Retrospettiva. A 50 anni dalla morte dell'artista e' in mostra la collezione piu' importante dei suoi lavori che conta 49 olii e 205 opere su carta. La rassegna comincia con i primi esercizi del 1908, prosegue con il salto di qualita' del 1924-25 quando l'artista prende le distanze dal mito della 'bella pittura', si conclude negli anni '50 quando il pittore della vita si trasforma nel poeta della morte prosciugando ulteriormente la sua 'stenografia pittorica'.
Retrospettiva
a cura di Maria Luisa Pacelli
Il 2 aprile saranno trascorsi cinquant’anni dalla morte di Filippo de Pisis
(1896-1956). Ferrara, la citta' in cui e' nato, lo ricorda con una mostra allestita
a Palazzo dei Diamanti, a cura di Maria Luisa Pacelli e organizzata in
collaborazione da Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea.
Per l’occasione sara' pubblicato il catalogo generale interamente illustrato dei
de Pisis del museo ferrarese, uno strumento prezioso per diffonderne la conoscenza.
E' un’esposizione diversa dalle precedenti poiche', ad eccezione de I grandi fiori
di casa Massimo, recentemente acquisiti dalla Fondazione Cassa di Risparmio di
Ferrara e in deposito presso il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de
Pisis", le opere esposte sono delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea. Si
tratta della collezione piu' importante di lavori del grande artista, che conta
quarantanove olii e duecentocinque opere su carta. Cio' non deve far pensare ad una
mostra che non testimoni ogni aspetto dell’arte di de Pisis.
La rassegna comincia con uno dei suoi primissimi esercizi pittorici, Passeri (1908),
che racconta del suo rapporto estemporaneo con la pittura negli anni della
giovinezza quando ad assorbire la maggior parte delle sue energie erano gli
interessi letterari.
A documentare il salto di qualita' che la pittura di de Pisis compie nel biennio
1924-25, prendendo le distanze dal mito della “bella pittura" di tradizione
ottocentesca, e' la Natura morta col martin pescatore (1925). Segue il trasferimento
dell’artista a Parigi, nella primavera del 1925, dove all’inizio diede corso ad
una personalissima rivisitazione della pittura metafisica - conosciuta negli anni
ferraresi quando nacque la sua amicizia con De Chirico - che si riflette in
quell’incantesimo onirico e intellettuale che sono Le cipolle di Socrate (1927).
L’anno 1928 registra la nascita di un nuovo inconfondibile genere di veduta, La
Coupole, e di natura morta, I pesci marci, entrambi frutto della "cenere di un
fuoco": quello che si accende, subitaneo, quando si incontrano il cuore del poeta e
l’anima delle cose.
Nel 1929, nei Propositi che e' solito scrivere all’inizio di ogni nuovo anno, de
Pisis annota: "Per la pittura niente romanticherie, niente pesci marci, niente
cipolle, niente jolis coins de Paris, niente 'marmellate pittoriche'." Tali
propositi trovano riscontro anche in opere di anni successivi come la Natura morta
con agli (1930) e la Natura morta marina (1932) dove ogni riferimento alla
metafisica e' scomparso e cio' che conta sono le emozioni dell’artista di fronte
al soggetto e la capacita' di trascriverle sulla tela. Nel Gladiolo fulminato (1930)
e nei Grandi fiori di casa Massimo (1931) i sentimenti di de Pisis si identificano
sempre piu' con i suoi soggetti e con il modo di rappresentarli. E' una tragedia che
si consuma sotto i nostri occhi il Gladiolo: quella di una vita stroncata
all’improvviso. Tutt’altra cosa sono i Grandi fiori: un inno alla bellezza che
nel diario privato di de Pisis corrisponde ad un’ora di gioia. Segue la sua
moderna interpretazione del tema dell’efebo, documentata in mostra da Il nudino
rosa (1931) e da quegli affascinanti "segni d’incanto e di inquietudine" che
sono i suoi disegni, straordinarie pagine di un diario artistico e umano.
E' diverso il suo modo di dipingere nello studio dove, spesso, il suo linguaggio
pittorico si fa piu' meditato, un modo di dipingere che produce capolavori come La
lepre (1932) e la Natura morta con pane, formaggio e bottiglia (1936). Viale a
Parigi (1938) e Strada di Parigi (1938) testimoniano il furore creativo col quale de
Pisis, nel pieno della sua maturita' artistica, e' pronto a fermare sulla tela con
inimitabile immediatezza, grazie alla sua prodigiosa "stenografia pittorica", il
paesaggio e l’emozione che suscita in lui. Poi, come in Una rosa sta buttando
(1938), quel furore creativo cede il passo, talvolta, a momenti di meditazione
assorta, colma di dolcezza e di emotivita' trattenuta.
E' straordinario il suo talento di ritrattista, insieme raffinato e violento,
capace, come in quel capolavoro che e' Ritratto di Allegro (1940), di rapire in un
lampo da un volto i sentimenti del soggetto e di trasferirli istantaneamente sulla
tela.
Negli anni Quaranta, dopo il rientro in Italia avvenuto nel 1939, la tensione degli
anni precedenti in parte si placa e torna a crescere nella sua pittura il peso della
sua cultura poetica e letteraria. Cosi' si spiega quell’autentica "gemma", come
ha scritto de Pisis stesso sul dipinto, che e' la splendida Falena (1945).
