Community, Oliver Ressler, Paola Salerno, Hito Steyerl, Socialist Resistance, The Yes Men, Tute Bianche, Andrei Ujica, Ultra-red, Ambrogio Vitali/Radio Alice, Videoteppisti, Paolo Virno, Peter Watkins, Wayruro…

Disobedience is an exhibition and a video station on the relationship between artistic practice and civil disobedience. It developed from a co-operation between Play gallery for still and motion pictures, transmediale 05 and the Kunstraum Kreuzberg/Bethanien. Conceived as a diverse and constantly changing archive, the project represents a guide to the geography of civil disobedience, from the social struggles in Italy in 1977 to the recent anti-globalisation protests before and after Seattle. The project is also an atlas of the plurality of resistance tactics such as direct action, counter-information and biological disobedience. By setting in motion different signs and situations, Disobedience is presented as a network of open topics, brought together by artists, activists, film producers, philosophers and political groups. Each of them was invited to create a separate section by involving other artists and documents.

Interventionists, activists and media collectives have penetrated the medium of exhibitions, while artists cast aside visual stimuli for action and take to the streets to produce public forums, activist campaigns as well a symbols and mechanisms of protest. Some talk of a return to the political art of the seventies, others of an "ambiguous" return. Martha Rosler recommends re-reading Adorno as a deterrent against a drift towards a mainstream phenomenon. Steve Kurtz of the collective Critical Art Ensemble (CAE) was arrested by the FBI as a suspected bio-terrorist. Some questions remain: Is the post-Seattle movement thus only a remake (albeit an on-line version) of the past? Are the problems the same, after the disappearance of the socialist framework and the diversity of production in post-Fordist times? If this is no longer possible, can we retain a clear separation between intellectual production, political action and culture? Or is it nearly inconceivable to differentiate work from other human activities?

The goal of Disobedience is to create a common space for artistic production and for political action. It means understanding that society itself is changing, and with it, the language it produces as a political subject and as a media object. The construction of images defines the strata of social relationships in our societies and, as Debord postulated, perceptibly unites what already exists in separate form. The direct intervention of a grassroots political activism - the call for change as well as the possibility to achieve consent – is always measured by its ability to shatter existing political structures, to point out new ways for practicing the public realm, to create non-traditional forms of political intervention and to configure new antagonisms and forms of disagreement.

Still, the decision to focus attention on civil disobedience is based on another reason. Some defined civil disobedience as the "basic form of political action of the moltitude". Outside the liberal tradition, where civil disobedience of the masses has been used since the time of Thoreau, but also far removed from the desire for it to be constitutionalized - as Hannah Arendt wanted it -, moltitude civil disobedience cannot negotiate with the state. It questions its authority. While civil disobedience does not mean merely breaking the law, defection demands an approval of our potential to produce images and communicate by generalizing what has traditionally been artistic practice.

Disobedience presents itself as a comprehensive map of the conflict and as a network of contemporary activism. The exhibition takes the visitor through ten rooms in the two spaces of Play Gallery and Kunstraum Kreuzberg/Bethanien. Each room is an independent part of a central, historic platform and contains a collection of original material from the 1977 uprising in Italy. An information area contains books, flyers, magazines and posters
from and about the 1970s political scene. A time-line chronologically orders the main events from 1976 to 1978, including Alberto Grifi’s filming of the Parco Lambro demonstration in Milan, the trade union leader Luciano Lama’s expulsion from the University of Rome, the violent riots in Bologna - documented by Italian Videoteppisti - and audio tracks from Radio Alice. The section on the 1977 movement homes in on the uniqueness and isolation of the Italian situation, as a direct precursor of post-Fordism.

Other sections of the show explore the relationship between art and activism of the post-communist era in Eastern Europe (the film by Farocki and Ujica on the process of the demonstrators against Ceausescu and the protest against the FMI in Prague), the world-wide movement against neo-liberalism (from the crisis in Argentina to the G8-summit in the section curated by Ressler), demands for reformed social housing policy (the Park Fiction group in Hamburg to the work of Ultra-Red in Los Angeles), the struggle for civil rights, demonstrations by mine workers such as in Vallone (Jota Castro), culture-jamming practices and AIDS awareness activism. The show emphasizes these forms of disobedience, in which the 'exodus' and the 'exit' (according to the definitions of Albert O. Hirschman) represent the most important expression of civil disobedience in this era of post-Fordism. Forms of self-organization, alternative production processes, constituent practices.

Also set up at the Play Gallery will be workstations and temporary workshops in which scientific and artistic elements experiment on “sabotage” computer programming and biogenetic engineering. A special section is dedicated to Makrolab, the station founded by Slovene artist Marko Peljhan in 1997 to intercept satellite channels and data from around the world. Another section is Molecular Invasion by the Critical Art Ensemble (CAE). This is a project of public experiments on vegetable organisms, with a view to proposing a contestational biology and tamper with biotechnologies.

Disobedience was designed as a long-term work-in-progress and as such can only be presented as a non-comprehensive and provisional archive, intended to increase and expand gradually over time.
Spectators are encouraged to make suggestions and add other cases to the video archive in progress.

Image: Oliver Ressler, video "Venezuela from Below", 67', 2004

play_gallery for still and motion pictures
hannoversche strasse 1 d-10115 berlin
Private viewing: Thursday, 13th January 2005, 7 pm
14th January – 26th February 2005
Opening hours: Tue - Sat, 12 pm – 7 pm

Kunstraum Kreuzberg/Bethanien
Mariannenplatz 2
D -10997 Berlin
Opening: Friday, 14th January 2005, 7 pm
15th January – 26th February 2005
Opening hours: Tue – Sun, 12pm – 7pm

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