Castello
Brescia
via Castello, 1
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Due mostre
dal 19/1/2007 al 24/3/2007

Segnalato da

Studio Esseci




 
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19/1/2007

Due mostre

Castello, Brescia

Al Piccolo Miglio sono esposti circa 40 quadri di Pierluigi Lavagnino in cui si evidenzia il suo imprescindibile rapporto con la natura. Al Grande Miglio 40 opere realizzate da Attilio Forgioli nell'ultimo decennio, dipinte o lavorate col pastello.


comunicato stampa

Pierluigi Lavagnino

Anche se ha vissuto e lavorato per lungo tempo a Milano, per avvicinare l’opera di Pierluigi Lavagnino (Chiavari, 1933 - Milano, 1999) e' dalla sua terra d’origine, la Liguria, che bisogna prendere le mosse. E' li' che l’artista per primo vi ha trovato ragioni di ispirazione e ricerca. Ha scritto infatti: “Capii che era li', entro quella natura che mi circondava, che dovevo scavare per cercare me stesso". In quest’enunciato ci sono gia' alcune indicazioni cruciali relative al “tema" del fare artistico di Lavagnino e al metodo che vi e' sotteso. Imprescindibile si rivela il rapporto con la natura intesa non come elemento da cui desumere dei “motivi", ma come confine e referente ultimi cui rivolgersi nel processo di incessante comprensione del proprio stare al mondo.

Per la maturazione del proprio linguaggio, scopre come affini alle sue convinzioni le formulazioni dell’Informale, da Fautrier a de Stael senza trascurare gli italiani Romiti, Vacchi, Bendini, Milani e Chighine. Artisti tutti ai quali Lavagnino, aderendo all’Informale, guarda sicuramente, ma che non saranno modelli unici e vincolanti, restando per esempio rintracciabili nella sua opera sorgenti suggestioni anche dell’ultimo Monet, quello delle Ninfee, come pure della natura quale e' stata tradotta dalla sensibilita' di Turner.

Per una corretta comprensione delle opere di Lavagnino e del suo modo di interpretare il reale, non va del resto trascurato anche altro tipo di influenze derivategli dallo studio della filosofia di Bergson e dalla lettura dell’opera di Proust. Una somma dunque di suggestioni che egli ha assimilato sortendone una visione dagli accenti inconfondibili, mai riconducibile esclusivamente a un unico modello artistico. Questa antologica dunque, con circa quaranta quadri distesi su tutto l’arco della sua produzione, e' un omaggio a un artista che nella sua vita fu tanto riservato, quanto incisivo e di sensibilita' profondissima nella sua opera.

Attilio Forgioli

Osservando le opere degli ultimi dieci anni, da Attilio Forgioli (Salo', 1933) dipinte o lavorate col pastello, si ha netta l’impressione che la sua arte non sia mai stata cosi' forte. E per paradosso tutto vi appare piu' precario. La materia stessa ha una levita' fino a oggi sconosciuta. Molti degli elementi, dei “motivi" sono gli stessi di sempre: le palme, le terrazze, i residence, i mesi dell’anno, i frutti (che mai sono, neppure nel titolo, nature morte). Dunque un’apparente linea di continuita' che ci dice come l’artista senta ancora forte la necessita' di ristudiare la realta' attraverso un alfabeto visivo che e' ormai segno univoco e inequivocabile nella sua opera.

La selezione tuttavia di circa quaranta opere, realizzate in quest’ultimo decennio, suggerisce anche una lettura diversa. L’impressione e' che l’artista, ormai da qualche tempo, preferisca ascoltare quello che la natura suggerisce, piuttosto che dominarla con una sua visione. E' piu' forte l’eco del sentire rispetto all’analisi. C’e' un lirismo del colore piu' alto della forza della materia, che anzi si fa rarefatta, quasi lavata.

Senza abusare dell’espressione “paesaggi dell’anima", si puo' dire qui che l’opera di Forgioli modula un canto ultimo di malinconica asprezza. Ultimo non perche' non ve ne possano essere altri, ma perche' l’artista ha finalmente raggiunto la dimensione piu' segreta di quello che da sempre il suo occhio osserva.

Immagine: Pierluigi Lavagnino

Ufficio Stampa:
Studio Esseci - Sergio Campagnolo
tel. 049.663499 - info@studioesseci.net

Inaugurazione: 20 gennaio 2007

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