Paesaggi transitori. Nelle sue foto il luogo e' attraversato e, a differenza di un luogo reale, risulta fuggevole e indistinto. Quello che conta non e' piu' dove si e' e cosa si stia facendo, ma come si ricordi e cosa si rappresenti.
Paesaggi transitori
"L'estraneita' di cio' che non sei piu' o non possiedi piu' t'aspetta al varco
nei luoghi estranei e non posseduti"
(I. Calvino)
Ciascuno di noi e', in qualche modo, la sintesi di esperienze che si
concentrano in luoghi e oggetti del nostro presente vissuto, o della
nostra memoria.
Questi luoghi e questi oggetti, se investiti della nostra attenzione
affettiva, diventano punti di riferimento, che ci rappresentano o ci
individuano ed attraverso i quali noi "siamo", e ci facciamo, partecipi
del mondo.
Luoghi e cose, pero', non si individuano solo in elementi della
stanzialita', dell'abitudine quotidiana al vivere in una citta', in un
quartiere, circondati, in casa,dalle "nostre" cose; luoghi e cose sono
anche cio' che attraversiamo e che decidiamo di trasformare in conoscenza.
Accade col viaggio: transitare vuol dire non solo "attraversare", ma
proiettare dentro di noi tutto un sistema di relazioni tra le cose viste,
o esperite, che trasformano un luogo qualsiasi in luogo della memoria,
pronto ad arricchirci, perche' eletto come luogo dell'esperienza.
Nelle foto di Antonio Tudisco il luogo diventa luogo attraversato e
capace, a differenza del luogo reale, di essere fuggevole, indistinto.
Quello che conta non e' piu' il dove si e' e il cosa si stia facendo, ma il
come si ricordi e il cosa si rappresenti. Non e' piu' importante individuare
il luogo, sottolinearne la riconoscibilita': una porzione di spazio
qualsiasi diventa un piccolo centro da cui si irradiano rievocativamente
tutti i luoghi del mondo.
Esserci e scattare ha significato dare il via ad un percorso a piu'
direzioni; esserci e fotografare ha suggerito l'urgenza di ricostruire su
carta tutto un altro mondo, che contenga tutti i mondi possibili, tutti i
luoghi dove essere presenti e ricordare sono la stessa cosa. Ogni foto
suggerisce una perdita di definizione per collegare "quel" luogo "ai"
luoghi, quel particolare a tutti i particolari in qualche modo ad esso
riconducibili.
Nelle foto qui presentate assistiamo ad uno sfaldamento della forma, o ad
una amplificazione dei segni che definiremmo di impida lettura, proprio
per suggerire un altrove, evocarlo senza mai appropriarsene del tutto. Nei
giochi di riflessi tra spazi e pareti di vetro, come nelle piazze nei
giardini completamente sfaldati da un lungo tempo d'esposizione, i
particolari sono solo punti di passaggio dello sguardo; niente si
"autoraffigura", niente e' un fine rappresentato a se': lo sguardo e
l'evocazione accarezzano questi elementi visivi in un gioco di rimbalzi
continui, come la piccola biglia sugli ostacoli mobili di un flipper. Ma
questa amplificazione dei segni non determina dispersione, inconsistenza o
banalizzazione superficiale, non lavora sui "luoghi" comuni; il rimando
all'altrove e' un continuo appello alla memoria, alla coscienza. Non c'e'
dispersione nel mondano; al contrario, tutto suggerisce la necessita' di
un "altrove" interiore. E' uno scarto importante, e' cio' che differenzia la
letteratura dalla poesia, la cronaca dal pathos. L'ampliamento dei segnali
di riconoscibilita' formale non avviene "fuori", nell'oltre da se', ma
"dentro" un mondo parallelo che si sviluppa come testimonianza di
partecipazione, non di rappresentazione.
Questi giardini, queste piccole figure in movimento, questi giochi di luce
e di timbri cromatici, questi riflessi hanno un carattere romantico, in
senso comune e in senso storico. Riflettono sul mondo in modo epiteliale,
sensibile e, contemporaneamente, in modo partecipativo, empatico.
La foto qui diventa non piu' solo testimonianza e aderenza all'esperienza e
al vissuto, ma "elogio dell'ombra" e del mai descrivibile; in questo
senso, "romantica" e volutamente "irrazionale", ferma in un punto e
contemporaneamente in continuo transito.
Come scattare ad occhi chiusi dal finestrino di un treno ed accorgersi,
con sorpresa, che quel fruscio di macchie, davvero, ricorda quei posti che
pensavamo di dimenticare per sempre.
Gianluca Lombardo
Inaugurazione venerdi', 2 dicembre ore 19.00
Galleria Carta Bianca fine arts via F. Riso, 72/b - 95128 Catania
Aperta al pubblico da lunedi' a venerdi' dalle ore 17,30 alle 20,00