Galleria Cristiani
Torino
Via M. Vittoria 41
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Piero Gilardi
dal 13/12/2000 al 13/1/2001
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Segnalato da

Mirto Lupo



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Piero Gilardi



 
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13/12/2000

Piero Gilardi

Galleria Cristiani, Torino

Dopo aver esplorato le possibilità espressive degli spazi della Realtà Virtuale, ora Gilardi realizza delle opere che indagano in modo più profondo il vissuto individuale, nei suoi aspetti relazionali ed affettivi, pur sempre nel contesto dei rapporto arte-vita che rappresenta l'elemento fondante della sua attività artistica.


comunicato stampa

Dopo aver esplorato le possibilità espressive degli spazi della Realtà Virtuale, ora Gilardi realizza delle opere che indagano in modo più profondo il vissuto individuale, nei suoi aspetti relazionali ed affettivi, pur sempre nel contesto dei rapporto arte-vita che rappresenta l'elemento fondante della sua attività artistica.

"Not for sale"
I testi miracolosamente raccolti in questo libro sono un elemento essenziale, quasi indispensabile, per la comprensione del lavoro di Piero Gilardi e, più in generale, del suo rapporto perennemente dialogante con le culture del suo tempo. Dato che la storia dell'arte riscopre oggi con stupefazione il lavoro incredibilmente ampio di questo artista italiano, nato nell'agosto del 1942 a Torino - ove tuttora risiede - i suoi scritti, che punteggiano e articolano tutta una vita conformata a periplo, chiariscono efficacemente le scelte operate costantemente lungo un percorso in cui la decisione di rifuggire le certezze e le sicurezze gli ha fatto sempre da timone.

Gilardi è stato in qualche modo un cancelliere che ha registrato la propria storia; la scrittura resta, nell'excursus del suo impegno, la sola forma d'espressione che non ha mai rimesso in questione, mentre tutte le altre forme si sono per lui trovate, in un momento o nell'altro, messe in crisi da una ricerca esigente di sincerità e di rinnovamento coerente alle trasformazioni del suo pensiero. Dato che dopo il 1964 i suoi "tappeti-natura" (la cui odierna riscoperta lo colloca indiscutibilmente tra i grandi inventori formali) conobbero un certo successo, lui si allontanò con leggerezza dal regno degli oggetti nel 1967 perché ebbe molto precocemente il presentimento della dominazione sconsiderata che essi avrebbero esercitato sull'avvenire sia dell'arte che delle relazioni umane.

Sono precisamente le relazioni umane che egli sceglierà di esplorare da quel momento in poi, abbandonando ogni produzione oggettuale per dedicarsi alla trasformazione della propria persona e ad una funzione di interfaccia ante litteram tra i nuovi artisti americani ed europei che andavano aprendo delle brecce nelle certezze del sistema dell'arte.

Solo oggi la Storia gli rende giustizia a proposito del ruolo determinante che egli giocò nella costruzione di una nuova visione dell'arte alla fine degli anni sessanta, visione che egli mise a disposizione degli altri senza riserve.

Il concetto di arte "microemotiva" ch'egli forgiò allora, verteva anzitutto sulla partecipazione del pubblico e sulla gestione delle relazioni e oggi questo concetto può essere riconnesso storicamente a quelle "estetiche relazionali" che caratterizzano le pratiche artistiche contemporanee.

Pochi artisti sono stati mossi come Gilardi dalla convinzione assoluta che l'arte poteva cambiare la vita; che l'arte doveva cambiare la vita. Il suo orizzonte è sempre stato nel medesimo tempo estetico ed esistenziale, intendendo come prioritario quest'ultimo termine. L'effetto concreto di questa convinzione è stata una rottura prolungata con il "mondo dell'arte" tradizionale, per operare invece nel sociale, ad esempio con gruppi degli ateliers negli ospedali psichiatrici e con tribù indios, come testimoniano nel libro la narrazione delle esperienze di animazione vissute nella riserva Mohawk di Akwesasne (1983) o nel barrio S. Judas di Managua (1982).

Negli anni '80 il suo rapporto con Torino gli dischiuse il volto di una città in piena deindustrializzazione, nella quale la FIAT aveva licenziato più di 20000 persone in conseguenza dell'automazione del ciclo produttivo. Questo processo di ristrutturazione del lavoro è stata vissuta da Gilardi come una vera e propria amputazione del corpo sociale e umano.

Come gli altri artisti del collettivo con il quale lavorava, lui non si perdonerà mai di aver "messo i piedi nelle nuove tecnologie" troppo tardi rispetto alla loro espansione deflagrante nella società di quel periodo, oppressa dagli sconvolgimenti già attuati di fatto nella vita delle persone.
Da quel momento in poi il computer diventerà per lui l'avversario e insieme il compagno, l'interlocutore da addomesticare, carpendone il linguaggio virtuale per distillarne delle emozioni.

Il progetto della megascultura Ixiana, lunga trenta metri, si presenterà come il corpo simbolico di una bambina: un giardino in cui il visitatore camminerà alla ricerca dei suoi cinque sensi perturbati dall'informatica.

Il testo relativo a questo progetto, pubblicato nel libro, sottolinea questa tappa concettuale dopo la quale il lavoro di Gilardi integrerà l'opposizione dialettica tra naturale/artificiale, che albergava nei suoi "tappeti-natura", con la coppia virtuale /reale che ne costituisce l'aggiornamento alla contemporaneità.

La volontà di appropriarsi della tecnologia allo scopo di sviluppare una conoscenza profonda dei meccanismi umani (i sensi, le relazioni interumane, la soggettività) rimane oggi il suo obbiettivo prioritario e la raccolta dei suoi scritti ne spiega in parte l'origine: redistribuire le risorse della tecnologia, a scapito del loro utilizzo militare distruttivo e a favore invece della vita e dei bisogni umani; ecco schematizzato il programma che fonda l'agire di Gilardi. La semplicità e nel contempo l'enormità di questo progetto non è dissimile dalla ammirazione infinita che anima oggi la percezione della vita come opera d'arte; una vita che la scrittura registra e trasforma in duttile programma informatico sullo schermo del computer.
(Eric Troncy)

Inaugurazione - giovedi' 14 dicembre - dalle ore 18.30

Galleria Cristiani - Via Maria Vittoria, 41 - Torino

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