La prima mostra e' dedicata all'opera di Attilio Della Maria e Beppe Vargiu, settimo appuntamento di Cagliari per l'Arte in Sardegna. La mostra di Francesco Stile si compone di 25 tele la maggior parte delle quali rappresentano una serie di viaggi compiuti dall'artista in Sardegna.
Attilio Della Maria, Beppe Vargiu e Francesco Stile
dal 12 novembre all'11 dicembre 2005
Cagliari per l'arte in Sardegna - Attilio Della Maria e Beppe Vargiu
Sabato 12 novembre 2005 alle ore 18,00, presso il Centro Comunale d’Arte e Cultura Exma’ di Cagliari, sarà inaugurata la mostra dedicata all’opera di Attilio Della Maria e Beppe Vargiu, settimo appuntamento di Cagliari per l’ Arte in Sardegna, la manifestazione creata nel 1989 dall’Assessorato alla Cultura e che ha ospitato le opere di numerosi artisti isolani fra i quali Foiso Fois, Mario Delitala, Giuseppe Pettinau, Giorgio Puddu, Antonello Dessì e Marco Pili.
Attilio Della Maria è nato a Cagliari, dove vive e opera. Ha insegnato discipline pittoriche al Liceo artistico. È pittore e fotografo. Tra le sue pubblicazioni, i libri fotografici Poetto, del 1983 e Villanova: un paese in città , del 1985.
La misura di un raccontare magico e solenne è alla base della sua pittura.
La narrazione si amplifica in voce corale ogniqualvolta il quadro si articola in trittico, modulando i tempi e gli spazi dell’orizzonte figurativo. E se la tragedia è quel luogo del pensiero occidentale dove le storie e i canti diventano rappresentazione del pathos, Della Maria, di certo, dipinge opere tragiche. Risale alla condizione primigenia dell’universo, quando gli eventi naturali erano prodigi degli dei. Esseri mostruosi nascono dai fianchi di madri archetipe, donne possenti come monadi di pietra: il viso e il corpo sono compendiati in un unico blocco scultoreo, le forme monumentali e salde si stagliano su sfondi cromaticamente uniformi. I colori, saturi e quasi sempre complementari, elevano con espressione moderna l’intensità dell’antico dramma, presuppongono Van Gogh ovvero l’arte che coincide con la totalità dell’esistenza. Materia e spirito. I frammenti dell’anima sono atomi d’oro e si sprigionano dagli idoli che ne custodiscono il segreto. La catarsi rovescia il male in benedizione, l’orribile accoglie la gioia e una ninfa può, allora, danzare per Dioniso.
Gli eventi, consegnandosi al mito, si sottraggono alla storia: la classicità pagana sopravvive alla religione, ciclopi e demoni coesistono con angeli già caduti. Congiuntura di feconda barbarie e senso del sublime, i dipinti di Della Maria sono arcipelaghi di simboli che penetrano il ritmo di misteriose trasmutazioni cosmogoniche. Si compongono per metafore, capaci di mettere in relazione il talento visionario di Bosch e l’arbitrio raffinatissimo di Redon. Lasciano trapelare la nostalgia per l’immortalità terrestre. Il mare e gli alberi recano la memoria dell’armonia naturale, del mondo prima del peccato. L’eco di un sentimento panico, un segno, un simbolo appunto, ricorre in forma di spicchi di luna o piedi caprini. L’evocazione dell’umanità ancestrale è complementare alla perdita d’identità dell’uomo contemporaneo, uomo senza volto e senza parole. Della sacralità della tragedia rimangono soltanto maschere svuotate; della poesia greca soltanto i caratteri dell’alfabeto, che si mescolano a caso, significanti senza significato, immagini senza concetto.
L’uomo contemporaneo è un anonimo ovoide ritagliato nel bitume, concrezione nera solcata di fenditure. Qualche volta, però, gli capita ancora di far sogni…
Dissonanti armonie, invece, nelle opere di Beppe Vargiu.
Nato nel 1954, vive e opera a Quartucciu. Si è diplomato nel 1972 al Liceo Artistico di Cagliari ed è docente di Arte e Immagine nella scuola secondaria di primo grado. Nel 1980 è stato tra i selezionati alla Mostra Regionale di Arti visive. Insieme a Giuseppe Pettinau, Italo Medda, Attilio Della Maria e Italo Utzeri, ha fondato il “Gruppo 91â€.
