Ex Chiesa Anglicana ECAA
Alassio (SV)
via Adelasia, 10 (dietro la Stazione Ferroviaria)
0182 648078
WEB
Lucia Riccelli
dal 26/3/2005 al 26/4/2005
0182 641163 FAX 0182 641163
WEB
Segnalato da

Nicola Angerame




 
calendario eventi  :: 




26/3/2005

Lucia Riccelli

Ex Chiesa Anglicana ECAA, Alassio (SV)

Azione e Passione. Pittura e Video. I 'racconti' notturni dell'artista sono movimenti danzati da figure sognanti, esaltano gli studi sul corpo, un corpo elegante ed esile, protagonista di un sogno prolungato.


comunicato stampa

Azione e Passione

Una mostra pensata per presentare in prima assoluta il lavoro di una giovane italiana che si è affermata all’estero. La Chiesa Anglicana, cuore pulsante dell’antica Alassio e centro civico delle arti, accoglie un evento inedito, legato alla cultura visiva internazionale attuale. L’evento rientra nel progetto di ricerca intorno alla creatività contemporanea, che da quattro anni caratterizza gli eventi della Chiesa Anglicana.

La Dott.ssa Monica Zioni, Assessore alla Cultura della Città di Alassio, così commenta: “l’arte ha ormai un punto di riferimento in Alassio. Dopo le mostre dell’estate 2002 torniamo ad esporre giovani artisti, poiché crediamo nella nuova creatività. Riccelli è un buon esempio per tutti quei giovani appassionati d’arte che cercano un confronto. Lei rappresenta qualcuno che si è affermato lontano da casa con le proprie forze ed con un lavoro appassionato che dura da dieci anni”.

Nicola Davide Angerame, curatore della mostra, aggiunge che: “la buona pittura non ha età e Riccelli lo dimostra presentando un rigoroso lavoro di ricerca intorno all’idea del corpo, e di quel sogno che è la pittura. I suoi “racconti” notturni sono movimenti danzati da figure sognanti. E’ una pittura moderna che guarda ad artisti come Gustav Klimt e Egon Schiele con grande originalità. I dipinti della Riccelli esaltano gli studi sul corpo ripreso in molteplici pose spesso difficili e originali. Si tratta di un corpo elegante ed esile, protagonista di un sogno prolungato. Gli accostamenti non naturalistici dei colori tessono figure sfumate di grande suggestione, che sollecitano lo spettatore a “costruire” una propria immagine, l’astrazione e la figurazione si intrecciano per determinare una pittura originale ed emozionale.”

L’ARTISTA
Lucia Riccelli da anni insegna disegno e pittura in diversi istituti d’arte di Vienna. E’ anche danzatrice professionista e violoncellista diplomata al Conservatorio di Napoli. Da 10 anni vive e lavora a Vienna. Ha esposto in tutta l’Austria e collaborato con l’Ambasciata Italiana di Vienna. Ha preso parte a molti spettacoli e performance. E’ un’artista italiana che ha integrato nel proprio lavoro la cultura mitteleuropea.

La mostra conta circa 30 opere pittoriche, un video d’artista, una performance il giorno della inaugurazione.

Lucia Riccelli
Testo in catalogo di Nicola Davide Angerame
“L’incarnato è la grande sfida lanciata da questi milioni di corpi della pittura: non l’incarnazione, dove il corpo è insufflato di Spirito, ma il semplice incarnato, come il battito, il colore, la frequenza e la sfumatura di un luogo, come evento d’esistenza”, scrive Jean-Luc Nancy in “Corpus”, una delle sue opere più seducenti dedicate all’ontologia del corpo, a quel suo essere posizione assoluta, luogo tanto evidente quanto irraggiungibile. Libro che può servire da viatico per affrontare l’opera della giovane artista italiana, Lucia Riccelli, che da dieci anni vive e lavora a Vienna.

L’arte viennese del novecento è un’arte del corpo. I suoi maggiori rappresentanti lo hanno ritratto in pose d’angoscia; nei suoi desideri carnali; come un presentimento di decadenza. E’ l’icona entro cui si gioca una lotta tra il classico e il moderno, tra le pulsioni di una bellezza sublimata e il disegno tremulo di carni nodose, tra gote soavemente imporporate e le marcescenti tonalità di pelli consunte. I due rappresentanti dello scontro sono Gustav Klimt ed Egon Schiele. Tappa essenziale è l’inconscio scoperto da Freud. Il secolo che si apre con loro scoprirà il corpo come luogo della manifestazione del male e della furia annientatrice perseguita fino alla macellazione. Nel secondo dopoguerra il corpo viennese è quello del Wiener Aktionismus, saturo di nuove angosciose domande poste direttamente alla carne ed al sangue. Il corpo viene violentato secondo rituali orgiastici, squartato e anatomizzato. È un corpo brutale perché brutalizzato, viscerale perché sventrato: contrappunto macabro alle armoniose case dello spirito celebrate dall’estetica hippie.

