Anfiteatro Flavio (Colosseo)
Roma
piazza del Colosseo
06 39967700
WEB
Sangue e Arena
dal 20/6/2001 al 7/1/2002

Segnalato da

Studio Esseci




 
calendario eventi  :: 




20/6/2001

Sangue e Arena

Anfiteatro Flavio (Colosseo), Roma

La mostra e' il terzo e il piu' atteso appuntamento del programma «Omaggio al Colosseo». La mostra si apre con la presentazione, attraverso plastici, ricostruzioni e dipinti antichi, della situazione e della topografia della zona in seguito occupata dal Colosseo prima della costruzione dell'anfiteatro: un avallamento fra i colli di Roma, occupato da abitazioni private, profondamente modificato dal devastante incendio del 64 d. C., ai tempi di Nerone.


comunicato stampa


Organizzata dalla Soprintedenza archeologica di Roma congiuntamente con la Soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta, la mostra è il terzo e il più atteso appuntamento del programma «Omaggio al Colosseo».
La sede espositiva è il Colosseo stesso, e più precisamente la restaurata galleria del secondo ordine degli ambulacri, in corrispondenza del secondo livello di gradinate.
L'evento si inserisce, infatti, nel contesto dei lavori di restauro, ricerca e valorizzazione dell'Anfiteatro, finanziati dalla Banca di Roma.
Il monumento più visitato d'Italia, dunque, espone e racconta se stesso, per rievocare la propria storia e le avventure di coloro che combatterono nei più famosi spettacoli offerti al popolo dell'antica Roma: i gladiatori.

«Io muoio, io muoio! Io vivo, io vivo!».
Con queste parole, così simili all'antico «morituri te salutant», si schiera in campo la formidabile nazionale di rugby della Nuova Zelanda. Quindici impressionanti colossi vestiti di nero si preparano allo scontro con gli avversari, davanti a decine di migliaia di spettatori.
Quando la danza rituale sarà finita, non più un fazzoletto bianco ma il fischio di un arbitro darà l'avvio alla mischia, e dalle gradinate salirà il tuono della folla.

Da millenni il mondo occidentale conosce l'importanza sociale e il fascino trascinante degli spettacoli circensi, l'intensità delle passioni che vibrano nelle arene, il legame che avvince il pubblico e i protagonisti, la magia di un'identificazione che rischia di tracimare, di diventare violenza, in bilico fra la metafora futuribile del «rollerball» (il gioco in cui si sfogano gli istinti aggressivi) e i problemi di ordine pubblico.
Quasi ogni domenica, le cronache «sportive» riportano notizie di risse fra opposte tifoserie, talvolta anche con gravi risvolti penali: ma già nel '59 d. C. un fatto del tutto analogo è avvenuto fuori dall'anfiteatro di Pompei, con il furioso pestaggio ai danni dei tifosi di Nocera e l'inibizione dagli stadi per ben dieci anni inflitta ai responsabili.
L'episodio è descritto con dovizia di particolari da Tacito, ma ne resta anche la vivida testimonianza di un affresco pompeiano, oggi visibile all'interno dell'appassionante esposizione allestita nel più sensazionale anfiteatro del mondo, uno dei simboli universali delle civiltà antiche: il Colosseo.

Il percorso, accessibile anche ai visitatori disabili grazie all'installazione di un'ascensore lungo lo sperone Stern, offre suggestioni senza confronti: affacciato da un lato sull'ampio panorama della vasta area archeologica nel cuore di Roma, dall'altro sull'inconfondibile ellisse interna.
Sarà così possibile osservare anche l'avanzamento dei lavori di consolidamento e di restauro, che stanno restituendo al pubblico nuove zone visitabili, la cui conclusione è prevista per il 2003.

In uno spazio fortemente caratterizzato, nella meravigliosa ambivalenza di una galleria protetta ma al tempo stesso aperta verso l'esterno, il visitatore si trova proiettato nel vivo di un'avventura sospesa fra l'archeologia classica e la bruciante attualità delle passioni, un po' come aveva intuito Burri quando, disegnando il manifesto per i campionati mondiali di calcio, aveva «visto» dall'alto un campo di gioco all'interno del Colosseo.
Memorabili oggetti antichi splendidamente conservati si alterneranno con immagini attuali, a conferma dell'intramontabilità dei miti e delle passioni. Dopo quasi due millenni, sembra di sentire di nuovo il denso brusio della folla in attesa, i colori, i rumori, persino gli odori caratteristici di un grande spettacolo popolare.
Intorno alla memoria dei gladiatori, il grande anfiteatro diventa lo scenario di un rito collettivo che coinvolge e appassiona.
Oggi come allora, il campo, le gradinate, i corridoi, gli spazi per gli atleti e per il pubblico, i palchi, gli spogliatori, insomma tutto ciò che compone il «catino» dell'arena produce la magia dei grandi stadi, dove ogni spettatore diventa protagonista.

La mostra si apre con la presentazione, attraverso plastici, ricostruzioni e dipinti antichi, della situazione e della topografia della zona in seguito occupata dal Colosseo prima della costruzione dell'anfiteatro: un avallamento fra i colli di Roma, occupato da abitazioni private, profondamente modificato dal devastante incendio del 64 d. C., ai tempi di Nerone.
I danni furono tali da imporre la demolizione sia delle case popolari che delle residenze più lussuose.
L'area, sgomberata anche con metodi brutali, divenne il fulcro spettacolare della Domus Aurea, il palazzo imperiale di Nerone: un vasto parco circondato da portici e, al centro, un ampio specchio d'acqua artificiale, quasi a rievocare lo scenario di una villa in riva a un golfo. Il tutto dominato da una gigantesca statua di Nerone, quel «colosso» che avrebbe in seguito dato il soprannome all'anfiteatro.

