Parco Arte Ambientale de La Marrana
Montemarcello (SP)
strada della Marana (Ameglia)
0187 600158, 02 86463673 FAX 02 86464809
WEB
Due installazioni
dal 1/7/2005 al 31/7/2005
02 86464733 FAX 02 86464809
WEB
Segnalato da

Patrizia de Micheli




 
calendario eventi  :: 




1/7/2005

Due installazioni

Parco Arte Ambientale de La Marrana, Montemarcello (SP)

Jan Fabre: The shelter (for the grave of the unknown computer), a cura di Giacinto Di Pietrantonio. L'opera e' metafora dell’esistenza; in quanto contenitore di croci con su incisi nomi di insetti (computer sconosciuti?), illuminate da sette lucerne, l'artista ci mette di fronte al dilemma della morte e del suo superamento. Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini: Le cose non sono quelle che sembrano. I due artisti hanno voluto ricreare il luogo simbolico dei giochi infantili, dell'amore romantico e del misterioso risveglio della natura e dei sensi.


comunicato stampa

Jan Fabre

“The shelter (for the grave of the unknown computer)”

Installazione

a cura di Giacinto Di Pietrantonio

Orario di visita: sabato e domenica dalle 18 alle 22

Si ripresenta quest’anno nel parco di Grazia e Gianni Bolongaro in località La Marrana di Montemarcello, Ameglia (SP), uno degli appuntamenti di arte ambientale più significativi dell’estate italiana.
Ormai lungo è l’elenco degli artisti che sono intervenuti nel parco nelle estati scorse e di cui si trovano loro opere. Tra loro: Hossein Golba (1997), Kengiro Azuma (1998), Luigi Mainolfi (1999), Philip Rantzer (2000), Mario Airò e vedovamazzei (2001), Maria Magdalena Campos-Pons (2003), Joseph Kosuth e Jannis Kounellis (2004).

Quest’anno protagonista è l’artista fiammingo Jan Fabre.

“THE SHELTER (FOR THE GRAVE OF THE UNKNOWN COMPUTER)” (2005) è il titolo dell’opera-istallazione che Jan Fabre propone come scultura permanente per La Marrana per l’edizione 2005 curata da Giacinto Di Pietrantonio. Nonostante la poliedricità e l’eclettismo di questa figura – artista visivo, autore teatrale, coreografo e scenografo, editore,… – l’opera in questione riguarda strettamente quello delle arti visive, seppur con evidenti relazioni con le altre discipline sopracitate di un artista tanto vitale.
Eclettismo, atmosfere magiche e un forte rapporto con la tradizione figurativa fiamminga sono le costanti del lavoro di Fabre, un lavoro che si concentra sulla dimensione del corpo inteso come campo di indagine tanto in ambito artistico – quindi nei disegni, nei film, nelle sculture e nelle installazioni – quanto nella pratica teatrale – quindi nell’arte drammaturgica, scenica e coreografica.
Come un Leonardo contemporaneo – vicino però, per sensibilità e spregiudicatezza immaginativa, alla fantasia surreale e brulicante di Hieronymus Bosch e al realismo allucinatorio di Jan van Eyck – Jan Fabre tocca ciascuno di questi ambiti creativi – arte visiva, scrittura e teatro – con la stessa tensione e la medesima carica di fascino arcano e magia contemporanea. Ed è proprio l’immersione in un’atmosfera carica di suggestioni profonde che più caratterizzerà l’esperienza dello spettatore nel corso di questo viaggio.
Come spesso accade nell’opera di Fabre è la metamorfosi ad essere al centro del suo discorso, metamorfosi del corpo, metamorfosi dell’uomo-animale accompagnata da riti di passaggio non solo del corpo, ma anche dello spazio e della luce come avviene in questo caso dove la relazione luce-buio, chiaro-scuro, luce-ombra nella casetta-rifugio gioca un ruolo fondamentale.
In questa alternanza di luce e buio, dimensione intima e spettacolarità, stasi e movimento mostrano il nodo centrale dell’arte di Fabre: il motivo della vita come costante metamorfosi e trasformazione.