E il corpo, la pittura, il sogno, il desiderio sono il quadrivio verso cui converge e si diparte l’arte di Lucia Riccelli giocata, come dice lei, “tra azione e passione, in un viaggio tra gli strati e le stanze dell’essenza di una persona”. Ad attenderle dietro: la danza e la musica, arti nelle quali l’italiana compie frequenti incursioni nel tentativo di andare oltre il dato visivo per afferrare la trama spirituale e psicologica dei corpi. La pittura si fonde con il gesto danzato e con l’immaterialità della musica, come pare dall’organizzazione delle pennellate distese a sciami, a gruppi di note cromatiche guidate da dinamiche a spirale, avvolte su di uno spazio chiuso e aperto: lo spazio del sogno.

Una pittura che ritrae la casa del sogno che è il corpo dormiente. La sua danza notturna ne avvolge le membra e ne libera le energie significanti, seducenti, plasmandone la postura. Corpi sinuosi, teste reclinate, monti di spalle e colline di ventri. In questi paesaggi dormienti, il corpo della pittura fa la sua apparizione come folate di vento pronte a scompigliare la trama che tiene insieme le membra: la pelle è sfaldata con pennellate di colori dissonanti, come in una partitura dodecafonica del viennese Arnold Schönberg. “La sua musica - scrive Kandinsky ne Lo spirituale nell’arte -ci introduce in un nuovo regno, dove le esperienze musicali non sono acustiche bensì puramente psichiche”.

E dal colore, dalla sua musica, sorgono le figure della Riccelli colte come sulla soglia di un sogno che sta svanendo nel momento stesso in cui ci raggiunge. Formalmente è una lotta fra la pittura e il disegno, tra la forza espressiva delle tinte e le figure in fuga. Qui la logica è quella autodissoltrice tipica del sogno: del suo offrirsi come sparizione, evanescenza. Ritrarre questo movimento è quanto di più importante stia accadendo alla pittura della Riccelli la cui grazia e violenza cela la verità che accomuna la pittura ed il corpo: il loro carattere di avvenimento.

Di questo corpo, “addormentato”, Lucia Riccelli offre un saggio attraverso una galleria di corpi. In un movimento ondoso, di andirivieni perpetuo, la sua arte ci pare sempre “indecisa” tra due corpi: quello raffigurato, colui al quale è offerta una figura, perché ha figura; e quello “defigurato”, al quale la figura è “offerta” come in sacrificio. Il corpo della pittura “defigura” il corpo nella pittura. Da questa dialettica, tra la vita (dell’artista) e l’arte (vita autonoma della pittura), tra le istanze del racconto interiore e le pretese della pittura di raccontare se stessa mostrando il proprio corpo suntuoso, si apre lo spazio del “corpo in pittura”: del corpo della pittura che è pittura del corpo.

Volendo essere ancora più radicali, si può dire con Nancy che “la pittura è l’arte dei corpi perché non conosce che la pelle, perché è pelle” (“Corpus”). Una pelle che nell’opera di Lucia Riccelli assume il mistero della pittura e diviene il “telo” capace di chiudere ermeticamente l’interiorità allo sguardo esterno tenendo insieme le desjecta membra del corpo post-freudiano. Un corpo consapevole d’essere più uno scrigno colmo di segreti che immagine fatta a somiglianza di Dio. Riccelli vuole aprire lo scrigno, cogliere visivamente l’essenza del corpo sognante.

Come nel mare in tempesta si scorge e si cela il naufrago, allo stesso modo dai flutti di colore della Riccelli emergono i corpi suadenti e ritorti di donne e uomini che dormono, volano, cadono, guardano. Sono nudi di una carnosità materica con addensamenti inattesi di colore. Ma sono anche figure eteree, soffi di vento, spiriti dalle pose sognanti; rappresentazioni di un mondo interiore che sale alla superficie per vie traverse. Il gioco tra profondità e superficie, non più organizzata dalla “forma simbolica” (Gombrich) della prospettiva, si declina come rapporto tra corpi: quello dell’artista, quello dipinto e quello dell’arte.

AZIONE e PASSIONE
Di Lucia Riccelli
È sempre una sfida quando ci si propone di andare ad esplorare oltre la superfice delle cose... di tutto ció che si ha la certezza di non poter afferrare se non con le emozioni... la mia personalmente partiva da presupposti nati dall’ossessionante idea pittorica di esplorare il corpo, partendo da dentro il corpo per andare oltre il corpo e con questo renderlo ancora piú materico,piú misterioso e piú vero... E questo corpo, che é il mio , che ho imparato ad ascoltare anche essendo danzatrice e musicista , analizzava giá da tempo tremiti ed entusiasmi provenienti da altri corpi sensibili...L’anima è rinchiusa per libera scelta in questo corpo-contenitore ri-conoscibile e tanto sconosciuto...