Monete, rilievi, ritratti, epigrafi e altri materiali illustrano poi la costruzione dell'anfiteatro, voluta dall'imperatore Vespasiano e legata al nome dei Flavi, la nuova dinastia imperiale.
Appena salito al trono nel 69 d.C., Vespasiano ordina di bonificare e pavimentare la zona prosciugando il laghetto di Nerone. Ben presto iniziano i lavori dell'anfiteatro, proseguiti da Tito con un intento certamente demagogico: la zona che Nerone aveva inglobato nel suo palazzo privato veniva «restituita» al popolo, investendo nell'immenso cantiere anche i proventi della guerra giudaica e della conquista di Gerusalemme.
La costruzione dell'anfiteatro venne affrontata con larghezza di mezzi, anche realizzando interventi costosi quali il collegamento sotterraneo fra l'arena e la nuova palestra per i gladiatori.
Nell'80 d.C. Tito poteva inaugurare l'enorme complesso, capace di circa 75.000 visitatori. I festeggiamenti, gli spettacoli, i ludi gladiatorii durarono ben 100 giorni.

La seconda sezione della mostra offre il confronto fra il Colosseo e i principali teatri della Campania, da cui provengono dipinti e sculture.
Secondo Plinio il Vecchio e Cicerone, l'idea di costruire anfiteatri (ossia «doppi teatri») di forma ellittica risalirebbe all'iniziativa di un patrizio romano, Scribonio Curione, che nell'anno 52 o 53 a. C. avrebbe unito insieme due grandi teatri di legno per ospitare i giochi gladiatori in onore del padre. Peraltro, alcuni anfiteatri della Campania (Capua, Cuma, Literno, e poi quelli di Pompei e di Pozzuoli) sono più antichi rispetto all'episodio citato.
Molti di questi edifici erano adorni di splendide sculture marmoree, esposte in mostra e provenienti in gran parte dai musei di Napoli e di Capua.
Il Colosseo «parla» attraverso un'ampia rassegna di iscrizioni, lastre graffite, frammenti architettonici, capitelli, timpani, bassorilievi, transenne, balaustre scolpite: resti di quel ricchissimo apparato ornamentale che un tempo decorava il monumento.

La terza sezione è dedicata ai diversi spettacoli che si svolgevano nel Colosseo che oggi forse chiameremmo «impianto polifunzionale», e soprattutto ai combattimenti fra i gladiatori.
Gli squilli delle trombe e il suono degli strumenti dell'accompagnamento musicale (chi ha assistito a una corrida sa quale brivido comunichino le note degli ottoni all'ingresso del toro) introducono la discesa in campo dei gladiatori.
La mostra trova il suo apice nella serie di sculture e di mosaici in cui sono effigiati allenamenti, combattimenti, trionfi, e anche le scene di caccia o di lotta con animali feroci.
Si tratta spesso di altissimi capolavori, in cui il valore della testimonianza storica si unisce alla meraviglia di uno stile artistico all'apogeo, tanto in scultura quanto nel mosaico.

Il gruppo di oggetti più spettacolare ed evocativo venne ritrovato nella Caserma dei gladiatori di Pompei ed è conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli: si tratta delle armi da parata, degli straordinari elmi, delle corazze e delle protezioni di diverse «categorie» di gladiatori.
I combattenti si dividevano in vari schieramenti, ben identificabili in base all'armamento e al costume. Ciascuna classe gladiatoria disponeva di armi micidiali, ma proprio le differenze fra le «squadre» rendeva sempre incerto il risultato finale.
Sostanzialmente, sulla base degli oggetti, delle immagini e delle ricostruzioni, si può davero affermare che la vittoria non giungeva solo in base all'intrinseca efficacia delle armi in dotazione, ma era soprattutto legata al talento individuale, all'allenamento, alla capacità di maneggiare con maestria gli strumenti di protezione e di attacco.

Gli elmi sono certamente la parte più celebre dell'armamento dei gladiatori: la loro funzione pratica era affiancata e anche superata dalla ricerca di effetti spettacolari che diventavano parte integrante dell'azione, proprio come avviene oggi nella ricerca delle divise di gioco, non senza dirette affinità con gli odierni caschetti indossati dai giocatori di football americano o dai portieri di hockey.

Chiude la mostra la suggestiva sezione che vede ricostruiti i modelli delle macchine sceniche, mentre le immagini dei preziosi dittici bizantini faranno parte della scenografia.
Siamo sul sottile confine che lega la fine del mondo antico e l'inizio del medioevo cristiano e le immagini sono di forte carica evocativa. Per l'ultima volta, scendono nell'arena gradiatori e belve, mentre gli spettatori ineggiano dagli spalti.
E sulla sabbia scorre l'ultimo rivolo del sangue esausto di un mondo che si sta spegnendo. Ne era consapevole, ormai nel IV secolo, anche sant'Agostino, che «confessa» attraverso Alipio di essere stato a sua volta trascinato dalla passione assistendo agli spettacoli degli anfiteatri.

Catalogo Electa

Ufficio stampa Electa: Valeria Regazzoni
tel. 02.21563.207/.433 - fax 02.21563.314
mailto:
dinolfo@mondadori.it
vregaz@mondadori.it

Esseci: Sergio Campagnolo
tel. 049.663499 - fax 049/655098


Informazioni: 06/39967700


COLOSSEO, Roma

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