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Gianni Dorigo
dal 17/3/2006 al 21/4/2006

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17/3/2006

Gianni Dorigo

Oe Club, Firenze

Cinema. L'artista ha lavorato sui “migliori film della sua vita", ma anche su alcuni fotogrammi che hanno colpito la sua fantasia, scegliendo a volte frammenti o manifesti da opere a lui sconosciute.


comunicato stampa

Cinema

Stravagante cacciatore di immagini, Dorigo per la sua mostra non ha lavorato soltanto sui “migliori film della sua vita", ma su alcuni fotogrammi che hanno colpito la sua fantasia, scegliendo a volte frammenti o manifesti da opere a lui sconosciute.

Fra le sue carte pero', durante una visita amichevole nello studio-cantiere con alcuni quadri ancora in costruzione, ho trovato una sua privata “Piccola storia del cinema" un centinaio di titoli prediletti, messi in fila in ordine cronologico dal Gabinetto del dottor Caligari (1920) di Robert Wiene a Nuvole in viaggio (1996) di Aki Kaurismaki (gli ultimi cinque anni non sono stati ancora catalogati o non hanno lasciato emozioni profonde nel suo cuore di spettatore). Insomma c’e' alle sue spalle un lavoro da critico-ricercatore da cineteca.

Ma la filologia stavolta e' cancellata; e credo che sia stata giusta la scelta di seguire per questo viaggio dentro alle ombre rosse e nere di uno schermo da ridipingere, un altro itinerario, piu' libero e non vincolato al criterio della qualita' (ancorche' personale e soggettiva). Mentre altri pittori si ispirano (che so) alle nature morte o vive, ai volti e ai corpi degli uomini e delle donne, alle suggestioni dei panorami e dei colori, Dorigo fruga nelle sue memorie da sala buia (o caverna dei sogni).

Si mette davanti alla tela e deforma (riforma) figure e sensazioni remote, in alcuni casi precedenti anche alla sua infanzia: cosi' ripartire alla ricerca del favoloso regno della Corona di ferro o ritrovarsi davanti al tribunale da caccia alle streghe di Dies irae, in fondo sara' lo stesso. E non casualmente gli anni sessanta sono il punto ideale di fermata. Non perche' il cinema che e' venuto dopo sia stato poeticamente insignificante, ma forse perche' bloccando la porta del presente-futuro si possono sentire meglio i fremiti del passato.

Piu' che un’ operazione nostalgica, da vecchia pop-art, la “pitturafilmica" di Dorigo sembra suggerire la possibilita' di un’ autobiografia collettiva, non priva di dolore e di malinconia. Mi ritorna in mente una riflessione, scritta qualche decennio fa da Italo Calvino: “Il cinema della distanza che aveva nutrito la nostra giovinezza e' capovolto definitivamente nel cinema della vicinanza assoluta. Nei tempi stretti delle nostre vite tutto resta li', angosciosamente presente; le prime immagini dell’ eros e le premonizioni della morte ci raggiungono in ogni sogno; la fine del mondo e' cominciata con noi e non accenna a finire; il film di cui ci illudevamo di essere solo spettatori e' la storia della nostra vita". - Claudio Carabba

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