Sotto il segno della Gioconda. Nei vari dipinti che si susseguono nel corso del tempo (e di cui sono esposte in mostra una ventina di “exempla") l'artista pare regredire al leggendario prototipo, quasi a volerlo penetrare o a isolarne porzioni.
Sotto il segno della Gioconda
Enigmatica, sfuggente, ironica, sensuale. Attorno all’indecifrabile figura della Gioconda di Leonardo si sono consumati i piu' incredibili tentativi di interpretazione, ricercando nel quadro rapporti matematici, geometrie occulte, riferimenti astrologici.
Ebbene, il lavoro che viene sviluppando da piu' di trent’anni l’artista toscano Franco Fossi, evita ogni forma di indagine iconografica e si pone invece di fronte al capolavoro leonardesco come se esso fosse la fonte mitica, la memoria anchetipica a cui guardare per sviluppare una riflessione linguistica senza fine.
Cosi', nei vari dipinti che si susseguono nel corso del tempo (e di cui sono esposte in mostra una ventina di “exempla") Fossi pare regredire al leggendario prototipo, quasi a volerlo penetrare o a isolarne porzioni, congetture formali, ipotesi grafiche. E’ lo stesso artista ad affermarlo: “La mia vuole essere una ricerca simile a quella di uno scienziato: per questo taglio, sminuzzo, cancello l’immagine, la riduco a una struttura puntiforme, come quella data da una serie di pixel, o la tratto come fosse un pugno di creta, in cui affondare le dita, per meglio appropriarmene e farla mia".
Si va dalla moltiplicazione dell’immagine, quasi fosse una sorta di accumulo di migliaia di esperienze o di sguardi, a riquadri che danno l’impressione di una trasformazione geologica, cosmica, in atto; dai richiami alle figure che abitano la notte dei tempi, come quella del serpente, alla pratica di una gestualita' che da' vita a una nozione di eco, di risonanza, di energia allo stato puro. Fino ad arrivare a sviluppare la forma visiva del DNA, compiendo una specie di viaggio virtuale nel cuore stesso dell’opera.
Scrive Luigi Meneghelli in catalogo: “La Gioconda diventa per Fossi l’emblema per decostruire e ricostruire l’immagine. Non gli basta “citarla", ha bisogno di rivisitarla, rielaborarla [...], individuandone i segni costitutivi, attraverso i quali sperimentare nuove possibilita' creative". E’ la storia che ritorna, si ripete, ma che ritorna come differenza e si ripete come infinito ripensamento.
Galleria Giorgio Ghelfi
Piazza Erbe, 31- Verona