Koo Jeong-a
Surasi Kusolwong
Shimabuku
Jun Nguyen-Hatsushiba
Yang FuDong
Zhang PeiLi
Naofumi Maruyama
Huang Shih-Chieh
Thaiwijit
Durriya Kazi
Serse
Pier Luigi Tazzi
Una rassegna di artisti dall'Asia, a cura di Pier Luigi Tazzi. Gli artisti invitati appartengono a generazioni e a luoghi diversi tra loro: questo consente di comprendere meglio il pensiero e le dinamiche che legittimano tali realta' all'interno del sistema dell'arte mondiale. Il titolo della nuova mostra di Serse, Umanak, fa riferimento ad una raccolta di scritti del francesista Sergio Sacchi. Umanak - nome eschimese di Nordrsetur, l'estrema stazione di caccia vichinga nella Groenlandia del nord - e' il ''luogo dove il cuore fa silenzio''.
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"LE INVASIONI BARBARICHE"
a cura di Pier Luigi Tazzi
Galleria Continua presenta un'importante rassegna di artisti dall'Asia. Un mondo culturale estremamente diversificato rispetto al sistema artistico/culturale occidentale. Gli artisti invitati appartengono a generazioni e a luoghi diversi tra loro, questo consente di comprendere meglio il pensiero e le dinamiche che legittimano a pieno titolo tali realtà all'interno del sistema dell'arte mondiale che, fino a pochi decenni fa, era da considerarsi appannaggio esclusivo dell'Occidente. Pier Luigi Tazzi ci presenta in modo lucido e chiaro (come si evince dal testo che segue) gli effetti, le cause e i presupposti futuri della globalizzazione.
Tra gli artisti invitati: Koo Jeong-a (nata a Seoul nel 1967, vive a Parigi), Surasi Kusolwong (nato a Ayutthaya nel 1965, vive a Bangkok), Shimabuku (nato a Kobe nel 1969, vive a Berlino), Jun Nguyen-Hatsushiba (nato a Tokyo nel 1968, vive a Ho Chi Minh City), Yang FuDong (nato a Pechino nel 1971, vive a Shanghai), Zhang PeiLi (nato a Luoyang, nella provincia dello Henan, nel 1957, vive a Hangzhou), Naofumi Maruyama (nato a Niigata nel 1964, vive a Kanagawa), Huang Shih-Chieh (nato a Taipei nel 1975, vive a New York), Thaiwijit (nato a Pattani 1959, vive a Bangkok), Durriya Kazi (nata a Karachi nel 1955, vive a Karachi).
"LE INVASIONI BARBARICHE è una mostra dedicata ad artisti dell'Asia attuale provenienti da contesti culturali ampiamente diversificati, quanto possono essere il Pakistan e il Giappone. Quello che tuttavia li accomuna è la provenienza da aree densamente popolate e caratterizzate da una lunga storia culturale e civile. Oggi, alle soglie del Terzo Millennio, secondo la cronologia occidentale, queste zone non sono più confinate nella regione esteriore dell'esotico, ma costituiscono parte integrante e necessaria del nostro mondo. L'arte che in esse viene prodotta è di immediata e vitale presenza e flagranza sull'orizzonte della civiltà nell'era della globalizzazione. L'arte ha assunto progressivamente la sua attuale formulazione a partire dalla fine del Settecento europeo, in concomitanza con la Prima Rivoluzione Industriale e il conseguente mutamento dei processi di produzione. Come tale è stata fino a pochi anni fa appannaggio pressoché esclusivo della Cultura Occidentale e il sistema dell'arte si è articolato in una struttura centralizzata che contemplava i concetti complementari di centro e periferia. Questa struttura è entrata in crisi nel momento in cui sono avanzati i processi della globalizzazione economica, e allo stesso tempo si è andato consumando il primato della cultura europea. Nel corso dell'ultimo decennio del millennio scorso hanno cominciato ad emergere a livello planetario istanze e modalità estetiche differenti da quelle proposte dalla cultura occidentale, pur essendo risultato vincente a livello planetario il modello culturale occidentale. Si è creata di fatto una situazione complessa in cui nel momento della sua vittoria il modello vincente ha mostrato segni di crisi e insieme hanno cominciato a presentarsi modalità operative e espressive di diversa matrice, complanari, e non oppositive o alternative, a quelle prodotte dal modello occidentale. L'interruzione del processo tipico della cultura