L’artista pone in essere una dialettica tra interno ed esterno: l’occhio coglie elementi di realta' che vengono sublimati nella dimensione trascendente della composizione secondo un concetto circolare tipico dell’estetica medievale.
Mostra personale
a cura di Edoardo Di Mauro
La pittura e, piu' in generale, il ricorso a tecniche sommariamente definite “tradizionali", sono troppo affrettatamente state definite inadeguate ai tempi e appaiono tuttora vittime di superficiali interpretazioni critiche, assillate da una affannosa rincorsa ai parametri di un gusto artistico che piu' ci si sforza di definire e delimitare piu' sfugge in mille direzioni. La tecnica pittorica mantiene una invidiabile vitalita' che le consente di calcare egregiamente la scena, adeguandosi con armonia alle mutazioni di una societa' in rapida e frenetica evoluzione, in virtu' del suo essere da sempre simbolo di quella “techne'" intesa nell’accezione etimologica di pratica manuale implicita al concetto originario di arte.
Un concetto dove il procedimento mentale, l’ambito elevato relativo al mondo delle idee, per concretizzarsi in una rappresentazione oggettivamente fruibile deve essere in grado di gettare luce sull’esterno per mostrarci le cose della vita nella loro esatta dimensione, nella loro essenza intelligibile, illuminandoci sulla bellezza od anche la negativita' di quanto ci circonda con quella capacita' rivelatoria propria del talento artistico.
La pittura e' da sempre la casa di tutte le tecniche e di tutti i progetti, luogo eletto da cui traggono origine le manifestazioni sensibili dell’arte, ed e' per questa sua inarrivabile natura che ha saputo attraversare le epoche della storia mantenendo sempre, nei casi migliori, la sua carica di espressivita'. Chi scrive ha sempre guardato con occhio il piu' possibile attento l’evoluzione fenomenologica delle arti, arrivando alla convinzione che il progresso della tecnologia gioca da sempre un ruolo centrale in quello che e' l’adeguarsi del linguaggio a nuove impostazioni formali.
Cosi' come la modernita' venne contrassegnata in origine dall’elaborazione della prospettiva come metodo di inquadramento spaziale, dove l’opera veniva delimitata nel recinto bidimensionale della tela, all’interno della quale l’artista dava sfogo alla sua inventiva in relazione al rapporto intercorrente tra figura ed ambiente circostante, che trovera' piena applicazione con il cosmocentrismo ed il gioco di luci ed ombre tipico dell’arte barocca, di pari la contemporaneita' non puo' essere interpretabile od addirittura concepibile senza tenere presente la rivoluzione scatenata dall’avvento delle tecnologie fondate sull’elettromagnetismo.
Dopo l’ultima grande invenzione moderna, la fotografia, che libera l’artista dall’onere di essere l’unico possibile riproduttore della realta', dando il via alla fase dell’espressionismo e dell’astrazione, la stagione della contemporaneita' tende all’ambizione di far fuoriuscire l’arte dal suo classico confine, fosse esso lo spazio pittorico, od il classico monumentalismo, per invadere lo spazio circostante, esaltando il procedimento mentale a scapito di quello manuale, con l’arte vista come evento cerebrale ed immateriale e l’artista come lo sciamano in grado di “virgolettare" artisticamente l’universo mondo.
La non rinviabile necessita' di violare tutti i dogmi e tutti i tabu', che trovera' il suo culmine con la stagione del Concettuale degli anni ’60 e ’70, dove si arrivera' al “grado zero" dell’espressione artistica e dove la manualita', e quindi la pittura, verranno messe ignominiosamente al bando, portera' ad una fase successiva di grande liberta' formale dove questi valori, affiancati da altri, torneranno decisamente in auge, Quindi un’opera cosi' fortemente caratterizzata dall’uso dello strumento pittorico come quella di Bruno Gorgone trova il suo esatto inquadramento nella stagione attuale, all’interno di cui e' in grado di offrire un contributo di non trascurabile originalita'. Dall’antica vocazione alla rappresentazione mimetica della realta' naturale la pittura e' stata in grado, di recente, di mutare la sua veste narrando con grande capacita' poetica ed evocativa le inquietudini di un mondo in rapida mutazione.
