Una serie di opere inedite. La mostra si apre con un passaggio di consegne: una perla scavata passa di mano in mano da uno dei custodi del museo di Francoforte a uno del museo di Torino. Questa perla, concava e non convessa, sara' offerta in visione allo spettatore attraverso il semplice gesto dell'apertura della mano, come in un dono. La musica, il suono sono elementi importanti nell'opera di Bartolini tutta improntata alla polisensorialita'. A cura di Laura Cherubini
La GAM di Torino prosegue il calendario espositivo riservato agli artisti di
nuova generazione con una mostra personale di Massimo Bartolini, curata da Laura
Cherubini, che offre al pubblico una serie di opere inedite, ideate
appositamente per gli spazi del Museo. La mostra è accompagnata da un catalogo
delle edizioni Hopefulmonster italiano/inglese, con testi critici di João
Fernandes, direttore del Museu de Serralves di Porto, Joseph Rykwert e di Laura
Cherubini.
La mostra alla GAM di Torino di Massimo Bartolini viene aperta con un passaggio
di consegne: una perla scavata passa di mano in mano da uno dei custodi del
museo di Francoforte a uno del museo di Torino. Questa perla, concava e non
convessa, sarà offerta in visione allo spettatore attraverso il semplice gesto
dell'apertura della mano, come in un dono (Double shell). Ad accoglierci
nell'atrio trapezoidale c'è un intenso profumo di terra che sprizza da una
piccola fontana a forma di strumento musicale (Flautino). La musica, il suono
sono elementi importanti nell'opera di Bartolini tutta improntata alla
polisensorialità . La grande sala a destra è apparentemente dominata dal vuoto,
ma tutti gli elementi sono coinvolti in una trasformazione globale. Il soffitto
vibrante è un cielo che tuona, un instabile disordine approdato alla leggerezza,
un terremoto convertito in forma. Le vetrate diventano un disegno (Disegno di
pioggia) attraverso il procedimento dell'incisione. Le linee inclinate forate
lasciano passare una temperatura differente, portano nella stanza le variazioni
atmosferiche. È un modo di disegnare un paesaggio. La parete di fondo è
ricoperta dalla foto di un motivo vegetale dai toni smorzati che diviene
astratto intreccio. È un elemento guida che contribuisce a costruire l'idea di
paesaggio e accompagna il passaggio al lato sinistro della mostra. In una
dialettica espositiva tra movimento e stasi questo spazio è più legato
all'aspetto contemplativo. La contemplazione si attua intorno a una colonna che
sorge dalle onde di una piscina (Conveyance). Infine è il battito del cuore a
donare albe e tramonti a una piccola montagna.
Nel lavoro, che gravita intorno al tema antico dell'abitare, di Massimo
Bartolini c'è una tradizione di pavimenti mutanti: c'è il pavimento oscillante
(1994); quello rotto da due chiavi di violino (1993); c'è il pavimento rialzato
che ingloba in sé l'arredo (1993) e quello che semplicemente procura allo
spettatore un minimo spiazzamento (soffitto troppo basso, posizione alterata
delle finestre, British School, Roma 1997); c'è il Pavimento a occhi chiusi (De
Carlo, Milano, 1997), nato dall'idea di camminare sulle palpebre di un gigante,
costituite da due veneziane in legno (in un lavoro alla British School le
finestre sono gli occhi della stanza); c'è infine il pavimento-molo (Casa del
Masaccio, San Giovanni Valdarno 1998) rialzato e impercettibilmente vibrante,
proteso verso lo spazio cosmico proiettato da un salvaschermo.
Già la prima versione del pavimento rialzato "sotto ha una via che
permette, strisciando di visitarlo", ma nel caso di A cup of tea (Stanze e
segreti, Rotonda della Besana, Milano 2000) il pavimento rialzato di due metri è
un ambiente praticabile che si presenta come la cella di uno studioso, un luogo
di meditazione arredato con mobili da studio, un tecnigrafo (già presente nel
lavoro per Effetto notte, Napoli 1999), librerie e un lettino. Da qui attraverso
una scaletta ci affacciamo su una stanza-cielo dal soffitto luminoso.
Tutta l'opera di Bartolini è permeata da un forte sentimento dell'abitare:
le sue stanze con gli angoli arrotondati (dove due frecce-cursori si muovono al
ritmo di un assolo di batteria; dove il cielo di un salvaschermo si proietta su
un tavolo; dove due finestre si aprono facendo entrare il suono di una radiolina
alimentata da pannelli solari) nelle quali si perde il senso dell'orientamento,
portano il titolo di Head, testa. Questa analogia è evidenziata in Head n.3
(Library) dove all'ingresso in una biblioteca si accompagna il suono
dell'accensione di un computer che comanda la variazione dell'intensitÃ
luminosa.
Nel lavoro per la Biennale a Venezia (1999) la stanza assume l'aspetto
esteriore di una capanna e l'elemento luminoso è il pavimento (come già a
Napoli). C'è una figura ricorrente in Bartolini, è quella di un axis mundi, un
ideale asse che unisce cielo e terra: lo ritroviamo nelle foto del giardino
spartite da un confine di pietra o di luce, nel video in cui la macchina da
presa scende dall'alto del cielo fino alle scarpe dell'operatore stesso, in
Dalla testa ai piedi dove un raggio di luce attraversa le viscere di un pozzo
mirando verso il cielo (Atlantide, Siena 1998) nel paradossale Orizzonte
verticale, una scultura di luce tesa verso il cielo (De Carlo, 2000).
