Alle ore 18.00 presentazione del libro Architettura moderna nelle Alpi italiane. Dal 1900 alla fine degli anni Cinquanta di Luciano Bolzoni, Priuli e Verlucca editori. Sara' presente l'autore. In contemporanea la mostra: Yul Brynner, fotografo.
Alle ore 18.00 presentazione del libro Architettura moderna nelle Alpi italiane. Dal 1900 alla fine degli anni Cinquanta di Luciano Bolzoni, Priuli e Verlucca editori. Sarà presente l'autore
In corso fino al 13 febbraio: Yul Brynner, fotografo
Avevo ventidue anni quando mio padre morì nel 1985. La sua morte fu il primo dramma della mia vita. Da che mi ricordassi, lui era stato il mio protettore e il mio eroe, e un eroe non muore mai. All'epoca, nulla di quanto avesse potuto lasciarmi sarebbe mai stato in grado di attenuare il dolore che la sua perdita mi causò.
Col passare degli anni, pensavo a lui e iniziavo ad analizzare il nostro rapporto e quanto mi aveva trasmesso. Più riflettevo e più mi rendevo conto che alla base della mia personalità vi era un senso visivo molto forte. Un senso visivo che si esprimeva innanzitutto nella mia vita professionale in quanto fotografa, poi in quanto editrice e, più recentemente, in quanto produttrice fotografica. Lo sviluppo di questo linguaggio emotivo e creativo è stato progressivo, e adesso mi rendo conto che i miei ricordi d'infanzia più forti sono stati notevolmente segnati dalla fotografia di mio padre.
Mio padre condivideva il suo interesse per la fotografia con mia madre e gli amici più stretti, Ernst Haas, Inge Morath e John Bryson, fotografi che frequentavano abitualmente casa nostra e che seguivano mio padre durante la lavorazione dei suoi film. Con gli anni, mia madre mise insieme una serie di album di fotografie magnifiche che avevano scattato.
Da bambina, uno dei miei passatempi preferiti era prendere questi grandi album di pelle nera e sfogliarli in continuazione. Guardando con tale continuità quei bellissimi "album di famiglia" ricevevo un'educazione visiva inestimabile. All'età di quindici anni, dichiarai il mio interesse per la fotografia e mio padre mi regalò la mia prima macchina fotografica. Nonostante i miei genitori si fossero separati quando avevo sei anni, la fotografia diventò una sorta di legame visivo in grado di avvicinarmi ad entrambi.
Quando ero più grande, io e mio padre rimanevano seduti per ore a parlare di fotografia e a guardare delle meravigliose negative dei nostri "maestri" preferiti, Kertesz e Cartier-Bresson. In quei momenti scorrevamo anche le nostre ultime foto. Le sue riflessioni erano giustissime. Apprezzando la sua opinione, mi faceva piacere sapere che, ovunque andasse, portava con sé una fotografia scattata da me che ritraeva la strada che portava verso la sua casa in Normandia.
Siccome la nostra passione comune per la fotografia era diventata la base della nostra relazione adulta, dopo la sua morte, cominciai ad interessarmi a ciò che erano divenute le sue fotografie. Per me erano come un tesoro; nessun altro all'interno della famiglia riversava su di esse un interesse particolare. Avendo intrapreso la ricerca di quell'eredità visiva, partii per la Normandia e mi arrampicai verso la soffitta della sua ultima casa. Sebbene mio padre fosse stato un uomo estremamente meticoloso, non ero preparata a ciò che trovai lassù: pile di scatole perfettamente ordinate di negativi, stampe e diapositive - tutto organizzato con molto metodo. Mi colpì subito il volume della sua cronaca fotografica del film di Cecil B. DeMille, I dieci comandamenti. Le diapositive di quella realizzazione riempivano svariate scatole di metallo e ciascuna conteneva un'annotazione che identificava la scena del film alla quale si riferivano le fotografie. Il centro dell'interesse di mio padre era molto ampio - i suoi scatti non riguardavano unicamente gli attori o il regista, ma anche il team, i costumi e i trovarobe.