Potrebbe in realta' apparire non del tutto conforme insistere sulla pittura in riferimento al dato visivo dell’opera di Bruno Gorgone anche se, a mio parere, cosi' non e'. Indubbiamente la cifra stilistica di Gorgone si pone nel sito dell’astrazione, piu' in generale nel territorio dell’aniconicita', ma uno studio attento delle complesse rivoluzioni di linguaggio che mutano il corpo dell’arte lungo il tracciato della contemporaneita', da fine Ottocento fino alla meta' degli anni ’70 del secolo scorso dimostrano che l’astrazione non persegue un percorso univoco ma e' caratterizzata da un numero estremamente ampio di varianti. Il termine “astrazione" etimologicamente deriva dal latino con il significato di “trarre via da" o “allontanare" e storicamente e' il dato stilistico che caratterizza in maniera predominante il Novecento a proposito della negazione di ogni rapporto con gli elementi naturalistici e del confronto con forme ricavate della realta'.
Le premesse dell’astrattismo si rinvengono nel Simbolismo che proponeva di guardare alla dimensione interiore piuttosto che al mondo esterno e nelle proposte dell’Espressionismo intento a corrompere e deformare la realta' naturale. Il progetto estetico di Bruno Gorgone si pone sostanzialmente al crocevia di queste due opzioni, collocandosi in pieno all’interno della linea predominante dell’Astrazione italiana, dedita, piu' che ad un rigorismo geometrismo, a penetrare con lo sguardo la realta' naturale per donarcela nell’essenzialita' delle sue linee forza.
Quella di Gorgone e' un’astrazione “dolce", dove l’artista si cimenta in una serie di composizioni ad olio in cui il tracciato dei segni si pone in una dimensione labirintica e curvilinea proiettandosi verso un orizzonte di geometria “romantica" scevra da qualsiasi rigidita' e dove porzioni di colore dalle tinte tenui ed evocative si incastrano con precisione le une alle altre, in un balletto di pigmenti e di cromie dove talvolta si insinuano elementi di minimale figurazione ed in cui e' sempre possibile cogliere il riferimento al dato naturale.
L’artista pone in essere una dialettica tra interno ed esterno: l’occhio coglie elementi di realta' che vengono introiettati e sublimati nella dimensione trascendente della composizione secondo un concetto circolare tipico dell’estetica medievale, non a caso una stagione tendente all’aniconicita'. La piacevolezza ed il decorativismo che traspare da queste immagini non e' fine a se stesso ma nasce dalla struttura stessa dell’opera, ne e' elemento portante. Bisogna anche sottolineare il coraggio di Bruno Gorgone nel perseguire la linea dell’astrazione. Questo perche', a partire dalla seconda meta' degli anni ’80 e l’artista, nato nel 1958, si colloca in pieno in questa fascia generazionale, la “nuova astrazione" italiana, spesso in grado di partorire prodotti di assoluto rilievo, e cito, tra gli altri, il caso di un artista come Bruno Sacchetto, cuneese d’origine anch’egli e portatore di una poetica in cui si rinvengono punti di contatto con quella di Gorgone, e' stata messa al bando da coloro che hanno manipolato in negativo il sistema artistico italiano nell’ultimo ventennio portandolo alla crisi oggi sotto gli occhi di tutti.
Tuttavia Gorgone e' artista detentore di un curriculum di rispetto nel quale figurano importanti interventi di teorici e critici d’arte, ed in una fase in cui sembrano emergere segnali da lungo tempo attesi in merito ad un cambiamento di rotta nel segno del privilegio dato al cogliere la qualita' della proposta, non potra' non ottenere ulteriori e meritate soddisfazioni. Edoardo Di Mauro, marzo 2006.
Inaugurazione: Giovedi' 27 aprile 2006 alle ore 18
Galleria Arteincornice
via Vanchiglia, 11 - Torino
Orari: Tutti i giorni, esclusa domenica e lunedi' mattina, h. 9.30-12.30 e 15.30-19.30