dell'Occidente, secondo cui ad un modello stabilizzato si contrappone un nuovo modello ad esso alternativo che inizia la propria ascesa fino a diventare dominante a sua volta quando esso abbia una propria coerente qualità in grado di soppiantare il precedente diventato obsoleto, è stato forse l'effetto più deflagrante del nuovo stato dell'arte nel momento attuale. Artisti come il giapponese Tadashi Kawamata, il tailandese Rirkrit Tiravanija e il cinese Cai Guo-Qiang, tanto per citare gli esempi più nobili, sono stati gli antesignani di questa fenomenologia al più alto livello. Le marche di differenza che caratterizzano i nuovi artisti riguardano non tanto la loro etnicità , quanto la loro sostanza individuale che filtra tradizioni culturali differenti e approda a risultati estetico-espressivi dotati di una nuova potenza. Questo passaggio attraverso la sensibilità dell'individuo è congruente con la concezione dell'arte fissata dalla cultura occidentale negli ultimi due secoli, e tuttavia da essa si distanzia essendo questi nuovi soggetti non-occidentali. Il moto verso l'Altro-da-sé che aveva attraversato l'arte occidentale nella seconda metà del XX secolo ha consentito l'accesso dell'Altro che ora si attesta a pieni titoli nell'universo attuale dell'arte e marca la propria differenza come affermazione della propria sovrana singolarità .
Se volessimo trovare un parallelo nella storia occidentale ad una tale profonda modificazione dovremmo ricercarlo nell'epoca delle invasioni barbariche che segnarono la fine dell'impero romano. Anche allora ad una crisi di valori interna, nel momento stesso in cui quell'impero raggiungeva la sua massima espansione, corrispose un lungo periodo di guerra e un inarrestabile flusso migratorio. Anche oggi guerre e flussi migratori potenti costellano il presente stato delle cose, benché la natura della guerra attuale sia profondamente diversa da quella antica sia nelle sue modalità che nei soggetti scatenanti che la favoriscono e la alimentano.
Gli artisti presentati in LE INVASIONI BARBARICHE provengono come i barbari di una volta dall'Oriente, ma a differenza di quelli non sono né rappresentano masse in armi, bensì individui singoli che la vincente modernità ha emancipato e legittimato a far sentire la propria voce, ad intonare il proprio canto, di umanità e di speranza, speranza in un futuro, che non si vuole utopisticamente migliore del nostro tormentato presente, ma in cui si riconoscano gli attuali valori positivi che il clangore di guerra tenta di ottundere. Rappresentanti di una generazione successiva a quella rappresentata dagli artisti pionieri sopraccitati, e ormai legittimati dal sistema generale dell'arte, questi artisti veicolano, ciascuno nei propri modi espressivi, questa positività umana troppo umana, che il nuovo impero sente come una minaccia nello stesso modo in cui quello antico temeva quella aggressiva dei barbari. Non sappiamo quanto il loro canto sia lungo, quanto riuscirà ad imporre la propria tranquilla melodia nel clamore disordinato del mondo attuale. Quel che sappiamo e a cui accordiamo la più ampia credibilità riguarda la loro attitudine verso il vivente e i suoi valori, che risulteranno diversi gli uni dagli altri, e tanto più diversi da quelli che si sono imposti sulla scena del mondo, ma che comunque ci riguardano, aldilà dei confini e delle imposte separatezze, nella nostra stessa essenza di viventi. Vengono dal Pakistan e dalla Cina, dal Giappone e dalla Tailandia, dalla Corea e dal Vietnam, e portano ciascuno il loro modo di essere, ancor prima di quello di operare, nutrito dalle varie terre di origine, ma mosso dal desiderio senza nome di essere parte del mondo della vita e di darne, attraverso il sapere della loro arte, testimonianza.
La mostra si articolerà nei vari spazi dell'ex-cinemateatro di via di Castello a costituire un ambiente di accoglienza e di spettacolo insieme, una sorta di teatro del mondo in cui la distanza fra attore e spettatore sarà , una volta di più, largamente ridotta."
