Una ricerca artistica sulla bidimensionalita' e sul movimento virtuale, inteso come effetto visivo apparentemente cinetico, dove lo spettatore comincia ad essere stimolato in prima persona nella fruizione dell'opera con la quale entra in relazione.
Progettare il khaos
Il prossimo 12 marzo alle ore 19:00, presso il Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, si terrà l’inaugurazione di “Progettare il Khaos”, la prima mostra romana del noto artista argentino Horacio García Rossi. Fortemente voluta dal direttore del Polo Museale Romano, il professor Claudio Strinati, e da Lorenzo Zichichi, la mostra è curata da Giovanni Granzotto ed è organizzata da Il Cigno GG Edizioni che ne cura anche il catalogo.
Argentino di nascita, parigino d’adozione, García Rossi inizia la sua ricerca artistica interessandosi alla bidimensionalità e al movimento virtuale, inteso come effetto visivo apparentemente cinetico, dove lo spettatore comincia ad essere stimolato in prima persona nella fruizione dell’opera con la quale entra in relazione. Nel 1960 è fra i fondatori del Grav (Groupe de Recherche d'Art Visual), gruppo storico parigino, attraverso il quale comincia una ricerca che lo porta ad interessarsi alla luce come mezzo d'espressione plastica e al colore-luce come problematica unificata. Da qui nascono le esperienze con i Rilievi a luce instabile, le Scatole luce-colore da manipolare da parte dello spettatore e le opere a tre dimensioni cinetiche come i suoi cilindri in rotazione.
Le superfici dei dipinti di García Rossi sono lisce ma tutt'altro che anonime; su esse avviene un considerevole gioco cromatico, in cui le qualità del colore si muovono da una freschezza totalmente sintetica ad una densità piena. L’opacità, data dai bruni e dai toni scuri, o la lucentezza dei colori più chiari, sono connessi a risonanza luminosa e ritmica. Nasce così una nuova capacità di generare contrasti, alla cui base si delinea la coscienza di una conquistata libertà espressiva. La linea guida del suo lavoro diviene il concetto di arte come progetto, in contrapposizione alla irrazionale irripetibilità del gesto, e volta al conseguimento di una perfezione calcolata e totalizzante, ad una fruizione allargata, ad un coinvolgimento attivo del pubblico che diventa co-autore. L’opera diviene ''aperta'', mai conclusa, in continua interazione con lo spazio, il tempo e l'uomo. Nel ciclo Khaos, di cui vediamo esposte in questa mostra circa 40 opere, percepiamo chiaramente la volontà dell’artista di razionalizzare le tensioni e le contraddizioni della vita moderna in favore di un ordine creativo.
Il linguaggio che ne emerge appare matematicamente calcolato eppure, nel contempo, viene fruito in maniera pienamente ludica. Una caratteristica fondamentale di tale linguaggio è la liberazione dell'energia visiva determinata dalla struttura dell'opera che si avvale sia fisicamente di materiali e forme che di virtuali variazioni e modulazioni tonali. L'opera d'arte diventa fruibile con tutti i sensi. La si può toccare, modificarne l'aspetto e attraverso di essa recuperare le parti sfuggenti della realtà del cosmo.
Fino al 15 aprile.
Inaugurazione: 12 marzo alle ore 19
Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo
Lungotevere Castello, 50 - Roma
Orario: a martedì a domenica, ore 9-19