Fabbrica Eos
Milano
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La Fotografia Dentro
dal 26/10/2005 al 27/11/2005
02 6596532

Segnalato da

Alessia Locatelli




 
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26/10/2005

La Fotografia Dentro

Fabbrica Eos, Milano

Fiammetta Miraglia, Alessia De Montis, Ninni Pepe. I tre artisti hanno attuato un processo di straniamento-visione del se', collocandosi sotto nuove prospettive e rendendosi trasparenti, al fine di penetrare l'essenza stessa del loro essere.


comunicato stampa

Fiammetta Miraglia, Alessia De Montis, Ninni Pepe

a cura di Denis Curti e Alessia Locatelli

Riprodursi all’interno di un progetto presidiato dal disagio e dalle idiosincrasie, vuol dire accogliere anche involontariamente i requisiti di un’emozione universale: l’inquietudine. A introdurre questi lavori emerge un soggetto possibile, inevitabilmente autoreferenziale.

Per Sartre “bisogna che io mi perda nel mondo perché il mondo esista e io possa trascenderlo e il mio corpo è ovunque nel mondo”… il mio corpo sarebbe insieme coestensivo al mondo esteso attraverso tutte le cose…

C’è un doppio intorno all’ego, e per arginarlo in una cornice, per tradurlo in una versione planimetrica per penetrarlo e per una volta toccarlo, devo alterarmi. Devo cercare l’angolo giusto da cui proiettarmi, da cui inclinarmi. Distogliersi diventa come distorcersi.

Ruotare l’immagine del corpo, afferrarne un frammento, rifletterne il moto... inevitabilmente disegnerai una geografia nuova, la geografia che disintegra la forma, la forma della “forma umana”.

Roger Callois sostiene che il dramma dell’essere vivente è divenire consapevoli che il proprio organismo non è più l’origine delle proprie coordinate . Allora bisogna trovare un appiglio, un po’ come gli alluci dei nostri avi più remoti. Ma per non sentirsi semplicemente fissi come pixel in uno salvaschermo, per cercare una via di uscita dal caleidoscopio in cui lo spazio e il tempo si infrangono e ci rendono punti inermi con una cute mimetica, bisogna spogliarsi. L’appercezione del mondo si farà più aderente, assimilata per osmosi. E quel cedimento psicotico al richiamo dello spazio fisico, verrà recuperato, fosse anche solo per un attimo. Come per dare una sbirciata, ci si riscatta con un atto performativo e di rinuncia al riflesso narcisistico. Tutto questo per rilevare gli estremi di un labirinto...

Se l’animo ha i suoi anfratti misteriosi, l’orientamento che ci pone nei confronti del resto e che dal resto ci sottrae per darci un luogo e un tempo, è enigmaticamente fisico. Tutte le probabilità, possibilità e necessità traggono forse la propria cifra da quello che non sono. Allora io sarei un nulla in mezzo a queste forze... potrei esserne spinto o pilotarne un refolo? Così, per recuperare provvisoriamente la prua che l’evoluzione mi ha carpito elevandomi su due zampe.

Per uscire dalla contraddizione sartriana per cui non posso essere oggetto a partire dall’altro, dato che il suo sguardo è per me imperscrutabile e lo subisco; e dato che non posso basarmi sull’idea che i miei sensi percepiscono, dato che io sono simultaneamente anche quello che loro registrano, allora parto da una soggettività più restrittiva e da uno studio. Io sono quello che non vedo, quello che non sento e che immagino di essere. Il mio corpo è un campo che si espande o si ritira sotto quello spiffero, sotto quello sguardo che investiga la simultaneità ineffabile di azione e passione di presenza e assenza.

Per Sartre è il fatto di esistere che rende possibile il mondo e quindi quella identità che io sono, quel cogito che mi realizza. Ma mimetizzandomi nell’ambiente che mi circonda e così dilatandomi, mi disintegro... se invece divento l’ostacolo, se mi frappongo tra il mio occhio che nullifica “me-stesso” e il resto in cui “me-stesso” perderebbe l’io, incalzando la mia ombra, posso attraversare per un istante la mia essenza...

I tre autori presentati hanno attuato quel processo di straniamento-visione del se’ collocandosi sotto nuove prospettive (vertici di visione), oltrepassando loro stessi l’opacità che si frappone tra l’io – condizionato nella visione sartriana dallo sguardo imperscrutabile dell’altro - e quella parte di essi che resta oscura, rendendosi trasparenti, al fine di penetrare l’essenza stessa del loro essere.

Fiammetta Miraglia

Nasce e lavora a Milano.
Dopo gli studi in filosofia, si approccia alla fotografia su temi quali il fotogiornalismo di spettacolo ed eventi culturali (come il Festival del cinema di Venezia). Successivamente con la maturità e l¹acquisizione del mezzo fotografico, inizia ad impressionare giardini legati a personaggi conosciuti a citazioni letterarie o cinematografiche (ad esempio,'Il giardino Indiano'in Gran Bretagna; cui fece seguito l'esposizione dal titolo: 'Altri Giardini...' nel 1992 presso lo spazio espositivo Agorà di Torino).

