La GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino dedica una grande mostra antologica all'opera di Mimmo Jodice, uno dei maggiori fotografi italiani contemporanei e uno dei piu' noti a livello internazionale.
Retrospettiva 1965-2000
Esperimenti e ricerche
Le produzioni di Mimmo Jodice degli anni Sessanta sono segnate da una grande tensione di stampo sperimentale. Le soluzioni tecnico-linguistiche che egli impiega sono molte: distruzione della prospettiva centrale, deformazioni, sfocature, sgranature, graficizzazioni, sovraimpressioni, rispecchiamenti, solarizzazioni, viraggi, fotogrammi per proiezione, chimigrammi. Attraverso la manomissione delle tecniche fotografiche tradizionali, Jodice svolge studi sulla materia ed entra nei risvolti della fotografia, anche sotto l'influenza dell'Informale e delle avanguardie, specie il Cubismo e il Surrealismo.
Uomini
Gli anni Settanta sono, per Jodice, la stagione dell'impegno sociale e civile. Egli conduce ricerche di tipo antropologico su molti temi: dalle feste e i rituali religiosi del mondo popolare del sud ai problemi della sanità e della malattia mentale, dalla scuola alla reclusione, dal lavoro all'emarginazione sociale nella grande periferia napoletana. La sua fotografia sociale non si colloca però nel quadro del reportage tradizionale. L'attenzione di Jodice si rivolge più allo scenario che all'azione, più alla maschera e al gesto che all'evento in corso in quanto tale, e più che raccontare, punta a organizzare il campo visivo e a studiare il valore simbolico della luce e degli spazi nei quali si muovono le figure.
Luoghi dello sguardo
Con gli anni Ottanta le figure e le storie degli uomini escono di scena e nelle fotografie di Mimmo Jodice resta soltanto la città vuota come metafisico contenitore. Egli lavora ripetutamente su Napoli e su molte altre città o territori in Italia e in Europa, escludendo ogni criterio narrativo o semplicemente descrittivo ed invece sviluppando con lucidità una dimensione fortemente onirica dei luoghi. Un senso di spaesamento li percorre e li trasforma in spazi alienati, immobili nel tempo, privi di vita, quasi congelati, siano essi luoghi della natura o della cultura, architetture contemporanee oppure antiche.
Luoghi della memoria
A cavallo fra anni Ottanta e anni Novanta il lavoro di Jodice si orienta verso uno studio profondo e appassionato delle impronte del passato sul presente e delle radici lontane della cultura mediterranea. Il presente diventa spessore di cose passate, il paesaggio diviene luogo della memoria e tutto il lavoro di Jodice acquista il significato di una ricerca delle origini. L'arte antica e l'archeologia costituiscono degli elementi centrali di una ricerca nella quale egli fa dell'idea di Mediterraneo una sorta di laboratorio sentimentale e mentale che gli consente di costruire, nella sua piena maturità , un'espressività emozionata ed irrequieta, carica di tremore e di mistero.
Opere recenti
In anni recenti Mimmo Jodice si allontana definitivamente da qualunque approccio di tipo documentario. L'immagine si libera dal dato reale e si carica di emozioni, vibrazioni e forti valenze percettive. Oggetti e luoghi divengono fantasmi, tracce di un enigma, segni galleggianti ormai staccati dalla realtà . La fotografia di Jodice tende a indagare il "non manifesto" delle cose, il mistero di una realtà che diventa sempre più difficile decifrare: la fotografia si fa sempre di più strumento di traduzione del proprio mondo interiore, in una dimensione sempre più profondamente atemporale.
Biografia
Mimmo Jodice nasce a Napoli nel popolare rione Sanità il 24 marzo 1934. L'improvvisa morte del padre, nel 1939, causa il tracollo economico della famiglia. Seguono anni molto difficili, durante i quali alle sfortunate vicende familiari si intrecciano i momenti della guerra. A dieci anni Mimmo è costretto a iniziare a lavorare.
