Io sono come il calice di un fiore. Giovani donne, maschere e manichini, modellati con l’equilibrio della pittura del ‘400 toscano, convivono nelle composizioni dell'artista.
Io sono come il calice di un fiore
Giovani donne, maschere e manichini, modellati con l’equilibrio della pittura del ‘400 toscano, convivono silenziosi nelle composizioni dentro le quali da piu' di vent’anni Gio’ Goti organizza formalmente la propria fuga. Il biglietto e' il pennello attraverso il quale proiettare se stessa in una realta' nuova, libera dai vincoli della quotidianita'.
Col pennello Gio’ Goti accarezza tele spesso di grandi dimensioni, sovrapponendo tinte limpide e brillanti per dare corpo e vita ai volumi. Concretizza un sentire profondo, entra nello spazio del proprio immaginario rappresentando se stessa e il suo contrario senza riuscire ad evadere mai.
Fugge nell’arte, nascondendosi nei momenti della sua produzione ma rispecchiandosi in personaggi che non decideranno, inermi e costretti, come schiacciati in spazi neutri privi di profondita'. “Mi rispecchio nei miei personaggi, sono quello che io non riesco ad essere e quello che gli altri vogliono che sia".
Per questo le figure che rappresenta sono personaggi della commedia dell’arte che indossano una maschera o che lo faranno, colombe meccaniche che non possono volare e donne/manichini che, intrappolate in una fisicita' lignea, diventano paradossalmente le presenze piu' vitali e forniscono alla composizione un forte carico di inerzia malinconica. Donne acerbe, esili, spesso unite da un filo sottile perche' ognuna nella sua singolarita' e' un molteplice aspetto dell’altra e parte integrante di un’ autoritratto.
Maschere in cui risiedono la grazia statica e l’equilibrio dell’attesa e prende corpo il silenzio della rassegnazione, che si celano dentro il loro travestimento per esistere in una dimensione sospesa nel tempo, distanti da un mondo che non possono affrontare, racchiuse in uno spazio metafisico e al tempo stesso concreto, simmetrico, armonioso. Poche figure si affrontano in spazi limpidi, una davanti all’altra e si accompagnano e sostengono, senza guardarsi mai negli occhi; presenze isolate seppur vicine, chiuse in una dimensione esistenziale che e' singola e distante dal mondo che a volte si affaccia alle loro spalle, oltre una finestra o dentro ad uno specchio.
E' in questi scorci di mondo che Gio' Goti ama guardare: in paesaggi reali impressi nella mente e dipinti a memoria, in frammenti di Toscana che custodiscono le sue radici e le intrecciano a quelle di maestri che in altri tempi ne fissarono la natura dentro equilibrati capolavori. E’ da qui' che proviene lo sguardo di Gio’ Goti ed e' nelle suggestioni di queste terre che possiamo comprendere la carica di classicita' che sorregge le atmosfere surreali e metafisiche di tutti i suoi quadri.
Raffaella Bordini
Palazzo Medici Clarelli
via Giulia, 79 - Roma