C'è poi la pietra forte delle montagnole, uscite da un paesaggio
toscano di Giotto, e utilizzate da Bartolini in vari lavori: alla galleria Artra
(Milano 1996) la montagna era posta su un tavolo ed era visibile a
intermittenza, secondo un ritmo luminoso comandato dal passo dello spettatore. È
il passo dello spettatore che permette la conoscenza e la visibilità stessa
dell'opera, quello spettatore che l'artista immagina unico e solo abitare la
mostra, sostarvi e attraversarla secondo un percorso che lo condurrà alla fine a
non trovarsi più identico a se stesso.
Un altro elemento è la porta luminosa, fatta di una luce quasi tangibile,
fisica, concreta. Appare per la prima volta alla Casa del Masaccio dove è una
soglia che dobbiamo oltrepassare per arrivare alla scala in cui è stato
sostituito uno dei gradini della scala con uno marmoreo che ha le striature
rossastre di un tramonto (analoga sostituzione alla galleria De Carlo in
posizione segreta, nel retro della mostra). Al piano di sopra l'artista ha
ricavato un corridoio, vuoto, ma colmo soltanto di una persistente e ineffabile
presenza: un profumo. Alla fine del corridoio una seconda porta luminosa: c'è un
attimo magico e fuggente in cui la porta nell'aprirsi illumina un ambiente buio
e mentre l'effimero bagliore si spegne nell'oscurità si avvertono solo il
profumo intenso e il ticchettio dell'acqua che scende in una piccola, povera
fontanella. In questa zona le sensazioni olfattive e acustiche prevalgono su
quelle visive.
L'acqua, elemento naturale in perpetua trasformazione, ricorre nel
lavoro di Bartolini, nel ghiaccio che si scioglie (Trevi, 1995), nello
stillicidio di gocce che allaga il terreno intorno a una minuscola pallina
bianca (Pescara, 1996), nella piscina agitata da onde che allagano la zona
intorno dove nasce una risaia (Villa Medici, Roma 2000; PS1, New York 2001), nel
progetto per una fluente via, una linea d'acqua che attraversa la città , (Siena
1998). La presenza dell'elemento liquido sottolinea la progressiva mutazione
degli spazi, la fluidità dei passaggi.
L'acqua si aggiunge alla luce e al suono (ma anche al profumo) come
elemento dinamico, in continua metamorfosi, inafferrabile e dotato di
trasparenza. Tutti i sensi sono coinvolti, in una continua oscillazione e
ambiguità tra percezione e impercettibilità . Il giardino di Casa del Masaccio è
un giardino all'italiana: dentro alcuni contenitori geometrici sono state
alloggiate una serie di piante differenti, a partire dalle felci, le più
antiche, a questa iniziale scelta dell'artista si sono aggiunte altre piante,
scelte dagli amici, in un movimento corale di comunicazione, che innaffiate e
curate e crescono con la mostra; al centro, sospeso, c'è un soffitto a volta che
è quello di Head n.1, che connota il sito contemporaneamente come stanza e
gazebo: la stanza si apre in un gesto di distensione.
È ancora e sempre una testa, il titolo infatti è Head n.7-Giardino.
Anche Bartolini è il giardino, quando si lascia fotografare "piantato" nella
terra, anche gli altri lo sono, quando l'artista realizza Aiuole (1995) nei
vuoti di quattro corpi sdraiati in giardino e fa sì che la scena sia visibile
solo dall'alto di una torre. Anche noi siamo il giardino, nel senso in cui una
massima zen recita: "Bisogna essere il giardino". L'opera di Bartolini, nella
consapevolezza che solo ciò che riguarda profondamente sé può riguardare l'altro
da sé, parla attraverso figure nelle quali anche altri possano riconoscersi. In
tutto il processo creativo è importante che sia l'artista, homo faber, a fare,
letteralmente e materialmente, le cose: costruire la stanza e il pavimento,
lavorare la terra, piantare i teneri arbusti e seguirne la crescita, distillare
il profumo. Il fare è l'unica via per conferire alle cose verità e intensità .
Bartolini non ama l'aspetto artigianale, ma coniuga la manualità con un aspetto
mentale molto forte: "farsi a piedi tutta la strada dell'immaginazione, portare
il corpo là dove arriva il pensiero". Una forte carica di fisicitÃ
continuamente trasposta sul piano astratto e mentale; un rapporto diretto e
sotterraneo con la natura coniugato con la conoscenza delle tecnologie più
attuali e delle più sofisticate strategie di comunicazione; un attraversamento,
certo non pedante, iconografico e filologico, della storia dell'arte sentita
invece come corpo da esperire, vivente organismo; una immersione profonda nelle
radici del sé depurata però da ogni traccia di contingente autobiografismo; una
modalità di comunicazione tanto impervia ed esclusiva quanto intensa: sono
alcune caratteristiche del lavoro di Bartolini. Ma non vi sono parole migliori
di quelle dell'artista: "Ho cercato di rendere praticabile l'immaginazione. Sto
cercando di rendere praticabile l'immaginazione. Per praticabile intendo poterci
portare anche il corpo, nel piano dell'immaginazione intendo".
Laura Cherubini
Anteprima per la stampa: giovedì 3 febbraio 2005 alle ore 12.00
Daniela Matteu - Ufficio Stampa Fondazione Torino Musei
GAM - Palazzo Madama - Borgo Medievale Via Magenta, 31 - 10128 Torino
Tel. 011 4429523 Fax 011 4429509 Cell. 348 7829162
GAM – Galleria Civica d'Arte moderna e Contemporanea
Via Magenta 31 - 10128 Torino
Orario: 9-19 tutti i giorni, chiuso lunedì.
Ingressi: euro 7,50 ridotto euro 4,00