Nei riguardi dell'arte è un appassionato autodidatta. Frequenta gli ambienti dell'Accademia di Belle Arti di Napoli e, dopo prime esperienze con la pittura e la scultura sotto l'influenza di De Pisis e Viani, alla fine degli anni Cinquanta si avvicina alla fotografia.
Nel 1962 sposa Angela Salomone, da quel momento compagna inseparabile di vita e di lavoro. Dall'unione nascono tre figli: Barbara (1963), Francesco (1967), Sebastiano (1971).
A metà anni Sessanta decide di dedicarsi completamente alla fotografia, anche grazie alla conoscenza con il pittore e fotografo Giovanni Thermes. Figura importante per la sua formazione è anche quella del pittore Emilio Notte.
Le sue produzioni degli anni Sessanta, fortemente orientate verso la sperimentazione e la manomissione delle tecniche tradizionali della fotografia, vedono l'influenza del fotografo inglese Bill Brandt e portano anche il segno dell'Informale e delle avanguardie, specie il Cubismo e il Surrealismo.
Nel 1967 espone per la prima volta il suo lavoro a Napoli alla Libreria La Mandragola. Nel 1968 inizia con il gallerista Lucio Amelio un proficuo rapporto di collaborazione che durerò fino al 1985. Entra dunque in profondo contatto e lavora con i più grandi artisti attivi in quegli anni, da Andy Warhol a Robert Rauschenberg, Da Jasper Johns a Sol LeWitt, da Joseph Beuys a Michelangelo Pistoletto, da Joseph Kosuth a Mario Merz, vito Acconci, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Gino De Dominicis, Gina Pane, Alberto Burri, Hermann, Nitsch, Wolf Vostell.
Nel 1969 conosce Roberto De Simone, con il quale condivide interessi antropologici e indaga le feste e i rituali religiosi del mondo popolare. Insieme pubblicano nel 1974 il volume Chi è devoto.
Nel 1970 Jodice inizia a insegnare fotografia all'Accademia di Belle Arti di Napoli, prima tenendo corsi sperimentali e a partire dal 1975 un corso ufficialmente definito. Come docente, diventa figura di riferimento e di crescita per la giovane fotografia napoletane e più in generale meridionale.
Sempre nel 1970 espone alla galleria il Diaframma di Milano. La mostra, Nudi dentro cartelle ermetiche, con presentazione di Cesare Zavattini.
Nell'arco degli anni Settanta, pur senza abbandonare la sperimentazione e la ricerca sui materiali e le tecniche della fotografia (del 1978 la mostra Identificazione, presentata da Marina Miraglia, e del 1977-79 le serie Strappi e Momenti sovrapposti), si dedica ad indagini sui problemi dell'attualità sociale napoletana, dalla sanità alla scuola, dai luoghi del lavoro alle carceri, i manicomi, la droga, l'emarginazione sociale nelle periferie della città , i bambini, la ritualità religiosa, la devozione ai morti. Nel 1973 prendono forma alcune ricerche importanti quali Il ventre del colera, con presentazione di Domenico De Masi, e Dedicato alla Madonna dell'Arco, con presentazione di Mario Pomilio. Nel 1975 collabora con le sue fotografie al volume Mezzogiorno. Questione aperta, a cura di Cesare De Seta.
Nel 1979 la rivista "Progresso fotografico" dedica un numero monografico alla sua opera di fotografo sociale.
Alla fine degli anni Ottanta Jodice sposta i suoi interessi dalla fotografia sociale all'analisi dell'ambiente urbano, prima di Napoli, vissuta in chiave metafisica, e poi di molte altre città italiane ed europee. Nel 1980 pubblica Vedute di Napoli, con un testo di Giuseppe Bonini, che costituisce una svolta nel suo lavoro e l'inizio di un lungo periodo di ricerca sulla rappresentazione dei luoghi. In questo Jodice è protagonista, insieme a Luigi Ghirri, Mario Cresci, Gabriele Basilico, Guido Guidi, di profondo rinnovamento di codici che renderà la fotografia italiana contemporanea e le consentirà di affacciarsi sulla scena internazionale. E' la stagione nella quale sente la lezione dei grandi maestri della fotografia americana contemporanea, soprattutto Walker Evans, ed è un periodo segnato dalla partecipazione a molti progetti dedicati al paesaggio, fra i quali Napoli 1981. Sette fotografi per una nuova immagine, 1981, Viaggio in Italia, 1984, Esplorazioni sulla via Emilia, 1986, e da molti altri incarici pubblici in molte città italiane ed europee, da Trieste a Orléans, da Lecce a New York, da da Marsiglia a Avignone, da Porto a Montréal, da San Martin a Milano, Parigi, Almeria, Firenze, Barcellona.
