Galleria Continua
San Gimignano (SI)
via del Castello, 11
0577 943134 FAX 0577 940484
WEB
Tre mostre
dal 3/2/2006 al 17/3/2006
martedi' - sabato 14-19

Segnalato da

Silvia Pichini




 
calendario eventi  :: 




3/2/2006

Tre mostre

Galleria Continua, San Gimignano (SI)

La personale di Manuela Sedmach accoglie una serie di opere che ripercorrono parte della ricerca artistica della pittrice fino alla produzione piu' recente. Marina Fulgeri presenta un nucleo di opere fotografiche, 'No Limits', progetto costituito da una serie di fotografie in notturno. Letizia Cariello presenta un'installazione permanente presso la Rocca di Montestaffoli 'Il cielo stellato sopra di me'. Il secondo intervento dell'artista e' un'opera site specific, 'pull up the pool', in cui la piscina diventa uno spazio tanto claustrofobico quanto intimo e protettivo.


comunicato stampa

Letizia Cariello, Marina Fulgeri, Manuela Sedmach

Manuela Sedmach
“Destinazione provvisoria"

‘Destinazione provvisoria’, la nuova mostra personale di Manuela Sedmach a Galleria Continua, raccoglie una serie di opere che ripercorrono parte della ricerca artistica della pittrice triestina fino alla produzione piu' recente. Il titolo della mostra, se da un lato fa riferimento alla caducita' della vita umana e ad una indiscutibile situazione di passaggio del nostro vivere su questa terra, dall’altro vuole portarci ad una riflessione piu' ampia.

Destinazione provvisoria definisce infatti anche uno stato di cambiamento, di continuo, incessante mutare. Questo ci riporta ad alcuni soggetti di queste opere, in particolare i deserti. I deserti, che l’artista ripete come soggetto unico, apparentemente simili gli uni agli altri ma in realta' mai uguali. Impercettibili variazioni nel taglio della luce, nella materia che si addensa e si dissolve regalano all’occhio che osserva paesaggi sempre nuovi. Le forme, i movimenti della tela appaiono solo se lo sguardo e' attento e prolungato, e' il tempo di osservazione che fa affiorare le immagini, e' la luce creata dalle infinite velature di colore che modella i confini di questo orizzonti incerti. ‘Tutti quelli che mettono piede per la prima volta nel deserto del Sahara o in qualsiasi altro luogo desertico hanno l’impressione di un vuoto, dove non succede nulla. Mentre e' un pieno dove succede tutto, ma noi non ce ne rendiamo conto perche' rispetto ai nomadi siamo quasi ciechi. La differenza sta nell’intensita', ma soprattutto nella durata dello sguardo.

Noi guardiamo un paesaggio consecutivamente per cinque minuti al massimo, loro lo guardano per ore e uno si domanda cosa renda cosi' interessante il deserto che a noi sembra un luogo assolutamente immoto. (..) Solo piu' tardi ho capito che si tratta di un’esperienza simile alla ripetizione all’infinito di una parola o di un segno, in modo da indurre una ipnosi. L’effetto e' sempre lo stesso: la perdita del significato acquisito e la nascita di uno nuovo." (da Manuela Sedmach, ‘Occhi Bianchi, ed. Comunicarte, 2004).

Tornando dunque al termine ‘provvisorio’ si capisce l’intensita' e la ricchezza di sfaccettature che l’artista riesce a dare a questa espressione. Provvisorio e' il paesaggio che ci circonda in quanto cambia per sua natura e cambia in corrispondenza del nostro sentire e del nostro pensare. E’ una questione di sfumature, come di sfumature si compone la trama pittorica dei lavori dell’artista. Il processo e' lento, a volte anche alcuni mesi, dal nero cupo del fondo attraverso una pittura di velature e stratificazioni di colore - due oltre il nero, il bianco e il terra di Siena- l’artista riesce ad ottenere una gamma vastissima di grigi, di riflessi, di fonti di luce. E’ la luce che appare dietro queste trasparenze unita all’illuminazione ambientale e al suo mutare durante la giornata che rende i ‘paesaggi’ della Sedmach luoghi inconoscibili e sempre diversi. Ad una domanda di Riccardo Caldura sulla rappresentazione-irrapresentabile dell’infinto nell’opera dell’artista, la Sedmach risponde: ‘Irrapresentabilita' e' un concetto troppo forte, preferisco la parola niente, mi sembra piu' generica, piu' semplice. Il mio ideale sarebbe arrivare a questo niente, intendendo quel niente che non condiziona il pensiero. Che ti acceca anche, ma che ti acceca proprio perche' il niente contiene, secondo me, la possibilita' stessa di vedere. Sottrarre soggetto al quadro per darti fame di visione.

