La Dimensione del cielo. In mostra una selezione di fotografie scattate dalla casa-studio di Carmignano dagli inizi degli anni '90 ad oggi: immagini che celebrano la bellezza della natura rivelando, al contempo, i segni minacciosi di inquinamento e degrado.
La Dimensione del cielo
Alberto Moretti è nato a Carmignano nel 1922. Dalla prima mostra personale alla Galleria numero di Fiamma Vigo (1951), sino alla recente retrospettiva alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti (1999), coi suoi lavori ha ottenuto importanti riconoscimenti critici in Italia e all’estero.Dal 1972 è tra i principali animatori dell’arte e della cultura contemporanee, non solo toscane: dapprima con la Galleria Schema – da lui fondata e diretta a Firenze dal ’72 al ’94, e attualmente con il Cantiere d’Arte Alberto Moretti promosso a Carmignano da TRA ART – rete regionale per l’arte contemporanea.
In occasione della mostra alla Corte Arte Contemporanea, Moretti presenta per la prima volta un’importante selezione di fotografie di cieli scattate dalla casa-studio di Carmignano dagli inizi degli anni ’90 ad oggi: immagini che, in continuità con molte delle opere pittoriche realizzate dall’artista in anni recenti, celebrano la bellezza della natura rivelando, al contempo, i segni minacciosi di inquinamento e degrado.
"Nei tagli delle foto di Moretti, i cieli/teatro occupano tutto il campo dell'immagine, a malapena un orizzonte terrestre è dato da un filo dell'alta tensione o dal residuo profilo scuro dei rilievi che fronteggiano la sua postazione, sul monte Castello, in cima a Carmignano; nella loro concava frontalità - al pari dell'effetto delle sculture degli ultimi anni sessanta - sembrano rovesciarsi sull'osservatore, magnetizzandolo con un maestoso dispiegarsi di natura premeva, precedente ogni possibile presenza o intervento di dominio umano. Eppure, come rileva l'artista, quelle abbaglianti rifrazioni di luci solari, motivo di astrazioni "reali", colte nel bagliore di albe e tramonti, sono per lo più l'effetto dei vapori degli scarichi industriali della sottostante piana, da Prato a Pistoia. Del resto, gli stessi cieli cangianti e brumosi, tanto additati da Ruskin e ispiratori della pittura di Turner, si erano arricchiti di un'inedita serie di configurazioni nuvolose per l'emissione di fumi e gas, effetto della rivoluzione industriale che nel primo ottocento andava stravolgendo il paesaggio inglese. L'osservazione, non so quanto ironica o disincantata di Moretti, sull'origine appunto "artificiale" dell'inedito, stupefacente, cromatismo dei suoi cieli, sembra voler confermare un margine di distanza che egli osserva nella sua opera di registrazione, lungi da supposte, febbrili, immedesimazioni emotive, e che sembra voler assicurare a questo lavoro quel carattere di attenta classificazione archivistica propria delle origini ottocentesche della fotografia di paesaggio, quale documento, veduta topografica. L'"informe" di questi cieli non è quello equivalente di un oscuro stato percettivo interiore, portato alla luce nei quadri ma, piuttosto, per dirla con Paul Valery - a proposito di certi esercizi di disegno di Degas - è quello di cui le forme non trovano in noi "niente che permetta di sostituirle con un tracciato o un riconoscimento netto".
Da "I CIELI DI ALBERTO MORETTI".
Testo di Maria Grazia Messina, in catalogo
La Corte Arte Contemporanea
via de Coverelli 27/r - Firenze