Immagini di vita che vanno dalla fine dell'800 alla prima meta' del 900, una rara testimonianza di fotografie d'epoca presenti nell'Archivio della Fondazione cdec di Milano. Ebree in Italia diverse per estrazione e per cultura che rappresentano la donna sia come depositaria e trasmettitrice del patrimonio identitario, sia come elemento dialettico tra le culture.
Immagini di vita tra Ottocento e Novecento.
Il Museo Ebraico di Bologna inaugurera' nei suoi spazi espositivi giovedi' 9
marzo 2006 la mostra Donne ebree in Italia. Immagini di vita tra Ottocento e
Novecento, organizzata in collaborazione con la Fondazione Centro di
Documentazione Ebraismo Contemporaneo (cdec) di Milano e curata da Marina
Falco, Paola Mortara, Matilde Terracina, con la collaborazione tecnica
fotografica di Alberto Jona Falco.
La mostra presenta una scelta di fotografie, che vanno dalla fine
dell’Ottocento alla prima meta' del Novecento e rappresentano una rara
testimonianza di fotografie d’epoca presenti nell’Archivio di documentazione
fotografica della Fondazione cdec di Milano, di donne ebree in Italia
diverse per estrazione e per cultura, ma tutte appartenenti ad una radice
ebraica comune. Viene rappresentata la donna ebrea sia come depositaria e
trasmettitrice del patrimonio identitario ebraico, sia come elemento
dialettico tra appartenenza alla cultura di una minoranza e assimilazione
alla cultura della maggioranza.
Ne risulta un quadro dalle molte sfumature che, senza la pretesa di essere
completo, costituisce un contributo alla conoscenza del variegato e ricco
mondo ebraico femminile italiano.
L’esposizione si articola lungo due filoni principali: ambito privato, con
immagini di vita familiare, riguardanti riti religiosi, riunioni di famiglia
e momenti di svago; ambito pubblico, in cui trovano spazio fotografie di
donne attive nel campo della cultura e dell’educazione, dell’impegno sociale
e della militanza politica, dell’associazionismo (ebraico e non) e
dell’emancipazionismo femminile, delle professioni e del mondo del lavoro in
generale. Una sezione specifica e' dedicata alle donne vittime della
persecuzione nazista e fascista.
La donna ebrea e la vita privata
La casa, per antica tradizione, costituisce il fulcro della famiglia
ebraica. Anche dopo la conclusione del processo di Emancipazione e la
chiusura dei ghetti, vi si trascorre la maggior parte del tempo. E’ il luogo
dove si conservano le tradizioni, ci si occupa della cucina, ci si dedica
all’educazione dei figli, vi avvengono gli incontri sociali e i momenti di
svago, vi si svolge spesso l’attivita' lavorativa della famiglia. La donna in
questo contesto costituisce un valore fondamentale che deriva da una cultura
matriarcale, risalente alle grandi figure bibliche femminili.
La donna ebrea nel Novecento continua ad esercitare, talvolta con coscienza,
talvolta solo per consuetudine, la conservazione e la trasmissione
dell’identita' ebraica. Questo ruolo, pur assediato dal processo di
secolarizzazione generale che investe anche la societa' ebraica, viene
mantenuto nel tempo, trasfigurandosi spesso in forme puramente simboliche.
Mantenere l’uso di certe ricette di cucina, annoverare libri ebraici nelle
biblioteche famigliari, conservare la presenza di simboli e oggetti di rito
nelle case, e' pur sempre un segno labile ma riconoscibile, del permanere di
una identita' ebraica.
La donna ebrea e la vita pubblica
La vita femminile ebraica fino a meta' Ottocento, negli anni
dell’Emancipazione, si svolge tra le mura domestiche, spesso a loro volta
chiuse tra le mura del ghetto. Come il padre e il marito, pero', la donna
ebrea aspira a vivere finalmente a pieno titolo nella societa' che la
circonda. Minoranza nella minoranza, conosce il problema dell’emarginazione
e si inebria di un sogno di fratellanza universale che la porta talvolta
verso l’assimilazione. Emerge una nuova figura di benefattrice, di donna
impegnata nell’attivita' sociale e nella difesa dei diritti, di sostenitrice
del suffragio universale, di militante politica. Conduce le sue battaglie
con gli strumenti che le sono noti: il ricamo come mezzo per insegnare un
mestiere alle giovani piu' misere, il lavoro per affrancarsi dallo
sfruttamento e tutelare le lavoratrici, l’educazione come strumento di
miglioramento e di crescita. Linfa vitale per la crescita femminile e' stato
il contributo delle ebree straniere che hanno saputo inserirsi nel nostro
paese senza perdere la propria peculiarita' culturale. Ma in questa galleria
di immagini, di volti in cui ognuno puo' riconoscere se stesso, la propria
madre o la propria nonna, emerge il contributo delle tante donne che
semplicemente con la loro esistenza e il loro agire hanno permesso la
sopravvivenza dell’ebraismo.
La mostra vuole far risaltare, in particolare, la figura e il valore di
alcune donne: Marianna Mortara, madre di Edgardo, il bambino bolognese che
nel 1858 fu prelevato nottetempo dalle guardie pontificie e trasferito a
Roma nella casa dei Catecumeni per la conversione al Cristianesimo; Laura
Orvieto, scrittrice, studiosa, autrice; Paola Lombroso, figlia maggiore
dello scienziato Cesare Lombroso, che si occupo' di psicologia infantile;
Berta Bernstein, ispiratrice e fondatrice dell’ADEI; Sisa Carmi Belimbau,
ispettrice degli asili israelitici di Livorno; Nina Rignano Sullam (Milano
1871 -Varese 1945) fondatrici dell’Unione Femminile Nazionale; Rita
Montagnana, impegnata nel movimento operaio, poi moglie di Togliatti,
fondatrice dell’Unione Donne Italiane.
Inaugurazione: Giovedi' 9 Marzo 2006, 17.30.
Museo Ebraico
Via Valdonia 1/5 - Bologna