Credo vi sia anche un momento di scoraggiamento, perche' si e' portati a cercare nei quadri qualcosa come un’ancora alla quale e con la quale rassicurarsi. Ma dall’altra parte, intendo dall’altra parte del quadro, non viene offerto alcunche' di rassicurante, non vi sono spiegazioni da aspettarsi. Viviamo immersi in un mondo diventato intelligente, generoso di spiegazioni, di rassicurazioni, fin troppo. Un mondo troppo saturo’.

Difficilmente collocabile e altrettanto difficilmente accostabile ad altre esperienze artistiche il lavoro di Manuela Sedmach si e' sviluppato nel corso di un trentennio attraverso un esercizio quotidiano e costante. Da una prima pittura densa, materica e impetuosa che contraddistingue le opere degli anni ottanta (i ‘Vulcani’, le ‘Strade’) la Sedmach passa ad una pittura piu' fluida e sottile. In ‘Folle’, ‘Dirottatori’, ‘Tenere le distanze’ la superficie della tela si copre di trasparenze e striature di colore. Figure e oggetti scompaiono lentamente rendendo i quadri della meta' degli anni novanta decisamente poco narrativi anche se mai astratti. Con ‘Meridiano Zero’ e ‘Sopra il mare’ la tela diventa cosi' liscia, compatta e priva di qualsiasi traccia di pennello da sembrare fotografica. I soggetti sono luoghi distanti, indefiniti, senza tempo. Il vuoto invade la tela. Cosi' prosegue la ricerca dell’artista tra spazi inscrutabili, orizzonti infiniti, nebbie vapori, tempi dilatati fino alle atmosfere marine del piu' recente ciclo di lavori ‘Occhi bianchi’.

Manuela Sedmach (Trieste 1953, citta' dove vive e lavora) ha realizzato numerose mostre in Italia in gallerie e spazi museali. Ha preso parte a mostre collettive e realizzato personali in Belgio, Austria, Germania e Ungheria. I suoi lavori sono in importanti collezioni private europee, americane, giapponesi e al Museo Smak di Gent. Inaugurazione: 4 febbraio, dalle ore 16.00

via del Castello 11 - San Gimignano

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Marina Fulgeri
“No Limits", “Light Dislocation"

Per la sua prima mostra personale negli spazi del cinema-teatro di Galleria Continua, Marina Fulgeri presenta un nuovo nucleo di opere fotografiche, ‘No Limits’.

Il progetto e' costituito da una serie di fotografie in notturno. L’artista da sempre utilizza la luce come materia in grado di modificare e ridefinire lo spazio, in questo caso il lavoro si struttura attraverso il netto contrasto tra ombra e luce, operando cosi' sul concetto visibile-non visibile. L’obbiettivo di Marina Fulgeri in ‘No Limits’ e' quello di mettere in evidenza la funzione che ha la luce: far vedere solo una parte della realta', la realta' illuminata. “Come nei lavori precedenti, il mio intervento, modellandosi direttamente sul tessuto cittadino, non fa altro che sottolineare una realta' che di notte diventa chiarissima: altre insegne colorate, altri ristoranti, altre attivita' commerciali, occupano ora gli antichi edifici di Parigi, Londra, Berlino, Milano, Bruxelles." Di queste citta' l’artista percorre e fotografa il quartiere bengalese, pakistano, indiano, quello turco, africano e cinese. Come per i video “London, East End, May 2003" e “I Need a Change of Air" il suo sguardo si muove nel buio, sguardo e luogo esplorato stabiliscono una stretta relazione. I colori e grafi delle insegne che appartengono a culture non europee sono i segni significanti dell’osservazione, l’artista vi si sofferma mettendo cosi' in evidenza un fenomeno sociologico che ha determinato lo sviluppo delle citta' in Europa a partire dai primi decenni del ‘900: la locazione nei quartieri storici delle capitali europee di persone originarie di paesi stranieri e portatori di culture non indigene.