La mostra si conclude con l’ultima straordinaria stagione del suo lavoro, quando
il pittore della vita si trasforma nel poeta della morte e per esprimere sulla tela
questa emozione estrema prosciuga la sua febbrile "stenografia pittorica" e
costruisce un’inedita sintassi figurativa ridotta all’essenziale. E' in clinica,
a Villa Fiorita, che matura appieno l’ultima fase della sua pittura. E' l’anno
1950. "Ora sto molto meglio e dipingo come un Angelo", scrive de Pisis a Comisso
nella tarda primavera. Fu forse in quei giorni che l’artista trovo' la forza di
schiarire la sua tavolozza e infondere un estremo palpito di vita ai suoi soggetti:
le commoventi Rose bianche e anche la splendida, intensissima, Rosa nella bottiglia,
dove si frammenta e si irrigidisce sempre piu' il segno, pero', e appaiono sottili
pennellate di colore nero che parlano dell’inizio della consunzione delle cose e
annunciano un cambiamento imminente. C’e' ancora una larva di colore, un soffio di
vita, in una tela come Natura morta sul tavolo (1951), ma poi, inesorabilmente, le
mille luci della sua tavolozza si spengono nella Natura morta con pipa e calamaio
(1951). Cala la sera dentro la serra di Villa Fiorita acconciata a studio e quella
lettera sigillata posata sul tavolo potrebbe essere il testamento del pittore. Negli
anni seguenti, fino al 1953, nasceranno ancora alcuni capolavori (Le pere, 1953), ma
il suo straordinario “diario pittorico", scritto giorno dopo giorno, per oltre
venticinque anni, e' ormai giunto al termine.
Se Ferrara possiede una simile raccolta di de Pisis lo deve a tre benefattori: uno
sconosciuto al grande pubblico, Giuseppe Pianori, e due notissimi, Manlio e Franca
Malabotta. Questa mostra e' anche un segno di profonda gratitudine verso di loro
che, con rara generosita', hanno arricchito la citta' di questo straordinario
patrimonio artistico.
Agricoltore ferrarese facoltoso, Giuseppe Pianori, sentendo approssimarsi la fine,
maturo' il desiderio di perpetuare la memoria sua e della sua famiglia e, il 24
marzo 1980, si reco' dal notaio e gli consegno' il suo testamento. Mori' poco dopo,
il 12 maggio, e tre giorni piu' tardi venne pubblicato il testamento dove si legge:
"Per onorare in modo degno e duraturo la memoria della Famiglia Pianori, intendo
costituire e costituisco la fondazione denominata: “Giuseppe Pianori" con lo
scopo di sviluppare e arricchire il patrimonio artistico e culturale di Ferrara
attraverso l’acquisizione di opere d’arte moderna da destinarsi alla Galleria
Civica d’Arte Moderna della citta'…" E' da quel momento che ha cominciato a
prendere corpo la collezione ferrarese dei de Pisis, acquistati uno dopo l’altro,
nel corso degli anni. Ma un salto di qualita' decisivo la collezione l’ha compiuto
il 28 settembre del 1996 quando Franca Fenga Malabotta ha reso pubblica la sua
decisione di donare a Ferrara la celebre collezione di opere di Filippo de Pisis che
il marito, il notaio e raffinato collezionista e critico d’arte Manlio Malabotta,
aveva raccolto tra il 1940 e il 1969 e che lei aveva saputo conservare e valorizzare
per oltre un ventennio con una competenza e un amore rari nel mondo del
collezionismo. C’e' tutta la grandezza di de Pisis nei capolavori della collezione
Malabotta, e c’e' anche quella del collezionista che ha visto, capito, raccolto e
amato le opere di questo artista, e di sua moglie che, dopo decenni di vita in
comune con loro, ha deciso di rinunciare al dialogo quotidiano con quei figli
adottivi pur di condividere col pubblico quel suo grande amore.
Il 15 ottobre del 2002 il materiale documentario del fondo depisisiano ferrarese e'
stato arricchito da un altro prezioso atto di liberalita': quello che Luisa Laureati
Briganti ha compiuto nei confronti delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea
donando, nel decennale della scomparsa del marito, professor Giuliano Briganti,
l’intera fototeca utilizzata per la predisposizione del catalogo generale
dell’opera pittorica di Filippo de Pisis (1908-53) da lui curato.
Immagine: F. de Pisis, Le cipolle di Socrate, 1927, olio su cartone, cm 55 x 42,5. Ferrara, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea “Filippo de Pisis", dono della Fondazione Giuseppe Pianori.
Ufficio stampa
Studio ESSECI di Sergio Campagnolo tel. 049.663499 fax 049.655098 e-mail: info@studioesseci.net
Conferenza stampa Sabato 11 marzo 2006, ore 12.00
Palazzo dei Diamanti
c.so Ercole I' d'Este, 21 - Ferrara
Orari: dal lunedi' al venerdi' 8.30 - 20 sabato e prefestivi 9 - 18 domenica e festivi 10.30 - 15.30
Biglietto d’ingresso Intero: euro 5,00 Ridotto: euro 4,00 (dai 6 ai 18 anni, over 65, studenti universitari, categorie convenzionate)
Gruppi (almeno 20 persone): euro 4,00 (gratuito per 1 accompagnatore)
Gruppi scolastici: euro 2,00 (gratuito per 2 accompagnatori)
Gratuito: bambini fino a sei anni, portatori di handicap con un accompagnatore, giornalisti con tesserino, guide turistiche con tesserino, militari in divisa