Pier Luigi Tazzi
Inaugurazione sabato 5 febbraio 2005 via del Castello, 11 dalle ore 18.00
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SERSE
"UMANAK: IL LUOGO DOVE IL CUORE FA SILENZIO"
Il titolo di questa nuova mostra di Serse, Umanak, fa riferimento ad una raccolta di scritti del francesista Sergio Sacchi, la citazione è un omaggio che Serse rivolge all'amico recentemente scomparso. Umanak -nome eschimese di Nordrsetur, l'estrema stazione di caccia vichinga nella Groenlandia del nord- è il 'luogo dove il cuore fa silenzio'. Ed è proprio il silenzio che le opere dell'artista triestino spesso evocano nell'animo di chi le guarda. I suoi paesaggi di onde increspate e piatte superfici rubate a scorci di laghi e fiumi sono visioni, attimi sospesi nel tempo, pause prive di suono. Serse racconta la natura in ogni suo aspetto, in ogni suo singolo respiro; il disegno è analitico, straordinariamente dettagliato, tirato al limite più estremo della rappresentabilità , tanto da giungere all'estremo opposto diventando così impercorribile, irrappresentabile, paradossalmente irreale. Serse in questo modo giunge al superamento del dato oggettivo; il soggetto, spogliato di ogni dinamicità , estraniato dal contesto, viene proiettato in una dimensione 'altra'. Le immagini che l'artista ci regala sono esperienze dello sguardo, sono rappresentazione dell'idea del Sublime e, ancora, come scrive Riccardo Caldura in uno dei suoi commenti sull'opera di Serse, sono "solo elementi naturali nella loro vastità e alterità dell'umano, quadri/finestre spalancati su paesaggi di grafite. Minerale l'immagine, minerale lo strumento che la descrive. Sublimi, perché non fondate dal metro dell'umano sentire, introducono la dismisura di ciò che non è comparabile, l'alterità della natura nella sua potenza... la forza delle passioni che inquietano la fragilità dell'anima umana... e che hanno come unico scenario possibile l'atemporalità e la sublime indifferenza delle energie naturali."
Rigoroso, nei disegni di Serse, utilizzo del bianco e nero. Attraverso la semplice grafite l'artista dimostra di saper creare incredibili giochi di luce, sdoppiamenti, riflessi che si moltiplicano nelle infinite gradazioni dei grigi.
Dopo le recenti personali a Villa Manin di Udine e al Museo Het Domein di Sittard che, una volta in più, hanno confermato l'alta poetica dell'opera di Serse, ci aspettiamo adesso, con questa mostra, nuovi paesaggi da scoprire, magiche visioni e silenzi dove trovar rifugio.
Inaugurazione sabato 5 febbraio 2005 via Arco dei Becci, 1 dalle ore 18.00
Per ulteriori informazioni sulle mostre e materiale fotografico:
Ufficio stampa Silvia Pichini
GALLERIA CONTINUA VIA DEL CASTELLO 11, SAN GIMIGNANO (SI), ITALY
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''LE INVASIONI BARBARICHE''
curated by Pier Luigi Tazzi
Galleria Continua presents a major exhibition featuring the work of artists from Asia. A world that has great cultural diversity with respect to the Western artistic and cultural system. The artists vary considerably in terms of generation and country of origin, enabling a better understanding of the thinking and dynamics that have earned these fields of artistic practice a legitimate place within the global art system, which, until a few decades ago, was considered an exclusively Western prerogative. Pier Luigi Tazzi presents, in a clear and lucid fashion (as shown in the text that follows), the effects, causes and future presuppositions of globalization.
The invited artists are: Koo Jeong-a (born in Seoul in 1967, lives in Paris); Surasi Kusolwong (born in Ayutthaya in 1965, lives in Bangkok); Shimabuku (born in Kobe in 1969, lives in Berlin); Yang FuDong (born in Peking in 1971, lives in Shanghai); Zhang PeiLi (born in Luoyang in the province of Henan in 1957, lives in Hangzhou); Naofumi Maruyama (born in Niigita in 1964, lives in Kanagawa); Huang Shih-Chieh (born in Taipei in 1975, lives in New York); Thaiwijit (born in Pattani in 1959, lives in Bangkok); Durriya Kazi (born in Karachi in 1955, lives in Karachi).
