Una panoramica del suo lavoro negli ultimi anni. L'Europa dell'Islam e quella del Cristianesimo affondano le proprie radici in una storia comune, di cui troppo spesso si perde la coscienza. E' proprio questa storia comune ad essere il centro nodale delle sue opere. Lontano dalla polemica l'artista bosniaco si comporta come un filosofo che si esprime per immagini.
A cura di Stefano Verri
Nato in Bosnia Herzegovina nel 1970, profugo e studente in Italia (durante la
guerra 1992-1996) ed attualmente residente negli Stati Uniti, Damir Niksic
rappresenta una delle figure cardine nell'indagine artistica dei rapporti tra
est ed ovest, tra cosiddetto oriente ed occidente. Venuto alla ribalta grazie
alla particolare attenzione dedicata nel corso degli ultimi anni agli artisti
dei Balcani, ha partecipato ad esposizioni di rilievo internazionale. Ricordiamo
oltre alla 50a edizione della Biennale di Venezia (selezionato da Francesco
Bonami per la sezione Interludes), The Balkans. A crossroad to the future e
Blood and Honey. The future is in the Balkans firmate dal noto curatore Harald
Szeemann.
Per la sua prima personale in Italia, verra' presentata una panoramica (con
alcune opere inedite) del suo lavoro negli ultimi anni. Una visione d'insieme
delle varie declinazioni di una poetica complessa ed impegnata.
Sagace e finemente ironico, Damir Niksic, analizza attraverso una poetica colta
gli elementi di contatto e contrasto di due culture apparentemente differenti.
Due blocchi, in verita' non cosi' distinti, che hanno vissuto un rapporto
osmotico nel corso di parecchi secoli, fatti, da una parte di conquiste e guerre
e dall'altra di intensi scambi mercantili e culturali. Ecco che l'Europa
dell'Islam e quella del Cristianesimo affondano le proprie radici in una
storia comune, di cui troppo spesso si perde la coscienza di massa. E' proprio
questa storia comune ad essere il centro nodale delle sue opere.
Lontano dalla sterile polemica l'artista bosniaco si comporta come un filosofo
che si esprime per immagini. Un pensatore che fa dell'arte il veicolo di un
messaggio, che slegato dalle briglie di un' estetica formale, diventa
intensamente morale.
L'arte si trasforma qui nello strumento per esprimere un personale punto di
vista sul mondo e sull'umanita' elementi sezionati e ricomposti con una logica
paradossale ed irriverente: uno stimolo al dialogo, ma soprattutto alla
riflessione.
Gli elementi stereotipati di un punto di vista ''colonialista''? (come egli
stesso lo definisce) e secolarizzato diventano una spada da brandire alla
ricerca di un'identita' personale e comune. Concetti come liberta',
uguaglianza, etnia ed appartenenza acquistano significati caricati di un nuovo
valore umano. In questo contesto opere irriverenti come Liberty, in cui una
statua della liberta' diventa oggetto di un gesto onnanistico o l'immagine
stereotipata di un musulmano con in testa un Fez (vestito pero'
all'occidentale) e con il capo chiuso in una gabbia di The Red Rose of
Sarajevo, amplificano significati complessi, fatti di storia ed emozioni.
Allo stesso modo anche i video giocano con la contraddizione. La musica che
ricorda pezzi Swing degli anni cinquanta americani penetrano lo spettatore per
la loro orecchiabilita' e per la simpatia del ballo stile musical, appositamente
approssimativo e grossolano, ma sono i testi ed i piccoli gesti che passano
quasi inosservati ad essere testimoni di un messaggio forte ed impegnato.
C'e' malinconia forse, ma non esiste l'abbandono alla rassegnazione. Non
c'e' spazio per l'immaginazione o la speculazione futile. Ogni opera nasce
in un contesto definito, preciso.
Inaugurazione sabato 19 marzo 2005 ore 19:00
Galleria White Project
V.le Vittoria Colonna 63 - 65127 Pescara
Orari 16:00 - 20:00 dal martedi al sabato