Ecco allora che “THE SHELTER (FOR THE GRAVE OF THE UNKNOWN COMPUTER)” - ovvero “Il rifugio (per la tomba del computer sconosciuto)”, (2005) - è ancora una volta metafora dell’esistenza; in quanto contenitore di croci con su incisi nomi di insetti (computer sconosciuti?), illuminate da sette lucerne, ci mette ancora una volta di fronte al dilemma della morte e del suo superamento. Al tempo stesso, sapendo che per Fabre gli insetti, come per Kafka, sono metafora della metamorfosi umana, l’opera ci ricorda anche i cimiteri di guerra di cui è da sempre disseminato il pianeta (e tornati di grande attualità nel giro tra il secondo e terzo millennio). Tuttavia, essendo Fabre, con la riproposizione continua della metamorfosi, un artista positivo, intento a recuperare la morte alla vita è anche colui che ci dà la speranza di una fine che non ha mai fine, perché finisce sempre e comunque, nella metamorfosi, per essere un nuovo inizio dato dall’arte come mezzo di iniziazione ad una nuova vita che passa attraverso la morte.
In questo passaggio Fabre esprime comunque la centralità del corpo che in tutta la sua opera - anche quando è studiato da morto - conduce ai risultati di un’arte viva. Nonostante ciò, quello a cui è interessato l’artista non è il corpo in quanto ossessione del nostro tempo – come forma di un’estetica fine a se stessa – bensì il corpo nelle sue manifestazioni più vitali e più vicine alla natura e che, come quest’ultima, compenetra l’etica e l’estetica. Un corpo che vive e muore e che, come l’arte, crea anche quando sembra distruggere.

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Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini

Le cose non sono quelle che sembrano

Installazione

a cura di Francesca Pasini

Orario di visita: sabato e domenica dalle 18 alle 22

Nell’ambito dei programmi espositivi 2005, nel mese di luglio verrà ufficialmente presentata anche l’installazione permanente di Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini,
già in sito dal mese di maggio.

Il “luogo” che i due artisti hanno voluto ricreare è il luogo simbolico dei giochi infantili, dell’amore romantico e del misterioso risveglio della natura e dei sensi. Prendendo spunto dai racconti “Ada o Ardore” di Vladimir Nabokov e “Angeli e insetti” di Antonia Byatt, immaginano una storia di incesto tra fratello e sorella che affiora tra la vegetazione de La Marrana. Popolano il giardino di immaginari insetti che sottolineano la metafora della sessualità, mentre la dimensione del gioco è presente attraverso i giochi di parole dello “scarabeo” e dell’esercizio enigmistico del “bersaglio”.
E’ un’installazione multipla, costituita da un tavolo di pietra attorno al quale sono posti quattro sedili, sul piano è scolpito un tavoliere da “scarabeo”, al centro del quale si intrecciano le parole INCEST/INSECT; l’occorrente per giocare è contenuto all’interno del tavolo, dove sono posizionate anche due casse acustiche che rimandano la storia scritta e interpretata dai “fratelli” Ottonella e Nicola.
Vicino sono state piantate una Budleia davidii che ha la proprietà di attirare le farfalle, animale simbolico della trasformazione, e un innesto di due tipi di alberi di prugne, che allude ad un “incesto vegetale”.

In un altro punto, un’altalena ci riporta al gioco infantile, ma sul sedile di legno è inciso un “bersaglio enigmistico” che avviluppa i loro nomi, ognuno genera l’altro:
OTTONELLA-OTTONE-RAME-RAMO-INNESTO-FRUTTA-FICO-FOGLIA-FIGLIA-SORELLA-FRATELLO-FRATE-RATE-ARTE-CARTE-GIOCO-SCARABEO-INSETTO-INTESTO-INCESTO-CESTINO-DESTINO-FATO-FANTE-FONTE-MONTE-COLLINA-COLINA-NICOLA.

Lungo le corde dell’altalena sono posizionate delle casse acustiche, una fotocellula aziona il racconto nel momento in cui una persona si dondola sull’altalena.
La percezione della storia, frammentata dai movimenti degli osservatori, trova unità attraverso la vita stessa del giardino. Le opere cresceranno e si trasformeranno come i semi gettati sul terreno, o come il polline che gli insetti veri ed immaginari depongono sui fiori.
Un modo per attirare in uno spazio aperto la volatilità dei racconti orali e per costruire punti di osservazione, nei quali narrare, ascoltare e vedere si fondono in un innesto che germina con le stagioni. Ma anche un modo per affrontare il tema nevralgico dell’incesto, mettendo in primo piano il mistero “naturale” dell’amore fraterno, più che il tabù inaccettabile.

Ufficio stampa: uessearte tel. 031.269393 fax 031.267265 e-mail: info@uessearte.it

Immagine: Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini

Casa Bolongaro
LA MARRANA arteambientale
Montemarcello, località Marrana – 19030 Ameglia (La Spezia)

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Marina Abramovic
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