Fulcro dell’esposizione sono le tavole del pittore, nato attorno al 1430, aventi come soggetto la Strage degli Innocenti: il testo scarno ma ricco di drammatiche suggestioni del Vangelo di Matteo, utilizzato per la prima volta nella storia del pavimento del Duomo di Siena.
La mostra, promossa dal Comune di Siena, dall’Istituzione Santa Maria della Scala e dalla Soprintendenza per il Patrimonio Storico di Siena e Grosseto, nasce dal recente restauro delle due pale senesi, una realizzata per Sant’Agostino e l’altra per la chiesa dei Servi, che hanno per soggetto la Strage degli Innocenti. Ogni restauro e' motivo di conoscenza e di riflessione critica ed anche questa volta l’intervento sulle due tavole ha riproposto tutti quegli interrogativi critici di un soggetto che per quattro volte, nel giro di un decennio, fa la sua comparsa nell’arte senese ad opera dello stesso artista, Matteo di Giovanni.
Tre grandi ancone, una delle quali per la chiesa napoletana di Santa Maria a Formello precedute dallo “spiazzo" del pavimento del Duomo, commissionato dall’Operaio Alberto Aringhieri, che inaugura la serie e che ha posto in anni recenti il problema dell’attribuzione tra Matteo e Francesco di Giorgio. La mostra e' anche l’occasione per chiarire il ruolo dell’artista nell’arte senese e per riesaminare, alla luce di nuove informazioni documentarie e di costanti paralleli con la tecnica pittorica e con la preziosita' dei pigmenti usati, le committenze delle tre Stragi su tavola.
Fulcro dell’esposizione sono infatti le tavole del pittore aventi come soggetto la Strage degli Innocenti: il testo scarno ma ricco di drammatiche suggestioni del Vangelo di Matteo, utilizzato per la prima volta nella storia del pavimento del Duomo di Siena, dovette sembrare ai contemporanei la fonte letteraria che meglio poteva rimandare alla drammaticita' di quelle figurazioni e forse anche alla tragica attualita' del massacro di Otranto del 1480 ad opera di Maometto II. Benche' la critica storica sia ancora divisa sul legame che corse tra quell’evento e la realizzazione delle quattro Stragi, certo e' che i fatti di Otranto ebbero subito un’eco enorme: cronache scritte e testimonianze percorsero tutta l’Italia e non solo. Il pericolo turco del resto era un problema concreto - gli Ottomani erano gia' penetrati in Friuli e le divisioni politiche tra i vari stati italiani non sembravano garantire una difesa sicura. E poi dal 1453, cioe' dalla presa di Costantinopoli da parte dello stesso Maometto II, il papato aveva cercato di riunire tutta la cristianita' in una crociata per riconquistare la citta' alla fede di Roma. Il concetto di “scontro di civilta'" nasce da qui ed allora quella riconquista rappresentava nelle intenzioni dei suoi fautori una sorta di riaffermazione delle ragioni della propria cultura.
Matteo di Giovanni, nato a Borgo San Sepolcro attorno al 1430, gia' nel 1452 e' presente a Siena: e' probabile che nella sua prima formazione grande influenza abbia avuto l’opera del conterraneo Piero della Francesca e che, una volta giunto a Siena, il suo percorso artistico si sia pero' completato sotto l’egida di Lorenzo di Pietro detto “Il Vecchietta". Ne' sara' da sottovalutare l’attivita' senese di Donatello, che lascia tracce profonde e ineludibili anche per artisti che, come Matteo, hanno costituito la “prima generazione" dei seguaci del Vecchietta.
Le tre tavole che il pittore ha dedicato allo stesso tema nell’arco di un decennio si inseriscono in una tradizione iconografica che avra' largo seguito nella pittura senese di fine Quattrocento.
La mostra si propone tra l’altro di illustrare in sequenza cronologica il percorso artistico di Matteo e le tre famose tavole per verificarne gli sviluppi compositivi-sostanziali (specie nell’ultima eseguita per la potente famiglia senese degli Spannocchi), i punti di contatto e le differenze con il commesso marmoreo del Duomo, con il quale la tavola di Sant’Agostino dimostra una filiazione piu' diretta e riferimenti piu' precisi.
Il ricorso ai repertori classici, un vocabolario che in quegli stessi anni a Siena sembra patrimonio comune di pittori e di scultori, ed il suo uso in pittura per simulare un’ornamentazione scolpita era gia' stato praticato a piu' riprese da Lorenzo Vecchietta fin dall’affresco del Pellegrinaio del complesso di Santa Maria della Scala.
Proprio le rappresentazioni della Strage degli Innocenti messe a confronto costituiscono per l’arte senese una sorta di tracciato sul quale leggere il passaggio tra tradizione e rinnovamento del lessico pittorico, il suo sviluppo nel senso di una presa di coscienza delle novita' del Rinascimento pieno, che ebbe il suo punto di partenza nelle sperimentazioni messe in atto nella bottega del Vecchietta da una parte e nel percorso parallelo di uno scultore sensibile alle istanze di Jacopo della Quercia come Antonio Federighi dall’altra, che dette dell’antico una versione di piu' spiccata concezione antiquaria, come si fosse lasciato affascinare da fonti classiche di intonazione piu' eccentrica, tipiche dell’arte romana nella sua redazione “provinciale".
La mostra, curata da Cecilia Alessi e Alessandro Bagnoli della Soprintendenza per il Patrimonio Storico di Siena e Grosseto, e' sostenuta dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena ed e' realizzata con il contributo della Banca Monte dei Paschi, main sponsor della mostra.
Inaugurazione giovedi' 22 giugno, ore 21.15
Santa Maria della Scala
Piazza Duomo 2 - Siena
Orari: tutti i giorni dalle 10,30 - 18,30