In mostra una serie di serie di tele e carte. Sono opere gia' compiute in se stesse e il cui risultato e' talmente maturo da rasentare la perfezione.
Opere polimateriche 1959 - 1962
Riuscire ad approfondire la ricerca di artisti lontani dalla propria generazione, si
rivela, come nel mio incontro con Guerrieri, un autentico privilegio.
Del pittore conoscevo ovviamente le opere ghestaltiche, ma quando ho visto quelle
polimateriche (della mostra romana curata da Riposati nel maggio 2005) e' stata
l'ennesima riprova che non si puo' mai dare per scontato nessun artista.
Troppo spesso per pigrizia mentale la storia dell'arte contemporanea si taglia con
l'accetta, trascurando quel tessuto connettivo fatto di nomi e di opere, che
permette di riconoscere la qualita' o la sopravvalutazione di certi maestri imposti
dall'interesse politico-economico di un sistema tanto spietato quanto superficiale.
In questo momento storico si rivaluta l'importanza avuta dalla stagione informale. E
giustamente.
Ormai abbiamo visto di tutto e di piu' sulla scena internazionale, questi quadri di
materia, quindi, non sembrano piu' audaci e aggressivi come alla fine degli anni
Cinquanta. Finalmente siamo tutti disposti a riconoscere la bellezza, la poesia, la
suggestione. Finalmente queste opere ci parlano della storia umana, dai graffiti
nelle caverne degli uomini primitivi alle tracce disperate lasciate sui muri da
poveri pazzi o clochard.
Ma la cosa che ancora stupisce e' invece che il giovane Guerrieri, alla fine degli
anni Cinquanta, abbia dovuto dar prova di grande coraggio a proporre questo tipo di
pittura. Anche se Klee era morto nel 1940 e Prampolini nel 1956.
Pero' infuriava la polemica tra astratti e figurativi e c'era ancora qualche
benpensante disposto a scandalizzarsi, supportato da una certa critica allineata sul
"realismo socialista".
Ma Guerrieri, non ancora trentenne, alimentava la sua arte con un profondo senso di
liberta'.
Lui stesso racconta di una sensibilita' sempre all'erta, di una sensualita' per il
colore alimentata da uno stretto rapporto con la natura.
Se Klee scopre il colore in Tunisia, Guerrieri scopre la materia nell'isola di
Vulcano: "con le sue rossastre rocce vulcaniche, la lava solidificata, i gialli
sulfurei, le terre grigie e nere, l'azzurro incomparabilmente puro del mare
intorno".
Chi meglio dello stesso artista avrebbe potuto spiegarci la radice della propria
ispirazione, il fine della propria pittura?
In quanto agli artisti che operavano nel mondo, in quel periodo, sulla sua stessa
lunghezza d'onda, non credo che lo abbiano influenzato piu' di tanto.
Diciamo semmai che possono aver legittimato Francesco a fare cio' che piu' aveva
voglia di fare.
Alla ricerca, come tutti, del suo quadro perfetto, con la retina imbrigliata da
quelle forme e da quei colori cosi' essenziali, cosi' puri.
Ecco come nasce questa serie di tele e carte che nulla hanno di sperimentale, ma
sono opere gia' compiute in se stesse, opere il cui risultato e' talmente maturo da
rasentare la perfezione.
O meglio un traguardo difficile da superare.
Tanto e' vero che l'artista intuisce di aver concluso un periodo (per quanto
incandescente) e che dovra' riuscire a spostare la propria tensione ad una fase
successiva. Cosa che accadra' con apparente facilita' e naturalezza proprio attraverso
quella serie intitolata "Strutture continue" del 1962.
Con la speranza che anche il pubblico sappia apprezzare e comprendere la profondita'
e la ricchezza della loro ispirazione. Sandro Barbagallo
Inaugurazione: Domenica 19 marzo 2006, ore 11
Palazzo Chigi
Via Chigi, 15 - Viterbo