Contemporanea
Milano
Via Lomazzo 28
02 34934209 FAX 02 34939765

Identita' perdute
dal 27/2/2000 al 7/4/2000
WEB
Segnalato da

Contemporanea




 
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27/2/2000

Identita' perdute

Contemporanea, Milano


comunicato stampa

Apertura del nuovo spazio Contemporanea con la mostra 'Il bianco e nero di Zhuang Hui e Luo Yongjin".

Nasce CONTEMPORANEA Arti e Culture

L'Associazione Culturale CONTEMPORANEA Arti e Culture, diretta da Sergio Poggianella, apre al pubblico gli spazi di Via Lomazzo 28 a Milano, il 28 febbraio 2000.

In una superficie di circa 1000 metri quadri, completamente ristrutturata, su progetto dell'architetto Mariano Pichler, si articolano sale espositive polifunzionali e multimediali, dotate di sofisticate attrezzature audio e video, una libreria, ART BOOK MILANO, specializzata in libri, cataloghi e riviste d'arte contemporanea, fotografia e design, un museum shop, uffici e depositi. Gli spazi verranno utilizzati, oltre che per esposizioni, installazioni e performances, anche per presentazioni di libri, proiezioni di video e film d'artista, spettacoli di danza, eventi teatrali e musicali, legati alle attività espositive.

CONTEMPORANEA Arti e Culture nasce dall'esigenza di creare a Milano una struttura atta a produrre eventi culturali di interesse internazionale e ad operare come tramite fra gli artisti, il pubblico, le istituzioni e le aziende private.


PROGRAMMA ESPOSITIVO DELL'ANNO 2000

UN'ALTRA CINA

Per una precisa scelta culturale, CONTEMPORANEA Arti e Culture ha deciso di dedicare ampio spazio ad artisti del mondo "non occidentale". Nel 2000, al centro dell'attività dell'Associazione ci sarà la Cina, con alcuni dei nomi più rappresentativi del panorama artistico contemporaneo.

La stagione, curata da Monica Dematté, tra le maggiori esperte di arte cinese contemporanea, avrà ufficialmente inizio il 28 febbraio con la mostra fotografica, Identità perdute: il bianco e nero di Zhuang Hui, recentemente invitato alla 48a Biennale di Venezia, accanto a quello di Luo Yongjin, in una rassegna di immagini non omologate della nuova Cina, fra i volti e gli edifici di una contemporaneità irregimentata e senza più legami con la storia.
A partire dal 27 aprile, approderanno a Milano le tele di Yang Shaobin e di Zeng Hao, protagonisti della mostra Lo spazio e la pelle, un viaggio tra la quotidianità della nuova classe media cinese e la scoperta della violenza nascosta nei rapporti interpersonali. Parallelamente alla mostra, in città verranno affissi i poster di Zhao Bandi, tentativo dell'artista di far sentire la sua voce utilizzando in maniera autonoma i linguaggi dominanti della propaganda e della pubblicità.
L'evento culminante dell'intera stagione sarà la presenza a Milano, a partire dal 5 ottobre, di Cai Guoqiang, l'artista premiato dalla Giuria Internazionale all'ultima Biennale di Venezia.
CONTEMPORANEA Arti e Culture ospiterà la sua prima personale italiana, L'Anno del Drago: una serie di installazioni, performance e happening, allargati all'intera città e concepiti ad hoc nel tentativo di creare una sinergia tra il luogo in cui l'evento si svolge e la sua storia, e quella personale dell'artista.


Il bianco e nero di Zhuang Hui e Luo Yongjin

Le fotografie di Zhuang Hui e Luo Yongjin hanno soggetti completamente diversi: mentre le opere di Luo, esposte in questa occasione, ritraggono gli edifici - in costruzione o già terminati - che hanno sostituito il tessuto urbano precedente, in molte città della Repubblica Popolare cinese, unici protagonisti degli scatti di Zhuang Hui sono le persone. Ciò nonostante o forse proprio per questo, il risultato dell'accostamento ha una grande forza espressiva ed evocativa della sensazione di "perdita" (del passato, remoto e recente, degli ideali, dell'appartenenza, dell'identità…) che si prova davanti a molte opere di artisti cinesi contemporanei.

