In mostra installazioni parietali dalle tinte vive e squillanti dove limoni, mele, pomodori od oggetti d’uso comune, come la caffettiera, sono posti su supporti estroflessi e mostrano, da lievi fenditure, la spiazzante presenza di circuiti di microchips.
Migrazioni nostalgiche
a cura di Edoardo Di Mauro
Con la personale di Ernesto Jannini dal titolo “Migrazioni nostalgiche" la Boutique Borsalino di Parigi prosegue con coerenza nel suo percorso di promozione dell’arte contemporanea italiana, in particolare quella legata all’oggettualismo ed all’immagine fotografica e video. Il lavoro di Ernesto Jannini e' accomunabile per molteplici aspetti alla linea evolutiva dell’ultima generazione artistica pur in presenza di una storia lunga ed articolata e di un curriculum di tutto rispetto, dove spiccano, tra i molti eventi degni di nota, le partecipazioni alle Biennali di Venezia del 1976 e del 1990 e la recente ampia antologica dedicatagli dalla Galleria d’Arte Moderna di Gallarate. La carriera dell’artista parte da lontano: negli anni ’70 Jannini, a Napoli, partecipa ad esperienze legate a quella stagione, in particolare fornendo un importante contributo ad un collettivo artistico siglato “Humor Power Ambulante", dedito ad operazioni di arte ambientale in cui l’impegno principe era costituito dalla volonta' di coinvolgimento della popolazione in una chiave didattica avente come fine lo stabilirsi di una nuova consapevolezza sociale, tramite la realizzazione di “performances" e la produzione di opere prodotte prevalentemente con l’ausilio di materiali di recupero con uno stile programmaticamente “povero", quindi sintonico alla tendenza prevalente di quegli anni.
Nel periodo intermedio tra la crisi del Concettuale e l’avvento delle fase artistica di recente attualita' Jannini si sintonizza con la stagione del cosiddetto “ritorno alla pittura", caratterizzata dal successo di un movimento come la Transavanguardia, realizzando originali installazioni di pittura ambientale A partire dal 1984 l’arte fa il suo ingresso in una fase dove la prevalenza e' senza dubbio quella di un eclettismo stilistico in cui non predomina un’opzione ma ne convivono insieme molte, con fasi alterne in cui si avvantaggia un aspetto estetico su di un altro: Jannini si fa trovare pronto per questa svolta, che gli consente di delineare una volta per tutte i contorni della sua poetica, con opere non semplici, di assoluta originalita', realizzate con tempismo singolare per un personaggio del tutto refrattario a facili adeguamenti alle mode del momento. Alla stregua del nomade postmoderno profetizzato da Macluhan, l’artista continua ad operare come un instancabile raccoglitore. Solo che il suo interesse non e' indirizzato agli oggetti del quotidiano tradizionale, il suo sguardo non si rivolge piu' alle stanche vestigia dell’industria in declino, ammorbante ed alienante, ma si posa piu' avanti, ipotizza una sorta di “archeologia del presente", un presente che si consuma con frenetica intensita', e da un giorno all’altro appare inadeguato alla nostra bramosia di consumatori e fruitori dell’immateriale.
Con sintetica intuizione sposa un’estetica della tecnologia, ma non avvalendosene, con minore o maggiore capacita', per accrescere le sue capacita' manuali d’artista, mostrandocela invece nella sua disarmante nudita' d’oggetto o di semplice circuito, per affrancarla dalla sua fredda etereita' di essenza impalpabile ed inafferrabile, usandola come insolito collante assemblativo, e rivalutandola, quindi, nella sua insospettabile carnalita' di creazione umana. Al tempo stesso egli la integra con elementi tratti dal mondo della cultura e della natura, indicandoci la strada di una possibile ecologia della mente, che ci mostri le correlazioni e i sottili intrecci esistenti tra le parti di una totalita' in continua evoluzione, in perenne cortocircuito spazio-temporale, e la necessita' di andare oltre i limiti fissati dalla raziocinante volonta' misuratrice e quantitativa del metodo cartesiano, in una fase storica in cui arte e scienza, dopo avere definito una volta per tutte i loro confini e le loro regole, possono di nuovo instaurare un dialogo fecondo fonte di reciproca stimolazione.
Le opere dei primi anni ’90, inaugurati con la partecipazione ad una riuscita edizione della Biennale veneziana, curata da Renato Barilli, forse l’ultima in grado di rappresentare con obiettivita' la scena artistica italiana emergente, sono caratterizzate da una piu' evidente imponenza , con una predominante del repertorio “hardware" sotto forma di forme fisiche massicce ed imponenti, alleggerite nella loro prestanza dall’eleganza compositiva dell’artista, a loro volta dialoganti con il software che permette la circuitazione e la diffusione dei dati, come nella relazione tra cuore e circolazione sanguigna, ad indicare un’ ulteriore e possibile analogia. La poetica dell’oggetto ricontestualizzato si abbina alla volonta' di rinnovare il tradizionale linguaggio dell’installazione, non solo quella “moderna", che in Jannini si ripropone in nuova veste, ma anche quella di recente derivazione “poverista". Nella dialettica tra i due poli tecnologici si insinuano discreti brani di quotidiano, di storia e di natura, cosi' come elementi tratti dalla biografia e dal passato dell’artista, collegati da luci al neon di tonalita' azzurrognola, atta a simboleggiare efficacemente la cerebralita' del procedimento.
Nei lavori recenti assistiamo ad un predilezione per toni piu' misurati e raccolti, per un ritorno della bidimensione o ad installazioni in scala ridotta , adatte ad ambienti piu' intimi e ristretti. In queste opere abbiamo una predominanza del “software", adoperato come sfondo, cornice o nucleo interno. Jannini, sempre fedele alla sua vocazione di collezionista di tutto quanto esiste o, piu' in esteso, di cui ipotizza possibile l’apparizione, conduce in essere un meticoloso lavoro classificatorio delle specie animali, vegetali, e , finanche di quelle aliene, sempre integrate, in dialettica armonia, con quel reticolo di microchips che oggi costituisce il nostro reale e, tra breve, null’altro sara' che l’ennesima vestigia del passato. La produzione ultima, che costituisce l’oggetto di questa personale, e' centrata sulla dialettica natura - cultura riletta con arguzia ed ironia tipicamente italiana.
Formalmente le opere sono in prevalenza installazioni parietali dalle tinte vive e squillanti dove limoni, mele, pomodori od oggetti d’uso comune come la caffettiera sono posti su supporti estroflessi oppure su basi poste a suolo e mostrano, da lievi fenditure, la spiazzante presenza di circuiti di microchips. L’opera intitolata “Migrazioni nostalgiche", che da' il titolo alla mostra, e' un lavoro a parete dove la linea nera che taglia il quadro nasconde all’interno un manto di microcircuiti sul quale, come funghi, sbocciano dei pomodori che migrano fuori ed invadono la superficie. Edoardo Di Mauro
Inaugurazione: Martedi' 28 marzo 2006 dalle 18 alle 22
Boutique Borsalino
Rue de Drenelle 6 - Paris
Orario: Tutti i giorni escluso domenica e lunedi' 11-14 e 15-19.