Human Project. Analisis of Human Behavior in the City. Lo sguardo dell'artista si concentra sul contesto all'interno del quale l'uomo si trova a vivere ed operare: il paesaggio d'una periferia metropolitana in quest'epoca post-industriale. Una pittura gestuale, fatta di segni decisi, graffi e scarnificazioni della tela.
Human Project
Il Nuovo ciclo di lavori "Human Project" di Christian Leperino prende le
mosse da un allargamento della prospettiva visiva. Non è più soltanto
l'uomo l'oggetto della sua analisi, ma lo sguardo dell'artista si è esteso
anche allo sfondo, al contesto di vita all'interno del quale l'uomo si
trova a vivere ed operare: il paesaggio d'una periferia metropolitana in
quest'epoca post-industriale.
Il paesaggio.
Strana parola il termine "post-industriale". Come definirla, come
comprenderla? Usando una metafora si può paragonarla ad un periodo di
bassa marea, durante il quale l'acqua di mare, ritirandosi, lascia dietro
di sé residui minerali, vegetali ed animali. Allo stesso modo, vi sono
nelle odierne metropoli contesti urbani, un tempo adibiti ad ospitare
imponenti strutture per la produzione industriale pesante, con gli annessi
servizi, dai quali, in seguito alla rivoluzione informatica e alla
organizzazione inter-nazionale della produzione, gli impianti industriali
si sono "ritirati", lasciando dietro di sé i propri resti inattivi e molti
residui.
L'originaria realtà naturale è ormai scomparsa e irrecuperabile; gli
antichi equilibri sociali dei piccoli nuclei urbani sui quali le grandi
industrie si sono insediate sono stati sconvolti dall'organizzazione
lavorativa industriale. Agli estesi spazi naturali si sono sostituiti
enormi contenitori vuoti. spazi enormi, spazi dell'abbandono, ma anche
spazi della possibilità: con una bella parola le industrie dimesse vengono
definiti impianti di "archeologia industriale" a rimarcare la loro
appartenenza ad un epoca lontana, ma anche la loro importanza e
potenzialità simbolica.
L'uomo.
La tecnologia (informatica) è entrata in così stretto rapporto con la
nostra vita, che noi uomini siamo ormai totalmente dipendenti dalle
macchine che abbiamo creato, in un passato - cosa da non sottovalutare -
che si allontana sempre più. Negli ultimi due decenni l'uomo ha per cosi
dire accelerato un processo di mutazione che da sapiens sapiens lo
condurrà inevitabilmente a diventare cyborg. Da un punto di vista fisico
non vi sono e probabilmente non vi saranno cambiamenti di rilievo, è da un
punto di vista psicologico, e di conseguenza sociale, che la simbiosi con
la macchina/computer determina i maggiori effetti.
Nonostante la medicina si sia enormemente sviluppata grazie all'utilizzo
di tecnologia biobedica, difficilmente vien fatto di considerare cyborg
una persona che ha subito l'impianto anche di diverse protesi. Il cyborg è
una inevitabile immagine simbolica dell'uomo che recupera ed ingloba i
residui di una civiltà industriale, è una metafora della macchina che
restituisce all'uomo la funzionalità delle parti che essa stessa ha
contribuito a far scomparire. E' al contempo un immagine negativa di
qualcosa che definitivamente scompare, ma anche positiva di ciò che
rinasce in forme nuove e più adatte alla realtà d'un mondo globalizzato ed
informatizzato.
Christian.
"Sono nato a Napoli, in una periferia piuttosto degradata, nella zona
orientale, a Ponticelli. Il palazzo dove sono nato si trovava proprio
nella zona industriale, a ridosso di un enorme cantiere, una grande
fabbrica di legnami dismessa. (.)
Inizialmente io non avevo idea di che cosa fosse l'arte, si potrebbe dire
che in un primo tempo ho vissuto in luoghi nei quali assorbivo degli
stimoli, nel senso che vedevo un graffito sulla parete e non pensavo se
fosse o meno arte, per me quello era la traccia di un'espressione, di una
necessità di raccontare o di lasciare un segno in un territorio, e
nient'altro. (.)
Io assorbivo tutto molto ingenuamente, spontaneamente, ma con molta
intensità: assorbivo gli spazi, assorbivo l'immagine di quei copertoni, di
quelle luci, di quei corpi che si muovevano nello spazio e solo dopo,
studiando la storia delle avanguardie, con i primi happeninig, le
performance, ricollegavo le cose e allora prendevo consapevolezza di
quello che inizialmente già mi aveva tanto affascinato d'impatto, a pelle.
Insomma ho avuto un approccio all'arte per via diretta, per esperienza,
nel senso che, prima di sapere che delle cose potevano essere definite
artistiche, io le ho vissute come persona, come individuo. All'epoca avevo
soprattutto uno sguardo sensoriale: le cose che vedevo, le sensazioni che
provavo mi toccavano in maniera così profonda che pian piano ho iniziato a
fare anche delle valutazioni estetiche di quei territori, di quei luoghi,
di quei volti trasfigurati, di quei corpi che deliravano. Solo in seguito
è emersa la necessità di trasformare in segno e in racconto quelle
emozioni visive". Da Rawe Off alle mostre successive - Polvere e Nirvana e
Surfaces, del 2004 -, Leperino procede con coerenza sulla strada già
tracciata, con il medesimo mix di linguaggi differenti che l'hanno visto
esordire, ma sempre con un'attenzione fortissima per una pittura forte,
gestuale, fatta di segni decisi, di graffi, di scarnificazioni della
tela.( Intervista di Alessandro Riva a Christian Leperino tratta dalla
monografia DUST, Paparo Edizioni 2007)
Opening: venerdì 9 febbraio ore 19
NOTgallery
Piazza Trieste e Trento, 48 - Napoli
Orari: dal martedì al sabato ore 16 - 19,30; martedì, mercoledì e venerdì ore 11 - 13; domenica su appuntamento
Ingresso libero