Prima che la macchina fotografica diventasse un bene diffuso, utilizzata con noncuranza in ogni banale circostanza, le occasioni di foto di gruppo erano il risultato di una certa organizzazione e perizia tecnica. Delle stesse si serve Zhuang Hui per organizzare le sue opere, che ancora si avvalgono di una tecnica diffusa all'inizio di questo secolo, e che utilizza una macchina "panoramica" con obiettivo rotante, in grado di riprendere soggetti disposti a 180° rispetto al suo centro. L'artista si colloca a una estremità della foto, ultimo di fittissimi gruppi di persone, normalmente appartenenti a una scuola, una fabbrica, un'associazione ecc. Il suo abbigliamento, per nulla omologato, non particolarmente curato, contrasta con le uniformi del resto del gruppo, e contribuisce a ribadire la sua posizione marginale. Il suo essere contemporaneamente dentro e fuori rappresenta una metafora della condizione dell'artista contemporaneo in Cina, il quale, pur volendolo, non può sentirsi tutt'uno con i "cittadini comuni", non tanto (o non solo) per snobismo, ma perché questi ultimi sono troppo omologati per concedergli una benché minima possibilità espressiva indipendente. Condizione che, accanto a un malcelato narcisismo, è uno dei motori dell'attività artistica.
Nell'intenzione di far rientrare le "masse", fruitrici privilegiate dell'arte nei primi decenni della Repubblica Popolare e oggi totalmente escluse dall'elitario mondo dell'arte contemporanea, Zhuang Hui sceglie un mezzo che ne tenga presenti le caratteristiche e che riesca a coinvolgerle. Vi aggiunge però un surplus di significato - dato appunto dalla sua figura posta a un'estremità dell'immagine - che ne stravolge totalmente il senso. Si sovrappone cioè al fascino che ai nostri occhi esercitano le centinaia di figure impettite - un ago nel pagliaio dell'immensa popolazione cinese - e alla scritta commemorativa sul margine superiore della fotografia, inserendo una nota di inquieta ironia.

La totale assenza di esseri viventi e la disumana apparenza di abitazioni-bunker, del tutto prive di considerazioni estetiche e perfino funzionali, incombe nelle fotografie di Luo Yongjin riuscendo a suscitare nel fruitore una sensazione ambigua di angoscia e di sottile fascinazione. Accostando numerose immagini di parti di un edificio o di un isolato, Luo può contare contemporaneamente sulla nitidezza dei dettagli e sull'impatto visivo dato dalla grande dimensione. Il suo è un lavoro che mira alla fusione di spazio e di tempo, condizione alquanto difficile da raggiungere in ambito
fotografico. I singoli scatti vengono giustapposti in maniera da coincidere e ricostruire la forma originaria, ma tra l'uno e l'altro esistono spesso scarti di tempo che appaiono evidenti grazie al cambiamento di luce o al diverso stadio di compiutezza (nei lavori in corso). L'artista si reca sul posto in vari momenti, sia nello stesso giorno che a distanza di tempo, e la successione di immagini che ne deriva dà all'osservatore l'impressione di essere testimone di un processo inesorabile. Lo stesso che ogni cittadino cinese prova di fronte alla rapida distruzione e ricostruzione del paesaggio urbano. Al medesimo tempo, il risultato è comunque un'immagine unitaria: Il tempo e lo spazio si fondono in un'unica dimensione che è quella transitoria ma definitiva, passibile di cambiamenti ma anche implacabilmente incombente, degli enormi edifici che, formati da tanti frammenti, riempiono un'intera parete. Le singole inquadrature consentono di notare i dettagli più minuti ed esigono una lettura ravvicinata che colga i contrasti netti di linee e contorni, il freddo alternarsi di luce e ombra.
Le immagini di Luo Yongjin sotto un'apparenza asettica, descrittiva, maniacalmente insistente e dettagliata, sono un commento amaro e impotente alla sconsiderata azione portata avanti dal governo cinese, di totale insensibilità nei confronti non solo delle esigenze ambientali, ma anche della memoria storica di ognuno, legata in primo luogo al paesaggio.

IN ARCHIVIO [8]
Afghanistan
dal 26/11/2001 al 21/12/2001

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