Mi proponevo di andare a sfaldare quelle pareti e non per dare un nome a ció che é giusto che rimanga innominabile,ma per darmi -e dare la possibilitá ad altri attraverso la mia pittura ,di sentire e vedere quella luce,quel battito di cuore impalpabile quanto violento, che preannuncia l’apertura e l’esplorazione di nuovi luoghi dell’anima...che precede per cosí dire la „creazione“...

Ho scelto una persona per compiere questo studio,una danzatrice,o meglio un corpo „danzante“,un’ artista che ha fatto della danza una sua ragione di vita e di comunicazione come lo è per me la pittura.

La danza rompe in modo tangibile i confini del corpo con lo spazio proprio per questo suo modo provocante di metterli in evidenza. Il movimento disegna nell’aria dei percorsi che si tramutano di volta in volta. In un continuo divenire, tra visibile e invisibile, tangibile e inafferrabile... Sono percorsi che apparendo e scomparendo, ripetendosi in modo mai uguale ,lasciano dei segni, graffiano attraverso la dinamica della loro azione il nostro sguardo, fino a toccare la „visione „ piú fragile e sconosciuta ed infuocata, del nostro io profondo.

Ed io, profondamente toccata da quelle visioni mi sono chiesta se non fosse per caso il mio compito di riportarle alla luce,perché attraverso l’azione della mia pittura avrei potuto fermare nel tempo quell’azione, quell’emozione,proprio nel suo continuo divenire... Sentivo l’urgenza di dipingere questa improvvisazione continua della vita...

Nella scelta della persona non ho avuto assolutamente dubbi. La osservavo danzare da tempo,una creatura fluttuante perché in lei la danza passa attraverso... usa il suo corpo per rendersi visibile...lei non é che il mezzo...é giá sparsa, e mentre danza è già colore... In un misto tra ricordi e desideri di cose non ancora vissute tutto in lei si modella in un energia dinamica capace di raccontare i substrati della vita. E il suo racconto vibrava con il mio per „simpatia“-come si dice in musica...

Ed é stata questa rivelazione a travolgere il senso delle cose, perché improvvisamente usavamo entrambe il disegno del nostro respiro per ritmare la mimica della nostra urgenza, denunciando con pochi gesti nell’aria e sulla tela, il grande bisogno di comunicare al mondo la necessitá di riconoscere dentro di noi, quegli strati di emozioni allo stato puro. Danza e pittura sono per me legate da una morsa espressiva inscindibile. È un confronto senza rivali composto da un interazione continua fatta di parallellismi, scambi e reciproche inspirazioni, attraverso le quali si ha la possibilitá di inoltrarsi in quei labirinti dell’anima che all’inizio potranno investirci di stupore ma poi riveleranno semplicemente l’esistenza di nuove stanze, abitate da un io infinito e indefinito, da percepire ed esplorare, accogliere e integrare.

E se il movimento danzante, compiuto sotto lo sguardo dello spettatore brucerá, toccando la soglia di quella parte di noi stessi per poi svanire, ma la pitturá ne catturerá la sua durata sulla tela in uno scambio continuo e costante tra gesto e segno, colore e materia in movimento, divenire e soffermarsi nel guardare... nell’essere e nel non essere piú...

Ma sará possibile annullare la fugacitá del movimento attraverso la pittura? O meglio: la pittura potrá restiture al visibile l’effimera durata di un movimento? Provocazione ed inafferrabilitá nell’azione... sospeso nella transitorietá tipica delle cose visibili, l’essenza del gesto sfida lo spettatore a confrontarsi con se stesso... ...ma quanto dovrá espandersi la sua durata per poter essere fonte di un mutamento? E potrá veramente aiutare lo spettatore a visualizzare quelle stanze sconosciute di se stesso? Come potrá mostrarsi l’ esperienza dell’ inafferrabile in un movimento e del non quantificabile in pittura?`

E riusciti nell’intento, cosa ci aspetta dopo?

Ci sará un momento ,un punto che segnerá il limite oltre il quale la pittura e la danza non saranno piú in grado di interagire l’una con l’altra? E quel punto di rottura non provocherá forse l’apertura di un nuovo luogo da esplorare?

A cura di Nicola Davide Angerame

Inaugurazione: domenica 27 marzo 2005, ore 17

Chiesa Anglicana
Via Adelasia 10 - Alassio
Orari: da giovedì a domenica, dalle ore 15,30 alle ore 19,30. Sabato dalle ore 15,30 alle 23.

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