Le cinque opere fotografiche proposte in questa mostra smarriscono i loro limiti. Inseriti in una stanza dalle pareti nere suscitano nello spettatore una sensazione di perdita dei confini sia spaziali che geografici e indicano, partendo dal titolo “No limits", la perdita di identita' della citta'. Commenta cosi' l’artista: “L’annullamento dei confini geografici fa si' che questa identita' storico-nazionale possa essere trapiantata e inglobata ovunque, anche in citta' lontane e socialmente diverse. Il dato noto a livello antropologico e' che non occorre piu' risiedere nel proprio paese per vivere con le proprie abitudini, ripercorrere i propri usi, praticare il proprio cibo: le inglobazioni di questi usi e costumi nella nuova citta' urbana sono diventati uguali in tutto il mondo. Si arrivera' al paradosso che non esisteranno piu' le citta' ma sono i quartieri fatti ad immagine e somiglianza delle antiche nazioni di origine. In realta' i confini delle citta' non esistono piu', sono confini mobili, in evoluzione continua."

“La percezione del mondo e' condizionata dalla luce." Da questo assunto Marina Fulgeri sviluppa l’istallazione “Light Dislocation", un lavoro di luce per lo spazio dell’Arco dei Becci attraverso l’utilizzo di un materiale speciale che si carica chimicamente di luce per poi disperdere nel notturno l’energia luminosa accumulata. “Light dislocation" e' una dislocazione attraverso la luce di un elemento da un luogo all’altro. La porta laterale dell’Hamburger Bahnof di Berlino e' ricostruita con nastro luminescente. L’oggetto reale ha una struttura imponente che pero' non da' nessuna possibilita' di entrata, non vi e' nessuna serratura, nessuna maniglia perche' la porta reale in stile neoclassico del palazzo dell’Hamburger Bahnof di Berlino e' divenuta all’interno del moderno museo una porta di emergenza secondaria apribile solo dall’interno. Le linee architettoniche neoclassiche richiamano cosi' all’ingresso negato.

Al buio la luce rivela cose che appartengono ad altri luoghi. Cosi' Marina Fulgeri parla del suo lavoro: “Mi interessa la specificita' del materiale ovvero il controsenso di “accendersi" quando si spegne la luce, un meccanismo inverso: l’opera emerge dal buio e ridisegna l’interno della stanza, ampliandola con nuove aperture che suggeriscono un altrove."

Come nelle foto di “No limits" la luce ridisegna il volto delle citta', cosi' la luce contrapposta al buio apre nuove possibilita' di visione.

Marina Fulgeri lavora con la fotografia e crea installazioni site specific di carattere rigoroso, quasi minimale. L’uso strutturale della luce gioca un ruolo fondamentale nel lavoro dell’artista andando a creare effetti pressoche' impercettibili ma in grado di modificare la realta' originaria aprendo al visitatore visioni laterali, proiettandolo in situazioni che superano il dato oggettivo permettendogli cosi' di spingersi oltre l’apparenza delle cose. Marina Fulgeri nasce a Bologna nel 1978, citta' dove vive e lavora. Nel 2002 realizza una mostra personale nello spazio di Care of di Milano, nel 2003 espone in importanti collettive tra le quali, la Biennale di Praga, ‘Tracce di un seminario’ in Viafarini a Milano a cura di A.Vettese e G.Di Pietrantonio, Collaudi a Villa delle Rose a Bologna, Ad’A alla Rocca Sforzesca di Imola, a cura di R.Daolio. Nel 2004-2005 prende parte alla video rassegna ‘On Air, video in onda dall’Italia’.