Nel 2002 partecipa a seminari sul paesaggio e tiene presso il Politecnico di Milano corsi di 'tecnica della fotografia'. Accanto ad una folta produzione di B/N, il colore diviene strumento per avvicinarsi alle fotografie di fiori, catturandone le forme e le molteplici rese coloristiche. La sua attenzine si posa per coglierne la complessita¹ fisica. Il fiore diviene soggetto da conoscere, da guardare (non da 'vedere'). Dai primi scatti di mazzi floreali, l¹autrice passa alla fotografia sistematica dei soggetti eletti: razionalizzando lentamente quel processo cognitivo che prima affiorava in lei istintivamente, quando reagiva ad un impulso, alla necessita' di catturare i fiori ogni qual volta il suo sguardo si posava su essi e riaffioravano nella testa con nuove prospettive, impressionando cosi' su pellicola la sua scoperta e ampliandola progressivamente con l'aggiunta di particolari come, ad esempio, un vaso.

A poco a poco, Fiammetta sceglie fiori singoli in una svolta verso l'essenzialita', che al meglio espliciti la sua idea di catturare nel fiore la forma, alla ricerca dell'energia contenuta in questi antichi elementi della natura. Nei suoi scatti impressiona i fiori nella metamorfosi verso il decadimento. Essi assumono connotati differenti: nel loro processo di appassimento diventano altro, non e' piu' l'equazione fiore fresco=bellezza, bensi¹ una restituzione del valore estetico a soggetti comunemente considerati da eliminare allo sguardo, da gettare perche¹ giunti alla fine del loro ciclo vitale. La restituzione di una qualita¹ estetica sta a sottolineare per l'autrice la necessita' di una visione altra, che sappia restituire la bellezza - nelle forme e nei colori - ad un soggetto per il senso comune considerato inutile e finito, nel proponimento di una riflessione sull'intervento del tempo sulle cose e sulla necessita' di comprendere quanto il suo scorrere ci riveli nuove e bellissime evoluzioni, che possono divenire metafora per un aiuto nel percorso degli essere umani stessi.

Alessia De Montis

Livornese, ventotto anni, 5 anni di carriera artistico-professionale nel mondo della musica, del cinema, della pubblicità e del design come art director, fotografa, autrice e regista di video d'arte e video musicali. Dal 2000 al 2005 realizza le foto di scena per i videoclip musicali diretti dal regista Stefano Salvati; ha lavorato con Zucchero, Biagio Antonacci e collabora per i dodici videoclip dell'album "Buoni o Cattivi' di Vasco Rossi ha realizzato le foto di scena e artistiche per il progetto cinematografico diretto da Stefano Salvati 'E'solo un rock'roll show' di Vasco Rossi, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia ha ideato e curato il concept grafico dell'intero dvd.

Ha esposto le sue opere fotografiche sul Vietnam; seguono personali di opere fotografiche, video e collaborazioni con regie. Ha ideato e realizzato campagne pubblicitarie. Ha partecipato a 'Corpore' mostra in collaborazione con la grande mostra sul nudo alla GAM di Bologna; alla Fiera d'arte contemporanea a Forli ha conseguito un premio come migliore opera fotografica; importante Collettiva internazionale d'arte presso le Gallerie di Palazzo Ducale di Pavullo "dinamiche del volto"; presentazione video d¹arte ³Frammenti di un¹odissea contemporanea² presso lo spazio teatro di Viabizzuno personale di opere fotografiche e video, presentato in parte nel 2005 presso Design Plaza - Chiostri dell¹Umanitaria - Milano. 'Alveare' e' il titolo del lavoro in mostra presso la Fabbrica Eos, il quale e' una tappa di un progetto di piu' ampio respiro - l'autrice lo considera come un work in progress da 5 anni- dal titolo 'Odissea Contemporanea' (sottotitolo '...Come Il Sole'), il cui passaggio piu' recente e' rappresentato dalla scrittura e direzione del video d'arte per il brano 'Da sola con te' di Vasco Rossi.

Come il sole nasce dagli incontri della De Montis con l'universo femminile, con l'apetto magico dell'essere donna. Le protagoniste dei suoi lavori sono immaginate come streghe. Ma, lontani dall¹accezione cristiano-medievale del termine, esse sono donne capaci di tessere nuovamente quel legame armonico in accordo con la Natura - dal forte potenziale energetico e dalla carica sensuale - che permette di rivivere quel concetto di equilibrio e bellezza, cui solo le donne possono essere portatrici. Alveare e¹ un¹installazione in legno di rovere in 120 pezzi, in cui unita¹ modulari di 20x20 sono sormontate da stampe fotografiche. L¹autrice crea un riferimento all¹idea di costruzione architettonica. Le cellette piramidali-tronche che costituiscono la struttura dell¹alveare, sono forme solide che obbligano ad un approcio sacrale e rispettoso, luoghi da guardare affacciandosi alla soglia, costruzioni di realta¹ formate e in formazione contenenti vita.

