Galleria Quintocortile
Milano
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Estatesche
dal 20/6/2005 al 30/6/2005
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Segnalato da

Quintocortile




 
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20/6/2005

Estatesche

Galleria Quintocortile, Milano

Seconda mostra di un ciclo che esplora suggestioni e sentimenti suscitati dai diversi periodi dell'anno. Storie di frutta e di sole, di indolenti vacanze e di caldo che uccide, corpi abbronzati e occhiali scuri, bibite ghiacciate e prosciutto e melone...


comunicato stampa

Questa è la seconda mostra di un nuovo ciclo che esplora suggestioni e sentimenti suscitati dai diversi periodo dell'anno. Tali mostre avranno i titoli di: Primaveresche, Estatesche, Autunnesche, Invernesche. Si è scelto di usare il derivato 'esco' per il suo stridore che, a nostro avviso, diventa ampliamento e cassa di risonanza per le diverse angolazioni interpretative.

"Estatesche" sono storie di frutta e di sole, di indolenti vacanze e di caldo che uccide, sono i corpi abbronzati e gli occhiali scuri, bibite ghiacciate e prosciutto e melone. E poi sono l'arrivo delle zanzare e i bagni nel mare. E poi ..

Opere di: Baraldi/Denti, Francesco Ceriani, Mavi Ferrando, Mario Gatto, Gianni Marussi, Annalisa Mitrano, Irina Schwarz, Antonio Sormani

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ESTATESCHE

...e l’estate compone le sue grandi distrazioni, sdraio e bibite in ogni giardino, cuscini a prender aria sulle finestre aperte, pollini che invadono ogni cosa, fiori di chinotto che sembrano perle preziose che si aprono al mondo con il loro intenso profumo soporifero. E sono iceberg che si spostano nel mare torbido, ghiacciai che si sciolgono, immagini di corpi assuefatti che imbrogliano il loro destino giocando un’altra partita a pocker, con il fumo che esala dalla stanza, e il tanfo dell’ennesimo sigaro spento nel cemento vecchio rappreso.

Estate, estate: estate come correre scivolando sui fiori in campi appena tagliati, con l’erba che profuma d’incanto, con il sole che rende quel verde come giallo oro. Sembra di essere a Versailles, nei sui imponenti giardini fioriti, con Luigi XIV che cammina in lontananza con quella goffa andatura che tanti Regnanti portano con sé, insicuri del proprio spettacolo corporeo.
Estatesche come giochi di luci e colori di fiamma, boccioli che imbottiscono ogni terreno di barbiturici odorosi, perché ogni erba o erbaccia compone il suo fiore, lo colora, lo dipinge, lo espone alla visibilità comune, come se la bellezza fosse l’elemento essenziale che contraddistingue e accomuna la semplicità.

Si vede l’arte rincorrere i fasti del Re Sole e perdere, forse per distrazione, la bellezza della semplicità: ‘l’evento’ deve sempre cercare la propria prima pagina stampata accentrando nel contorno il piatto principale.

Estatesche sono piogge torrenziali che riempiono vasche da bagno 80x170 dove la schiuma vaporosa è macchiata da una grandine grigia arrabbiata che rifugge la pioggia e tempesta il cielo. Estatesche sono corpi che si abbandonano ai piaceri di una carne morbida e profumata, di un passaggio veloce e subitaneo, di voci e notti insonni, di linguaggi estranei dalle cantilene arabo-bizantine, di nascondigli prediletti in labirinti che non hanno mai fine, di cieli interiori che non hanno bisogno di nascere, ma godono nel loro nero buio.

