L'artista rivendica quell’attenzione alla corporeita' e alle sue pulsioni, coniugandolo con la ricerca di nuove luminosita' e trasparenze, rese possibili grazie alla materia delle sue tele, magrissima, distribuita in pennellate larghe e liquide.
Liberi tutti
Liberi tutti e' un tradizionale gioco infantile di gruppo, in cui il giocatore che raggiunge la “tana" (sorta di luogo franco prescelto) ha la possibilita' di “liberare" tutti i compagni, passibili di essere catturati da un giocatore-cacciatore.
Scegliendo questo titolo per l’esposizione presso i prestigiosi spazi della Fondazione Canova di Possagno, Sonia Ros si propone come “elemento liberatore": la “tana", spazio protetto-protettivo e porta magica per una dimensione altra, e' lo stesso atto del dipingere; cosi' come la piu' recente produzione pittorica dell’artista diviene l’altra dimensione, dove il fruitore puo' “rimettersi in gioco", scegliendo un proprio percorso esperienziale e conoscitivo.
Le tele di grande formato, presenti in esposizione, permettono infatti un’esperienza spaziale in una dimensione “utopica", in cui fluttuanti elementi “organici", quasi reperti pseudo-anatomici, contenitori di umori vitali dotati di un’opalina iridescenza, risultano collegati da esili tubicoli: l’assieme disegna immaginifiche “macchine" in cui il confine fra organico e artificiale e' indistinguibile.
Attraverso l’interpretazione surreale del dato organico, Sonia Ros rivendica quell’attenzione alla corporeita' e alle sue pulsioni, che per l’artista appare irrinunciabile, coniugandolo con la ricerca di nuove luminosita' e trasparenze, rese possibili grazie alla materia delle sue tele, magrissima, distribuita in pennellate larghe e liquide.
Connettendo questi elementi nel contesto di esili e improbabili meccanismi, Ros accentua quella propensione ludica che era presente, sia pure in termini piu' larvati, anche nella produzione precedente, e che qui trova efficace manifestazione attraverso garbati riferimenti alla giocosita' dadaista.
Le opere presenti rammentano, infatti, le famose “macchine celibi" di Duchamp, Picabia e Man Ray.
Tuttavia il divario e' larghissimo: se le macchine dadaiste testimoniano l’avversione per la macchina e l’inquietudine nei confronti dell’impersonalita' seriale della produzione industriale, a cui l’artista del Novecento risponde con l’invenzione caustica di meccanismi che non producono nulla, ma piuttosto riproducono se stessi, le strutture di Sonia Ros rappresentano invece macchine-idea che si prestano a rappresentare la concezione di universo come sistema di relazioni e comunicazioni tutte possibili e, insieme, tutte opinabili.
Gli universi possibili di Sonia Ros conservano infatti la memoria dell’antico labirinto, spazio di gioco e di iniziazione, di perdita di riferimenti e insieme di invenzione di personali modalita' di orientamento, volte allo scioglimento dell’enigma.
Non “macchine celibi", dunque, quelle di Sonia Ros: piuttosto macchine per meditare l’infinita serie di connessioni possibili fra l’io dell’artista, l’io dello spettatore e il Tutto.
Fabio Girardello
Gipsoteca Canoviana
Viale Antonio Canova, 84 - Possagno (TV)