Nell’opera di Beppe Vargiu, liscio e ruvido si alternano, irregolari, su strati di materia prima accumulata e poi abrasa e infine squarciata, con tagli che si sollevano ai bordi come cicatrici. Sono ferite della memoria – così le definisce l’artista – buchi tamponati con la stoffa e rappezzati da stracci medicamentosi che erano indumenti personali, magliette, camicie, qualcosa comunque portata molto vicino alla pelle. Tessuto steso come un sudario, a nascondere i colpi di coltello ma anche ad evidenziare forme che si dispongono nel loro insieme in un impianto architettonico. Meditata, e in equilibrio costante tra ragione ed emozione, la pittura di Beppe Vargiu costruisce paesaggi fisici che si potrebbero millimetrare. Tracce di sabbie, di stagni, di erbe. Residui di case, di strade, di ponti. Bruni di terre e muschi, biancore di acque, fioche luminescenze. E voragini minime quanto profonde, che interrompono le distese linee delle campiture, e le loro curve, in gorghi che si aprono come fiori velenosi, in piccoli crateri da cui si dipartono rigagnoli fangosi e tracce tormentate. C’è sempre un nucleo al centro esatto di queste scalfitture slabbrate, un crepitio a pulsare sui quadri e a misurarne il respiro. Le vaste stesure di colori pastello – pallidi gialli, celesti chiarissimi, certi rosa sfumati – lasciano il posto improvvisamente ad uno scurirsi di tinte che accompagna l’aggrumarsi della terra incrostata, terra di giardino, raccolta con le mani e mescolata al vinavil e all’olio di lino. Dalle fitte concrezioni, e solo da lì, sale un lucore, una sorta d’alone che s’irradia dall’interno in un calore di braci. Luce endogena che si diffonde dal cuore dei minuscoli atolli corrugati come dai loro margini e subito si spegne, fuori da quel circolare perimetro breve. C’è una conclusa visione, un compiuto percorso, in ognuno dei dipinti di Beppe Vargiu. L’urgenza del segno, il pressare di ineludibili presenze sono trattenuti sui pannelli di legno e riordinati sul filo della logica. Inducendo chi guarda a scavare sotto il diaframma dei delicati passaggi cromatici, ad addentrarsi nei corrugati percorsi di planimetrie verticali sospese tra peso e levità .
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dal 12 novembre al 6 dicembre 2005
Perlarte presenta:
Passaggio in Sardegna - Mostra di Francesco Stile
La mostra di Francesco Stile, che giunge per la prima volta in Sardegna e che sarà inaugurata sabato 12 novembre (ore 18) nel Centro Comunale d’Arte e Cultura Exma’, a Cagliari, si compone di 25 tele la maggior parte delle quali sono rappresentanti di una serie di viaggi compiuti dall’artista in Sardegna.
Per Stile si può coniare il termine “iperrealismo secondo naturaâ€, per ciò che rappresenta, ma soprattutto per lo straordinario stile pittorico, che fa dell’ artista un interprete che sa unire la tradizione della scuola napoletana, quella dei vedutisti e ritrattisti, all’innovazione tematica del neoiperrealismo.
Le tele di Stile emanano calore, quel calore tipico della tradizione napoletana. L’armonia delle masse e la plasticità degli oggetti rappresentati sono esaltati dalle tonalità , che pur nella loro originale cromatica freddezza, trasposte nelle tele di Stile, assumono calore. Così anche il verde scuro della buccia dell’anguria di Arborea, il verde delle foglie dei limoni, e lo stesso granito rosa della Gallura, trasfondono calore. Colpisce la straordinaria minuzia e cura del particolare; è come se il colore, una volta poggiatosi sulla tela, prendesse forma e spessore. Le tele esposte all’Exma’ sono un compendio di vita vissuta; il tutto attraverso una serie di viaggi compiuti da Stile in Sardegna; qui l’artista coglie in alcune opere le varie sfaccettature della cultura, quindi della quotidianità , del popolo sardo. La mostra è una sorta di elogio alla memoria (delle tradizioni e della cultura) unita ad un forte richiamo alla contemporaneità (il cellulare a fianco delle castagne in Ricordo di Aritzo – Il cellulare di Tiziana). La mostra sarà arricchita da una serie di immagini che ritraggono il maestro Stile nella preparazione della tela e nell’esecuzione di un dipinto; il tutto per risaltare il lavoro autentico di un iperrealista, che lavora senza trucchi.
Francesco Stile nasce a Napoli nel 1965. La sua è una provenienza da un stirpe di pittori. La madre, e soprattutto il nonno erano pittori vedutisti napoletani. All’età di tredici anni inizia a frequentare una antica bottega d’arte, esattamente nell’atelier del ritrattista Carlo Roberto La Volpe fino alla fine degli anni novanta. Dopo questa esperienza decide di aprire un proprio studio per dedicarsi ai Falsi d’Autore prediligendo il ‘600 Caravaggesco. Nel 1997 nota sulla rivista Art le opere iperrealiste del pittore Luciano Ventrone. E’ l’inizio di un nuovo orientamento artistico, che esprime a tutt’oggi con nature morte fotorealistiche, realizzate ad olio. Il suo percorso denota un’attività in continua e costante ricerca, che esprime attraverso il reale anche con frammenti di vita quotidiana.
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Immagine: Francesco Stile, Cesto di limoni
Ufficio stampa Consorzio Camù
c/o Centro Comunale d’Arte e Cultura Exma’
Giuseppe Murru Stefania Cotza, Giacomo Pisano
Inaugurazione e presentazione alla stampa: Sabato 12 novembre, ore 18.00
Centro Comunale d'Arte e Cultura Exma'
Via San Lucifero 71 - Cagliari
mail: exma@camuweb.it
Orario: tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20; chiuso il lunedì