Personalissima. I lavori dell'artista tendono al monocromo: variazioni di un'unica tinta rosso-bruna, con alcuni tratti di nero. Solo ad un'osservazione ravvicinata si scopre che la tinta e' sangue che l'artista si e' estratto con una siringa e ha utilizzato come colore per la pittura.
Personalissima
Questi ultimi lavori di Luca Puglia tendono al monocromo: variazioni di un'unica tinta rosso-bruna, con alcuni tratti di nero, per una figurazione scarna, di buona saldezza compositiva.
Solo ad un’osservazione ravvicinata e prolungata delle inconfondibili qualità plastiche del coaugulo si scopre che la tinta rosso-bruna è sangue. E’ sangue umano, sangue che l’artista si è estratto con perizia medica per mezzo di una siringa e ha utilizzato come colore per la pittura, spruzzandolo con la stessa siringa per delineare le forme sul foglio di carta o sulla tela, o cospargendolo con un batuffolo di ovatta o con le dita per gli sfumati e le campiture più delicate. Colore.
Intento di Puglia, per sua stessa dichiarazione, è quello di “normalizzare il sangue a coloreâ€, usarlo per le proprietà pigmentanti dei globuli rossi. Colore, semplicemente per dipingere altre cose.
Così se è vero che “dare il sangue all’opera†crea una contiguità tessiturale – il sangue secondo la definizione medica è un tessuto – tra l’esistenza corporea dell’artista e il suo quadro e che questa contiguità si stabilisce necessariamente attraverso una lacerazione dell’epidermide, in questo uso del sangue non si scorge alcuna concessione a una poetica raccapricciante (e kitsch) e violentemente espressionista del “sanguinamento†in tutte le sue diramazioni: ferita, mutilazione, dissanguamento ecc. Le forme sono ovunque controllate, l’immaginario quotidiano, volti umani, vasi di fiori, o altro.
Lo shock dello spettatore si situa sotto il segno del perturbante, piuttosto che sotto quello dell’orrifico. Lo shock proprio della scoperta che qualcosa che si percepiva come familiare in realtà è altro, di altra natura, come un corpo ripetutamente praticato come vivente che si riveli improvvisamente essere inorganico.
Ma esiste una seconda determinazione del perturbante, stavolta di qualità squisitamente spaziale. Appare perturbante ciò che, pur confermandosi della natura creduta, lo si trova fuori posto, fuori dal luogo che giudichiamo (o pre-giudichiamo) essere il quello che gli è congeniale, il luogo “naturaleâ€, la dove ci si aspetta sempre di trovarlo.(....)
Insopportabile politicamente è il contagio, l’imbattersi in cose che per definizione sono e ti fanno sentire, fuori posto.
Curatore: Alessio Fransoni
Inaugurazione: venerdì 8 aprile 2005 ore 19.00
Side
Via Labicana, 50 - Roma