Nel 1982 pubblica Naples une archeologie future, con un testo di Jean Claude Lemagny, nel 1985 realizza Un secolo di furore. L'espressività del Seicento a Napoli, un lavoro di interpretazione della pittura della pittura barocca napoletana, presentato da Nicola Spinosa, e nel 1987 Suor Orsola. Cittadella monastica nella Napoli del Seicento: il rapporto di Jodice con la storia e con l'arte di Napoli si fa sempre più stretto.
Nel 1990 pubblica La città invisibile. Nuove vedute di Napoli, con un testo di Germano Celant, raccolta di fotografie panoramiche che sintetizzano l'opera dello Jodice paesaggista.
Partecipa intanto a vari progetti europei che lo vedono sempre più impegnato a indagare la cultura e i luoghi del Mediterraneo e il tema dell'antico. Fra questi, Mèmoires de l'origine, 1987, Arles, 1988, Vue du Pont, 1990, Musa museu, 1992.
Nel 1993 esce una monografia in edizione italiana e francese sul suo lavoro dal titolo Tempo interiore, a cura di Roberta Valtorta.
Nel 1994 Jodice lascia l'insegnamento all'Accademia di Belle Arti di Napoli per dedicarsi completamente alla sua ricerca.
Nel 1995 esce il volume Mediterraneo, in edizione italiana e americana, con scritti di Predrag Matvejevic e George Hersey: E' il punto di arrivo della riflessione che ormai da anni conduce sui temi della memoria e delle origini e sulla persistenza del passato nel presente, e momento di coagulo di una rinnovata espressività emozionata e visionaria.
Da questo momento in poi applica i criteri di una fotografia anti-documentaria e sempre più libera dal dato reale a ricerche su luoghi diversi, per esempio in Venezia Marghera. Fotografia e trasformazione nella città contemporanea, 1997, a cura di Paolo Costantini, e in Paris City of Light, 1998.
I codici elaborati in Mediterraneo giungono agli esiti più estremi in Eden, un volume anch'esso uscito nel 1998 con testo di Germano Celant che presenta una ricerca nella quale Jodice con un salto sposta la sua attenzione dall'archeologia, il paesaggio, la città , agli oggetti della quotidianità , e successivamente in Isolario mediterraneo, del 2000, con un testo di Predrag Matvejevic, un viaggio nel paesaggio del mare che finisce per diventare viaggio interiore, astratto, senza luogo e senza tempo.
Attualmente lavora a un progetto sulla città di Boston per incarico della Mass Art del Massachussets Institute of Technology, per la realizzazione di una mostra e di un libro sulla città .
Orari
da martedì a domenica ore 9.00/19.00
lunedì chiuso
Ingressi
Lire 10.000 intero
Lire 5.000 ridotto
Servizi
Visite guidate
Mostra: domenica ore 10.00 e ore 11.30;
Collezioni Permanenti: domenica ore 15,30 e ore 17;
primo venerdì del mese ore 15,30 e 17
(con anche, solo nel pomeriggio, ingresso gratuito).
Prenotazione gruppi e scuole
Ufficio Attività Didattiche tel. 011 - 449 95 46
Ufficio Stampa
Marcella Pralormo tel. 011 - 442 96 03
E-mail: marcella.pralormo@comune.torino.it
Daniela Matteu tel. 011 - 442 95 23
E-mail: daniela.matteu@comune.torino.it
GAM - Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea
via Magenta 31, Torino - tel. 0115629911