Vorstadt. La ricerca dell'artista intende mettere in crisi le convenzioni della forma plastica mediante una commistione dei linguaggi artistici, tensione-coesione che negli ultimi anni e' giunta a coniugare discipline antitetiche quali fotografia e scultura.
Vorstadt
A cura di Alberto Zanchetta
La ricerca di Ulrich Egger intende mettere in crisi le convenzioni della forma
plastica mediante una commistione dei linguaggi artistici, tensione-coesione che
negli ultimi anni e' giunta a coniugare discipline antitetiche quali fotografia e
scultura.
In questa sua personale l’artista ha privilegiato opere di medio o piccolo formato
che non per questo perdono in grandeur. Su superfici fotografiche e su campiture di
nera grafite trovano posto degli innesti metallici che - rispetto al passato - non
sono piu' corrosi dalla ruggine ma edulcorati attraverso l’uso del colore; in mostra
anche numerose immagini con interventi cromatici, gestuali ed espressionistici,
segni-energie che rivendicano la tradizione culturale dell’artista. Centro
nevralgico dell’esposizione e' un vorstadt [“sobborgo"] privo di toponomastica, uno
spazio urbano dove aleggia il vuoto, l’oscurita', la solitudine e il silenzio. In
esso ritroviamo dei cantieri edili in cui l’artista coglie l’attimo propizio di ogni
palazzo (un
carpe diem ormai sfuggente nell’incessante scorrere della costruzione). Immortalando
il “non finito" si accentua l’ansia dell’attesa, quella di vedere ultimati gli
edifici, cosi' pure l’ansia del crollo, del cedimento strutturale.
Rispetto all’accumulo urbano, che si esplica nel “pieno" e nel “compatto", gli
edifici di Ulrich Egger sono dei simboli e in quanto tali si concretano nel vuoto.
Sono entita' dal carattere dimezzato, che difettano di qualcosa proprio perche' il
simbolo rimanda a qualcosa (d’altro) che lo completi.
<<In tutti questi anni - ha scritto l’artista - mi sono dedicato anima e corpo alla
scultura, intesa in un senso non canonico del termine. Il tramite adatto per dare un
effetto plastico all’opera e' la fotografia. In essa ho scoperto esattamente quegli
elementi che da sempre cercavo nella scultura: spazi, volumi, ombre che prendono
forma creando corpi e prospettive. Le strutture d’acciaio completano l’opera, la
rendono intrigante, ma non ultima e' la superficie nera, che e' per cosi' dire il terzo
elemento: il basamento. Su questo “pianterreno" aggiungo materiali che danno al
tutto il carattere di una “facciata" e ottengo la casa, la “mia" macchina abitativa.
I miei quadri materici sono costruzioni, case, palazzi nel vero senso della parola>>.
Ma poiche'
nell’architettura contemporanea il saper costruire non corrisponde piu' al saper
abitare, le macchine abitative di Egger rinnegano la presenza umana e finiscono per
diventare dei monumenti celebrativi.
Galleria de faveri a.rte
Lab 610 XL
Via Mezzaterra, 10 - Feltre
Orari: da martedi' a domenica ore 15.30 - 19.30. lunedi' chiuso