Inaugurazione sabato 4 febbraio 2006 dalle ore 16.00

“No Limits", via del Castello 11
“Light Dislocation", via Arco dei Becci 1

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Letizia Cariello
“Il cielo stellato sopra di me", “pull up the pool"

Letizia Cariello si impegna a San Gimignano in un duplice appuntamento espositivo. Prima tappa la Rocca di Montestaffoli, parco pubblico nel cuore della citta', dove l’artista colloca una nuova installazione permanente. ‘Il cielo stellato sopra di me’, progetto nato da una collaborazione tra il Comune di San Gimignano e Galleria Continua, e' un’installazione in esterno, ispirata alla planimetria ed alla struttura delle sezioni riservate alle tombe dei bambini in alcuni cimiteri europei. E’ un’opera sempre accessibile, in ogni momento del giorno e della notte, visibile da chiunque le transiti accanto e percorribile in alcune sue parti ; 'pubblica' nel senso piu' esteso del termine. E’ l’artista stessa a scrivere che l’opera “ha una forte valenza sociale e morale come suggerisce il titolo, un frammento da una famosa sentenza di Immanuel Kant ne: ‘Critica della ragion pratica’ : << (...) due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione nuova e crescente: il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me>> ed esprime un'idea di cura e di accoglienza oltre a una fortissima spiritualita', andando a toccare temi universali.

“Il cielo stellato sopra di me" si colloca nel contesto senese, in cui arte e paesaggio storicamente si accompagnano integrandosi vicendevolmente."

Il testo prosegue individuando una serie di linee attraverso cui si e' sviluppato il progetto. “Se la citta'-cimitero normalmente non confonde l’orientamento dei suoi visitatori, regolari od occasionali che siano (a tutti e' capitato di passeggiare tranquillamente in cimiteri mai visitati prima senza particolari sforzi di orientamento), la citta' cimitero di “Il cielo stellato sopra di me" non si lascia immediatamente comprendere nella sua struttura planimetrica, obbligando i suoi visitatori a girare intorno al quadrilatero che circoscrive la pianta complessiva del progetto. (…) Le variazioni di forma, misura e allineamento delle tombe fanno della struttura una realta' planimetrica che confonde dopo aver attratto, interessa mentre disturba; mentre le balaustre, smaltate con i colori per le camere dei bambini (rosso e blu) e decorate con un tipico motivo da balcone, riflettono in un “micro" gioco di specchi il concetto caro al pensiero della matematica, alla musica ed al fluire del tempo cosmico in cui sembra che noi viviamo, per cui le cose sembrano ripetersi ma non sono mai uguali.

Mi sono interessata alle tombe dei bambini perche' per me rappresentano in termini tragici, eroici ma anche assoluti - e dunque non pietosi ne' pietistici - tutte le domande sul “cosa sarebbe successo se" che assediano le menti di noi tutti. (…). Kant aveva risposto alle sue scegliendosi due punti fermi dell’essere uomo “il cielo stellato sopra di me, la legge morale in me"; anche Dante, fuori dall’Inferno pauroso, era tornato….. “a riveder le stelle". (Letizia Cariello Pontresina, 5 dicembre 2004)

L’inaugurazione dell’opera permanente sara' seguita dalla presentazione di una nuova pubblicazione dell’artista, ‘Hallenbad Book’, testo critico di Lea Vergine, edizioni Charta, 2006.

Il secondo intervento di Letizia Cariello a San Gimignano, ‘pull up the pool’ si realizza con un’opera site specific per la platea del cinema-teatro di Galleria Continua. Qui l’artista torna a lavorare su un elemento architettonico che le e' particolarmente familiare: la piscina. Per Letizia Cariello la piscina e' il “Luogo" per eccellenza, e' dove regolarmente, quotidianamente e ossessivamente si reca a nuotare, e' lo spazio sospeso in cui riesce ad entrare ed uscire dal mondo, e' il metro con cui definire le dimensioni della propria interiorita' per poi metterla in relazione con l’esterno, ed ancora, e' un luogo per analizzarsi, per ‘regredire’ e per crescere. L’idea della vasca come fonte di purificazione spirituale e l’uso pratico della piscina per la cura del corpo o come spazio dedicato al gioco, si compenetrano e completano a vicenda.

