Fondazione Pastificio Cerere onlus
Ruffo realizza 12 disegni/manifesti con un testo narrativo composto da Massimiliano D’Epiro. I pittore e lo scrittore sono entrambi artefici e protagonisti del ciclo iconografico. Si affianca la pittura di Giuseppe Gallo che descrive una realta' “altra".
Giuseppe Gallo presenta Pietro Ruffo
Le Biblioteche di Roma - Biblioteca Villa Mercede, in collaborazione con il Municipio III, la Fondazione Pastificio Cerere e il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Universita' di Roma La Sapienza, proseguono con la rassegna “Ateliers d’artista, Fondazione Pastificio Cerere": esposizioni d’arte contemporanea della produzione artistica nel quartiere S. Lorenzo.
L’iniziativa, inaugurata il 23 aprile scorso, vede, nove artisti affermati, presentare insieme alle loro opere, riprodotte in forma prevalentemente audiovisiva, altrettanti giovani che espongono nei locali della Biblioteca Villa Mercede.
Pietro Ruffo
Arte e territorio a confronto nel lavoro “sitespecific" di Pietro Ruffo: “12 MANIFESTI DI MATITA SCOLPITA" per la biblioteca di Villa Mercede. Luogo dell’installazione la sala di lettura. Gli scaffali dedicati all’arte, al cinema, alla musica, alla storia, si arricchiscono di documenti singolari: libri visivi, sottoforma di “rotoli/scultura", i cui contenuti e significati sono impressi sul frontespizio tubolare, unica superficie destinata alla lettura. L’artista s’insinua in modo silenzioso nello spazio, negli scaffali, riempiendone i vuoti.
Tra i libri i “rotoli/scultura" acquistano dignita', si fanno portatori di un linguaggio visivo dove la connessione disegno/scrittura e' pregnante. I frammenti di testo diventano un veicolo decisivo all’interno dell’opera, quanto lo sono gli interventi della scultura, del disegno e della fotografia.
Ruffo realizza, 12 disegni/manifesti, matita su carta, supportati da un testo narrativo, composto dallo scrittore e regista Massimiliano D’Epiro. Connubio mirabile tra il pittore e lo scrittore, entrambi artefici e protagonisti del ciclo iconografico: nelle 12 sequenze figurative, corredate da dichiarazioni programmatiche a carattere sociale in forma di sottotitoli, i due compagni di viaggio delineano con le loro promenades un percorso che va dagli interni dell’ex Pastificio Cerere a quelli di Villa Mercede, attraversando il paessaggio urbano di Via Tiburtina per approdare nell’oasi naturalistica che custodisce la biblioteca.
Tracciando un ponte immaginario tra il luogo dell’arte (ex Pastificio Cerere) e il luogo della natura (Villa Mercede), c’invitano ad attraversare la palude urbana che ostacola l’arte, il dialogo, la comunicazione, la vita, per arrivare alla mostra. L’intenzione che sta dietro l’opera, scrive D’Epiro: e' di cercare di estendere un processo creativo in un ambito pop, trovando nell’arte un’imitazione della natura, e nella natura un’imitazione della vita.
L’opera di Ruffo, trae ispirazione dal lavoro degli artisti inglesi Gilbert & George “The General Jungle or Carrying on sculpting", presentata in Germania nell’autunno del 1971, alla Sonnabend Gallery di New York. Vuole essere un tributo al loro credo artistico: produrre arte democratica, che infranga le barriere tra arte e vita, indagando nel profondo la condizione umana. Nella piena convinzione che gli artisti debbano spendersi e sacrificarsi personalmente per cio' che producono.
Giuseppe Gallo, all’Ombra del Sapere.
La pittura e' quasi sempre magica e misteriosa, anche quando puo' apparire superficialmente mimetica e descrittiva, in realta' non si lascia mai completamente decifrare, sfugge l’indagine troppo meticolosa per rifugiarsi nelle pieghe dell’incertezza e dell’ambiguita'. Ogni racconto artistico e' un mondo di sospesa indeterminatezza e d’inquietudine che impediscono una lettura pacata e trasparente. E’ il mistero interpretativo dell’arte che consente di scoprire in un’opera sempre nuovi parametri di significato, e' lo stesso mistero che si rabbuia dinnanzi ad uno sguardo troppo curioso ma si svela un po’ piu' complice in un approccio poetico.
Cio' vale soprattutto per la pittura di Giuseppe Gallo, per quel suo modo di presentare una realta' “altra", inafferrabile, apparentemente indifesa ma inaspettatamente cosi' oscura e sfuggente.
E’ come sfogliare la cabala algebrica, l’ordine semplice del numero che cela la complessita' della formula magica, il calcolo irrazionale, l’ossimoro di un pensiero indecifrabile.
Il numero perde cosi' la propria funzionalita' interpretativa per assumere il ruolo simbolico di un calcolo magico che insegue le energie naturali, il ritmo dei pensieri, l’intensita' visionaria. La cabala rappresenta un volto di saggezza popolare che conserva il segreto di un sapere iniziatico, discreto e intimo che non puo' essere spiegato ma solo vissuto. Cosi' il numero scopre la propria ambigua presenza: non piu' solo strumento d’indagine matematica, ma mistero dell’astrazione, simbolo di una verita' del pensiero che accentua i dubbi e scompagina l’ordine progettuale.
Questo nuovo vocabolario simbolico che il numero suggerisce, conduce lo sguardo nei profondi segreti di una naturalita' intimamente soffocata e brutalmente sottomessa. La natura, con i suoi misteri e le sue energie, appare come il vero soggetto di questo racconto, una natura complessa, ombrosa, sottilmente inquietante, una natura che avvolge ogni cosa sedimentando le proprie forze nei territori della poesia e dell’emozione.
Biblioteca di Villa Mercede
Via Tiburtina, 113 - Roma
Orario: Lun 13 -19; ma/me/gio 9 - 19; ven 9 - 14; sab 9 - 13.
Ingrsso libero