E’ correre vedendo i piedi che camminano furiosamente, per sentire che effettivamente esiste una terra dove inciampare, dove comprimere i corpi in Win-Zip comuni, dove sorridere a fegato stretto, ed aspettare che l’occhiolino del nuovo belloccio faccia starnutire di nuovo i sentimenti.
Sono gocce di pianti che non hanno mai avuto il coraggio di scendere, sono risi incapsulati che giocano a nascondino e non trovano mai nessuno. Piet Mondrian l’aveva scoperto a Broadway con il boogie-woogie. Era il 1943 e New York pullulava di fermenti lattici vivi, suoni e ritmi incalzanti scorrevano nei vicoli, nei borghi bui, nelle strade a fondo perduto nella esuberanza di un sobborgo vestito da metropoli. E’ un’estate in disuso quella in cui Edward Hopper ci porta, con soli così diacci da far rabbrividire e in cui, quasi senza accorgersene, si viene incanalati nella contemporaneità gelida di sentimenti stinti che paradossalmente non lasciano spazio ad alcuna solitudine.

“La contraddizione è legittima quando la soppressione di un termine porta a distruggere o a svuotare della sua sostanza l’altro termine. La necessità è il criterio supremo in ogni logica. Soltanto la necessità mette lo spirito a contatto con la verità”. (Simone Weil)

...e l’estate spumeggia nelle spiagge e l’arte, irriverente con le sue accattivanti scollature, si concede.

Francesco Ceriani presenta una grande scultura vertical­e lignea, essenziale e senza inutilità formali, pensata come una sorta di albero della cuccagna in attesa di essere vissuto e conquistato da volenterosi giocatori acrobati. Il premio potrebbe anche non esserci, ma la vittoria morale sicuramente sì.

Nell’opera di Annalisa Mitrano il calore genera ghiaccio: ogni elemento sembra toccato e sciolto da una temperatura devastante in cui sistemi stellari piatti si staccano dagli abissi siderali prendendo via via vita fino a generare un possibile sole. O viceversa.

In Gianni Marussi l’inconoscibile sovrasta le umane dimensioni: due figure in penombra partecipano da spettatori ai giochi caleidoscopici di una fantastica costellazione sospesa nel cielo. Senza paura, ipnotizzati, in attesa. Prima o poi il grande evento avverrà.

Mario Gatto parte da un infuocato vortice quasi a mimare una possibile origine delle galassie: è palpabile un irreale calore legato all’energia che le leggi della fisica hanno tradotto in formule precise. E’ un’immagine di un percorso veloce, contemporaneo, frenetico: al di sotto vi è l’ignoto da comporre.

Un lavoro a due mani quello di Celestino Baraldi e Giuseppe Denti: sono visioni di vegetazioni frammentate, alberi che ripetono riti e linguaggi comuni per poi scontrarsi e appoggiare il loro torpore su una terra che accoglie e sconvolge ogni epopea umana. Impronte appartenenti al passato o al futuro?

Antonio Sormani costruisce l’opera a partire da un elemento fotografico in cui corpi nodosi vegetali si aggrovigliano, si intersecano e silenziosamente creano: in una sequenza di tele accostate pennellate di cieli e tramonti che vibrano e si espandono gratificati nello spazio. E’ la vita che si moltiplica nell’infinito.

Il sole di Irina Schwarz propaga i sui raggi fino a rischiarare (intimorire?) tutto quanto gli sta intorno. E’ come se il volto tranquilizzante di un Sole buono ci ammiccasse bonario da un lato per poi accalappiarci senza scampo con un allungo improvviso dei suoi tentacoli dall’altro. Metafora della complessità dell’essere.

Mavi Ferrando rappresenta l’estate in un’atmosfera agitata e in movimento: un tuffo nel mare o nell’oscurità? Il corpo umano esagera la materia, la seduce, cerca di trasformare le geometrie euclidee in pensiero mediterraneo. E’ il vuoto che vince sul pieno.

Donatella Airoldi

Inaugurazione: martedì 21 giugno alle ore 18,30

Quintocortile
Viale Col di Lana 8
Milano
orario: dal martedì al venerdì dalle 17,30 alle 19,30 o su appuntamento

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