In ‘pull up the pool’ la piscina diventa uno spazio tanto claustrofobico quanto intimo e protettivo. Cinque vasche -ciascuna di 250 cm di lunghezza con un’apertura di 120x120 cm- occupano lo spazio, lo tagliano verticalmente, lo attraversano, lo penetrano in profondita'. Uguali ma diverse, isolate eppure comunicanti appese ai cordoni-corsia che ne sottolineano i percorsi. Ogni vasca ha un nome, Literatus, Johannes De Silentio, Victor Eremita, Frater Taciturnus, Hilarius. Le grandi vasche installate a Galleria Continua si presentano come grandi cetacei, preistorici e viventi, in realta' sono tutti personaggi che incontriamo in ‘Stadi sul cammino della vita’ di Soren Kierkegaard. La Cariello si sente particolarmente vicina a questo autore, affine a certi tratti del carattere e a certi atteggiamenti nei confronti del mondo. L’artista ci suggerisce un passaggio tratto da ‘Soren Kierkegaard, L’uomo che visse rinchiuso in se' stesso’ di Pietro Citati che meglio chiarisce la relazione che lega la sua ricerca artistica all’opera del filosofo danese: “In stadi del cammino della vita tutto e' fermo come in un mausoleo. Ci sono le ossessioni dell’IO, le torture infinite, gli esangui fantasmi di mezzanotte (….) Non c’e' persona piu' tragica dell’Autore eppure la sua vocazione e' il buffonesco(…) Sulla carta bianca resta l’ombra di un lontanissimo sorriso, di cui ignoriamo il significato. Ma anche il comico e' una maschera: dietro la quale forse c’e' soltanto il nulla - la cosa piu' grave e pesante che, secondo lui, un uomo possa portare sulle spalle."

L’opera di Letizia Cariello (Copparo 1965) si concentra sulla relazione tra spazio interno e spazio esterno, sui passaggi continui tra cio' che sta dentro e cio' che sta fuori. L’artista lavora sul tema dell’identita', sulla ripetizione ossessiva del gesto, sul recupero della memoria rimettendo il scena il proprio vissuto epurato da qualsiasi forma di moralismo e di nostalgia, trasformando angosce e paure in una esperienza estetica e spaziale. Il se', il corpo sono i termini con cui misura il tempo, lo spazio e l’architettura sono gli elementi su cui va a intervenire creando ambienti da vivere e abitare anche se solo in modo temporaneo. Tra le recenti mostre personali ricordiamo: ‘Case di bambola’, installazione site specific c/o Sant Ambroeus, Milano per Case da Abitare in occasione delle giornate del Salone del Mobile (2004); ‘Hallenbad Project’, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato a cura di S.Pezzato (2003). Numerose le mostre collettive in Italia e all’estero a cui ha partecipato, tra queste: ‘Il racconto del Filo. Cucito e ricamo nell’arte contemporanea, MART - Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, a cura di F. Pasini (2003); ‘Le Opere e i Giorni’, Certosa di San Lorenzo, Padula (SA) a cura di A. B. Oliva; Io, Caterina, a cura di Caroline Corbetta, Palazzo delle Papesse, Siena (2001), Non Respirare-Respira a cura di Francesca Pasini, Viafarini, Milano (2000) ‘Ex.It-.Nuove geografie della creativita' italiana’ (sezione ‘Antenati’), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, a cura di F. Bonami; ‘La strada’, 16' edizione di Fuori Uso a cura di A. Kohlmeyer; ‘5-infinities’, a cura di S. Piccolo, Webradio PS1, NY, Biennale 2005, Venezia.

Desiderio dell’artista e' ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di ‘Il cielo stellato sopra di me’ ed in particolare il fratello Vincenzo Cariello, l’architetto Sonia Calzoni e il direttore di Domus Stefano Boeri.

Immagine: Letizia Cariello


Inaugurazione dell’installazione permanente sabato 4 febbraio ore 12.00

Rocca di Montestaffoli, San Gimignano
“pull up the pool"
Inaugurazione della mostra personale sabato 4 febbraio 2006 ore 16.00

Galleria Continua via del Castello 11, San Gimignano

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Marcelo Cidade
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