Photology
Milano
via della Moscova, 25
02 6595285 FAX 02 654284
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Tina Modotti
dal 22/11/2000 al 13/1/2001
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Segnalato da

Alessia Paladini



approfondimenti

Tina Modotti



 
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22/11/2000

Tina Modotti

Photology, Milano

In mostra, una selezione di circa 20 straordinarie opere vintage della grande fotografa-rivoluzionaria di origine italiana, presentate per la prima volta ad un pubblico di galleria in Italia.


comunicato stampa

In mostra, una selezione di circa 20 straordinarie opere vintage della grande fotografa-rivoluzionaria di origine italiana, presentate per la prima volta ad un pubblico di galleria in Italia. Scattate durante il periodo della rivoluzione culturale messicana degli anni Venti, che vide Tina Modotti protagonista e accesa sostenitrice, le opere in mostra presentano magistralmente quella sintesi di ricerca formale e impegno sociale che caratterizza il lavoro di Tina Modotti; sono immagini semplici e dirette, che sono entrate nella storia della fotografia proprio per l’enorme carica emotiva e poetica che riescono a trasmettere: un’amaca, i ritratti dei compagni di lotta e degli amici, alcuni frammenti dei murales politici di Josè Clemente Orozco, il volto di un bimbo, una donna che porta una enorme bandiera sulla spalla.
A testimonianza del profondo e importante legame tra Tina Modotti e Edward Weston, vengono inoltre esposti alcuni splendidi ritratti eseguiti dal grande maestro americano all’epoca della loro intensa e tormentata storia d’amore.

Sempre, quando le parole arte e artistico vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo. Questo è dovuto sicuramente al cattivo uso e abuso che viene fatto di questi termini. Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente perché io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni. La maggior parte dei fotografi vanno ancora alla ricerca dell’effetto artistico, imitando altri mezzi di espressione grafica. Il risultato è un prodotto ibrido che non riesce a dare al loro lavoro le caratteristiche più valide che dovrebbe avere: la qualità fotografica. Negli anni recenti si è molto discusso se la fotografia possa o non possa essere un lavoro artistico comparabile alle altre creazioni plastiche. Naturalmente ci sono molte opinioni diverse. Ci sono quelli che accettano veramente la fotografia come mezzo d’espressione alla pari con qualsiasi altro , e altri che continuano a guardare in modo miope al ventesimo secolo con gli occhi del diciottesimo, incapaci di accettare le manifestazioni della nostra civiltà meccanica. Ma per noi che usiamo la macchina fotografica proprio come il pittore usa il pennello, queste opinioni non hanno importanza. Noi abbiamo l’approvazione di coloro che riconoscono i meriti della fotografia nei suoi aspetti multipli e l’accettano come il più eloquente, il più diretto mezzo per fissare, per registrare l’epoca presente. Sapere se la fotografia sia o non sia arte importa poco. Ciò che è importante è distinguere tra buona e cattiva fotografia. Per buona si intende quel tipo di fotografia che accetta tutte le limitazioni inerenti la tecnica fotografica e usa al meglio le possibilità e caratteristiche che il medium offre. Per cattiva fotografia si intende ciò che è fatto, si potrebbe dire, con una specie di complesso d’inferiorità, senza apprezzare ciò che la fotografia in sé stessa offre, ma al contrario, ricorrendo ad ogni sorta di imitazioni. Le foto realizzate in questo modo danno l’impressione che l’autore quasi si vergogni di fotografare la realtà, cercando di nascondere l’essenza fotografica stessa della sua opera, con trucchi e falsificazioni che può apprezzare soltanto chi possiede un gusto deviato.

La fotografia, proprio perché può essere prodotta solo nel presente e perché si basa su ciò che esiste oggettivamente davanti alla macchina fotografica, rappresenta il medium più soddisfacente per registrare con obiettività la vita in tutti i suoi aspetti e da questo deriva il suo valore di documento. Se a questo si aggiungono sensibilità e comprensione e, soprattutto, un’idea chiara sul ruolo che dovrebbe avere nel campo dello sviluppo storico, credo che il risultato sia qualcosa che merita un posto nella produzione sociale, a cui tutti noi dovremmo contribuire.
(Tina Modotti, Sulla Fotografia , in Mexican Folkways, ottobre - dicembre 1929)

Note biografiche.
Tina Modotti nasce a Udine il 17 Agosto 1896 da una famiglia poverissima. A 12 anni lavora in una filanda. Nel 1913 raggiunge il padre emigrato a San Francisco. Lì lavora come operaia in una fabbrica tessile e poi come sarta, ma inizia anche a recitare nelle filodrammatiche di Little Italy. Nel 1917 conosce il poeta e pittore Roubaix de l’Avrie, con il quale si trasferisce a Los Angeles. Lavora a Hollywood come attrice di cinema muto. Nel 1922 Roubaix de L’Avrie - che nel frattempo era diventato suo marito - muore, e l’anno successivo, Tina si lega al fotografo Edward Weston, trasferendosi con lui in Messico. In quegli anni, grazie ai preziosi consigli del grande fotografo suo compagno, si dedica alla fotografia e aderisce al Partito Comunista. Nel 1928 è al fianco del rivoluzionario cubano Julio Mella. Dopo il tentativo di golpe in Messico, viene espulsa dal paese. Inizia a girare per l’Europa, prima in Germania, poi a Mosca e infine in Spagna durante la guerra civile. Muore il 5 Gennaio 1942 a Città del Messico, a bordo di un taxi, forse per un attacco di cuore.

immagine courtesy Photology Milano

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