Su molte diapositive in alto figurava il suo timbro: Fotografo: Yul Brynner.
Per svariati giorni rimasi seduta in quella soffitta, esplorando quello che era diventato il mio tesoro e ripartii con un grande baule. In seguito, riguardando quelle fotografie per la seconda volta, mi resi conto che, quando mi veniva chiesto chi fosse mio padre, potevo rispondere: Yul Brynner: fotografo.
Prima di diventare un attore, mio padre si era esibito in un circo, aveva suonato la chitarra e aveva cantato in locali russi a Parigi, aveva fatto lo speaker radiofonico e, come pochi sapranno, aveva realizzato dei programmi per la televisione. Pare che quelli furono tra gli anni più attivi della sua vita professionale. Era particolarmente attratto dalla regia perché, secondo lui, si trattava di un lavoro che interessava la creatività in ogni sua sfaccettatura e che andava oltre il fatto di recitare la commedia. Dopo essere diventato un attore di successo, non di rado nelle interviste aveva espresso il desiderio di diventare un regista. Tuttavia, il successo, inatteso e quasi schiacciante de Il re ed io, la produzione di Broadway, gli impedì di voltare le spalle a quel mestiere.
Quasi istintivamente, tuttavia, iniziò a comporre una storia fatta di immagini della sua vita e di quella del suo entourage, portandosi dietro la macchina fotografica ovunque andasse. Non tenne mai un diario - tale ruolo lo assolveva la sua macchina fotografica. Attraverso la raccolta di immagini che ha lasciato, sono riuscita a "leggere" una sorta di autobiografia. Queste fotografie mi hanno aiutato a scoprire dei lati di mio padre che precedentemente ignoravo.
Era un uomo curioso verso tutti. Con la sua macchina fotografica in mano cercava la verità in ognuno - sapeva ascoltare e osservare con il cuore. I suoi ritratti sono pieni d'amore e di un vero senso di intimità . A più riprese le persone che aveva fotografato mi hanno detto di quanto credevano in lui e di come si sentivano a proprio agio quando lui le fotografava. Con una macchina fotografica in mano non era più l'oggetto dell'attenzione ma l'osservatore. Non era più isolato dalla celebrità . Le sue fotografie esprimevano un senso innato della bellezza fisica e della bellezza morale. Nonostante le numerose occasioni in cui avrebbe potuto pubblicarle - ne parlava spesso - non fece mai questo passo.
Mentre riunivo e organizzavo il lavoro di mio padre per questo libro, ho mostrato queste fotografie a numerosi amici e colleghi, ma anche ai membri della mia famiglia. Ne abbiamo parlato a lungo. Nel corso di queste conversazioni, mi ha colpito il numero di persone che rispettavano e amavano mio padre. Tutti parlavano non solo del suo talento e del suo eclettismo, ma anche della sua generosità di spirito e dell'integrità che ha caratterizzato tanto la sua vita quanto la sua morte.
Mia sorella Melody dice che mio padre mi ha lasciato i suoi occhi scuri. Lavorando a questo libro mi sono accorta che mi ha anche lasciato ciò che ho di più prezioso: la sua visione. Circondata dalle sue fotografie, ho avvertito una sensazione di completamento e di compimento del nostro rapporto padre-figlia, a me prima sconosciuta. Al termine di questo viaggio così personale e così intimo, sono felice di offrire il mio tesoro perché mio padre apparteneva a voi come a me. Spero che ciascuno di voi scoprirà qualcosa che potrà sorprendervi, divertirvi, incuriosirvi e, più di ogni altra cosa, toccare un angolino del vostro cuore. E' l'eredità di mio padre e un omaggio duraturo ai principi fondamentali della sua vita. Condivideteli con me.
Victoria Brynner
Il libro "Yul Brynner: photographer", edizioni Harry N. Abrams, accompagna la mostra
Fnac - via Torino ang. via della Palla, Milano - tel. 02 72082260 fax 02 72082261