Circolo Culturale Bertot Brecht
Epifanie anatomiche. Sono frammenti, pezzi di corpi quelli che l'artista fotografa con occhio lillipuziano, impietoso e romantico. Il corpo e' dunque ridotto alla sua verita' di base: una superficie di cellule che il bianco e nero della fotografia mostra assopite e che affratella a immagini silenti e inanimate.
Epifanie anatomiche
A cura di Lorenzo Argentino
Sono frammenti, pezzi di corpi quelli che Samuela Segato fotografa con occhio
lillipuziano, impietoso e romantico insieme. Impietoso perché niente più concede al
corpo inteso come organismo eroico ed epico, funzionale o anche solo estetico.
Privato di qualsiasi valenza, sia biologica che sociale, snaturato da uno zoom che
scava e distorce, il corpo è qui ridotto alla sua verità di base: una superficie di
cellule che il bianco e nero della fotografia mostra assopite e che affratella a
immagini silenti e inanimate: la curva di un'anca ha la rotondità smussata di un
ciottolo di fiume levigato dall'acqua, la pelle ha la spugnosità arsa del suolo, la
più piccola cicatrice la profondità di un baratro. L'evidenza, verrebbe da dire
brutale, del particolare colloca lo sguardo in medias res, quasi obbligando a
completare la visione, a ridurre la deformazione, a ricondurre pieghe, rughe, pori e
villosità entro epifanie anatomiche.
E proprio qui sta il romanticismo. LÃ dove la consapevolezza, il rivelarsi del
soggetto può magari infastidire, o morbosamente incuriosire lo spettatore più
superficiale e disattento (soprattutto per quel che riguarda gli scatti dedicati
alle ossa, violenti nel mostrare il bulicare di sangue e cartilagine, per niente
nascosto dall'enunciato senza appelli della stampa a colori), ecco che si intravede
in filigrana la poetica dell'autrice: la qualità delle cose è insita nel più piccolo
dettaglio, ed è l'insieme dei particolari a formare il tutto. Pensiero che possiamo
applicare a tutto ciò che ci circonda: a ogni fibra del nostro essere così come alla
più piccola scheggia del legno con cui è costruito il tavolo dove poggia il computer
con cui sto scrivendo, fino ai cavi lungo i quali scorrono gli impulsi che
trasformano i battiti su una tastiera in parole e frasi, e così a scivolare in un
viaggio immaginale fin dentro microscopici brusii.
Certo, non è un pensiero inedito. Ma forse è il caso di smetterla di chiedere (di
pretendere) dall'arte sempre e solo qualcosa di nuovo. Per quello ci sono (al
limite) stilisti, pubblicitari, maghi del marketing. L'arte deve riuscire far vedere
con occhi diversi. Ed emozionare, e magari infastidire. E non è impresa da poco.
Cinzia Bollino Bossi
Inaugurazione lunedì 24 ottobre 2005 ore 19,00
Circolo Bertolt Brecht - Spazio 1 / San Giuseppe
Piazza San Giuseppe 10 - Milano
Orari: lunedì, mercoledì, venerdì dalle 18 alle 20 e su appuntamento