LE INVASIONI BARBARICHE is an exhibition of the works of present-day Asian artists from such widely varied cultural backgrounds as Pakistan and Japan. The common bond that unites them is their roots in densely populated countries with long-standing cultural and civil traditions. Now, as we stand at the dawn of the third millennium, in western chronological terms, these parts of the world are no longer far out regions of the exotic, but a necessary and integral part of the world in which we live. The art produced within them is of immediate and vital presence and vivacity on the horizon of civilization in this era of globalization. The formulation of art today is the result of a progressive development that started in eighteenth-century Europe at the time of the first industrial revolution, and the changes in production processes this caused. Thus it remained, until a few years ago, an almost exclusively western cultural domain, with the art system being composed of a centralized structure with complementary centres and peripheries. This structure entered a crisis as processes of economic globalization began to move forward and European cultural primacy began to fade. During the 1990s, other aesthetic concerns and modes of operation than those that western culture had developed arose everywhere despite the supremacy of the western model all over the world. A complex state of affairs thus began to take shape in which that model began to show the signs of its own weakness at the very moment of its victory - which was precisely when different operative and expressive modes began to appear, which were coplanar and not opposite or alternative to those produced by it. The break with the typically western cultural modality, according to which an emerging model counterpoints an established one and becomes alternative to it, gaining ascendancy until its qualities of coherence enable it to become dominant and unseat the now obsolete earlier one, is perhaps the most explosive effect of the new state of the art nowadays. Artists such as Tadashi Kawamata from Japan, Rirkrit Tiravanija from Thailand, Chen Zhen and Cai Guo-Qiang from China were the most significant forerunners of this phenomenon. What marks the present generation of new artists as different is not so much their ethnic origins as their individual substance, which filters different cultural traditions and produces works endowed with a new aesthetic and expressive power. This passage through individual sensitivity ties in with the concept of art which western culture has defined over the last two centuries but is, however, different from it since these new subjects are not western. The shift towards the 'other-than-self' that western art underwent in the second half of the twentieth century paved the way for the 'other', enabling it to reach its autonomous position in the art universe of today, seeing its characterizing difference as a way of affirming its sovereign singularity.
If we were to seek a parallel with such a radical change in the history of the west, it would be found in the era of the barbarian invasions that marked the end of the Roman Empire. In those days, too, the collapse of internal values just when the Empire was reaching its highest point led to a long period of war and an unstoppable flow of migrating peoples. Today, also, wars and major migrations are facts of present-day life even though the nature of war and of migratory patterns today are markedly different from what they were like in the distant past, both in the way wars are waged and also in who triggers and fosters them.
The artists presented in LE INVASIONI BARBARICHE, like the barbarians of long ago, come from the east but, unlike them, they neither are nor do they represent armed hordes. They are single individuals that modernity has emancipated and empowered to speak and put forth their song of humanity and hope for a future that is not seen as some kind of utopia better than our unhappy present, but which contains the positive values of today that the clangour of war seeks to dampen. Coming from a generation later than the artistic pioneers mentioned earlier, and now legitimized by the general system of art, these artists, each through their own forms of expression, feature this human, much too human positivity which the new empire perceives as a threat, just as the ancient one feared the threat of barbarian aggression. We have no way of knowing how long this song is or how successful it will be in imposing its melody of tranquillity on the disorderly clamouring of today's world. What we do know, and what we give the greatest credibility to, is the high regard for everything living and its values, each one different from the other and so very different from those that became affirmed on the world stage, which touch our innermost essence as living beings, despite the borders and imposed separateness. The artists come from Pakistan and China, from Japan and Thailand and from Korea and Vietnam, each with their way of being even more than their way of working, nourished by different lands of origin but driven by the nameless desire to be part of the world of life (Lebenswelt), and to bear witness to this through the knowledge of their art.
The exhibition will be held in the former cinema theatre of via di Castello, which will form a welcoming and enjoyable environment, a sort of world theatre where the distance between actor and spectator will, yet again, be greatly reduced.
Pier Luigi Tazzi
Opening: Saturday 5 February 2005 from 6 pm
For further information about the exhibition and for photographic material:
Press office Silvia Pichini
Address: Galleria Continua, Via del Castello 11, San Gimignano (Siena) Italy
Opening hours: Tuesday to Saturday, 2pm - 7pm
Info: ph. ++ 39 0577 943134 fax ++ 39 0577 940484