L'ape regina, inoltre, diviene la trasposizione della figura femminile-strega, cui Alessia fa riferimento nelle precedenti tappe di Odissea Contemporanea; anche lei abbisogna di sole e di fiori per il suo nutrimento, anche lei intesse questo primordiale legame con la Natura, anche nella sua essenza ritroviamo il lato guerriero della donna. L'aspetto embrionale delle celle-contenitori del lavoro, porta ad una doppia considerazione sul concetto di inteririota¹-calore-donna, che su quello di soglia su cui sporgersi con curiosita¹ e attenzione reverenziale, per poter abitare con il proprio sguardo questi microcosmi. Alveare per Alessia e' una tappa nella sua navigazione che, con altri lavori successivi, sia la 'scusa' per ulteriori vagabondaggi creativi prima di ragguingere Itaca.

Ninni Pepe

Francesco Ninni Pepe, vive e lavora a Fasano di Brindisi, nato nel 1956, attualmente insegna materie tecnico/aziendali in un Istituto Professionale Alberghiero. Fotografa dal 1978, socio nei primi '80 di Spazio Immagine a Bari, al cui interno partecipa a mostre collettive. Negli anni novanta frequenta workshops con diversi autori: Gabriele Basilico, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna, Giovanni Tavano, Cuchie White.

L'avvento del digitale gli da' nuovi stimoli: nel maggio 2001 organizza una mostra presso la propria scuola con una serie di ritratti fatti ai ragazzi ed ai colleghi, 'A lungo ricordo', quindi partecipa a Fotografia in Puglia, invitato alla collettiva ³una foto per Alberobello'. Nel 2003 invitato a Bari Fotografia, nella collettiva 'Corpo a corpo'.

Sempre ne 2003, all'interno di fotografia in Puglia, segnalato fra i primi tre nella visione dei portfolio. Nel 2004 invitato ad Alberobello Fotografia con la serie 'Verde sangue'. Il lavoro presentato in mostra dal titolo: The men of family, 2002 E' una meditazione dell'autore sul valore sociale della foto di gruppo.Come lui stesso ci racconta: Si partecipa ad una foto di gruppo se si appartiene ad un gruppo. In maniera occasionale (una classe scolastica, un team sportivo, un viaggio organizzato, una occasione sociale) oppure continuativa (la famiglia di origine, la propria famiglia, la famiglia allargata).

Dinanzi all'obiettivo fotografico il gruppo si compatta, ed il singolo rinuncia, momentaneamente, allo spazio che in ogni occasione mette sempre fra sé e gli altri. Addirittura, sempre a beneficio della fotocamera, arriva a toccare gente che non avrebbe mai sfiorato. Le braccia cingono la vita del vicino di destra, oppure si poggiano sulle spalle dell'altro a sinistra. Udito il rassicurante suono dell'otturatore, ognuno torna padrone del proprio spazio invalicabile, e solo l'immagine resterà a testimoniare quell'insolita, imbarazzante situazione.

Ma anche un altro meccanismo scatta, insieme alla foto di gruppo: inevitabilmente ci si sente in concorrenza con gli altri partecipanti, e le solite preoccupazioni (verrò male come al solito, avrò la solita espressione stupida, non riesco a venire come vorrei) vengono amplificate dall'inevitabile confronto con i compagni di sventura. Tra le foto di gruppo, quelle di famiglia, hanno caratteristiche particolari. Di ripetersi nel tempo, di offrire ripetute occasioni per fissare momenti diversi. Ed il passare del tempo non è ininfluente. Mutano i lineamenti, la costituzione, la postura delle persone, ma cambiano anche le presenze, che fisiologicamente tendono prima ad aumentare, e poi a diminuire. Le foto di gruppi di famiglia sono più la registrazione di assenze che di presenze, di Œse' e di Œma', di lotterie della vita. In questa serie ho voluto, grazie ad una particolare tecnica, ritrarre 'the men of family' nel proprio ambiente domestico, nell'ambiente della casa dedicato all'incontro, fra sé, ed anche con gli 'estranei', l'ambiente non specializzato a mansioni di vita individuale ( studio, lavoro, riposo, igiene) ma riservato all'incontro della famiglia, la stanza in cui ognuno, entrando, non si meraviglia di incontrare gli altri componenti del proprio gruppo familiare. Ambienti che crescono insieme alle persone, che si modificano nel tempo, come il tempo modifica le sembianze delle persone, che finiscono per assomigliare alle persone, così come le persone assomigliano a questi ambienti. Pieni di posti a sedere non occupati da nessuno.

Inaugurazione: giovedì 27 ottobre alle ore 18.30

Fabbrica Eos
Piazzale Baiamonti, 2 - Milano

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Sonja Quarone
dal 16/9/2015 al 16/10/2015

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