Olimpia. Fotografie di un non-luogo con scenari sospesi tra fantascienza e barbarie, con la citta' che nasce tra cumuli terrosi e squarci di luminosita', con la presenza incombente di lunghe braccia di metallo.
Olimpia
Olimpia è utopia allo stato puro.
Olimpia è letteralmente utopia, nel senso di non-luogo.
È, a voler essere più precisi, un luogo che ha un senso solo in un dato
momento, sospeso tra due lunghi intervalli uguali, prima e dopo.
È un luogo che si "costruisce" per esistere, che si costruisce dal nulla o
quasi, per esistere un breve lasso di tempo.
È un luogo che esiste e si popola solo in quel momento, per poi
risprofondare nel nulla, nella non-esistenza.
Ed è un luogo, una città, che non ha popolo se non in quel momento preciso,
di una durata precisa.
E, quando si popola, ha un popolo scelto ed individuato da regole precise,
che si riassumono alla fine in un unico precetto: sono il "meglio"
universale messo a confronto per raggiungere ulteriori livelli di
eccellenza.
[Permettete un inciso. Ci starebbe un bel po' di pregiudizio "razziale" o di
"eugenetica" in questo assunto, non fosse che, storicamente, nel '9"6, a
Berlino, sotto il naso e i relativi baffetti del predicatore primo della
superiorità della razza ariana, un per nulla "bovero negro" (o "bongo bongo"
come direbbe oggi uno dei nostri più illuminati politici), mise sotto nelle
tre gare principi dell'atletica i bei fighetti biondi dagli occhi cerulei.
Fine dell'inciso.]
Ma di nuovo c'è una regola, un precetto, che supera e trascende quello
precedente e che supera e trascende la lotta per l'eccellenza, e afferma che
l'importante non è vincere ma "partecipare". "Esserci" è la vittoria,
"esserci" è il senso.
Quindi, tirando le fila, se tirar le fila si può: "Olimpia è un non luogo,
con una costante temporale, in cui non conta quel che si fa ma è
fondamentale esserci".
La fantastica ironia inconsapevole della logica umana è sempre un fenomeno
bizzarro e sorprendente.
Comunque, il nostro Fulvio Bortolozzo, astuto e ben consapevole della
stolidezza dell'umano pensiero, non si fa cogliere dalla fregola di
documentare l'evento, la gara, la meglio gioventù che gioiosamente
s'affronta per il piacere di farlo ("alla faccia del bicarbonato di sodio",
direbbe il principe De Curtis, con l'approvazione di Bortolozzo e mia). Chi
se ne frega, diciamolo pure in modo poco elegante, di "chi batte chi" sotto
il fuoco di Olimpia. Il bello, per l'occhio di chi sa vedere, è il "farsi"
di questa città che da virtuale diventa virtuosa (per definizione), questa
città che si costruisce e si inventa, dandosi una dimensione per antonomasia
"titanica", in quanto teatro e proscenio di gesta e imprese ai limiti
dell'umana possanza.
E qui, nel "farsi", si coglie già da prima la grandezza epica dell'evento,
qui si colgono forze (davvero) titaniche in atto. Qui sorge tra la terra e
il cielo la città che non esiste.
E Bortolozzo con occhio acuto ci rivela scenari tra fantascienza e barbarie,
con la città che nasce dalle sue interiora, tra cumuli terrosi e squarci di
luminosità luciferina, con la presenza costante, vigile, incombente di
lunghe braccia di metallo, protesi di un corpo meccanico invisibile che è
l'attore nascosto di questa fantasmagoria architettonica. E il lavoro di
questi operatori invisibili è visibile solo nelle tenebre profonde della
notte, illuminate come per miracolo o perché il miracolo si compia. Ed il
gusto sublime dell'inquadratura arrischiata e il taglio inconsueto della
visione azzardata e voluta, sono tutti indirizzati alla glorificazione della
nascita della nuova "creatura".
Virgilio, allo stesso modo, cantava la creazione della progenie romana:
"Tantae molis erat Romanam condere gentem" [di sì gran peso era fondare la
stirpe romana].
Anche lui, come il nostro moderno cantore, poneva l'accento sullo sforzo, la
fatica sovrumana, la lotta contro il destino e il tempo (nulla meno fu il
faticoso avvicinarsi di Enea alle coste italiane, presupposto della futura
civiltà), per la costruzione del sogno.
Qui, poi, il sogno è effimero, ma si spera che il gesto titanico (o più
prosaicamente, l'architettura) resti.
Bruno Boveri
Fulvio Bortolozzo è nato nel 1957 a Torino (Italia), dove vive e lavora.
Dal '998 è docente nei corsi triennali dello IED (Istituto Europeo di
Design) diTorino.
Ha realizzato numerosi progetti di fotografia esposti in mostre personali e
collettive.
Nel "005, con Olimpia, vince il "Premio Fotosintesi" (Piacenza).
Nel "006 fonda "Luigi Walker per la fotografia contemporanea". Sempre nel
"006, sue opere vengono selezionate per "Suoni e Visioni", mostra
internazionale dedicata agli ultimi cinquant'anni di fotografia italiana e
"Il sole nelle mani", mostra collettiva del Premio Internazionale
Bariphotocamera.
Libreria Agora
Via Santa Croce 0/E - Torino
Orari: martedi'-sabato 9,30-19,00, lunedi' 15,00-19,00