Galleria dell'Oca Arte Contemporanea
Roma
via del Vantaggio, 45a
06 6781825 FAX 06 69294238
WEB
Matta
dal 13/3/2007 al 13/4/2007
Martedi' - Sabato 11-13.30 e 14.30-20

Segnalato da

Galleria dell'Oca



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Gordon Matta-Clark



 
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13/3/2007

Matta

Galleria dell'Oca Arte Contemporanea, Roma

Sebastian Matta trasformo' con un piccolo gioco d'azzardo la libreria dell'Oca in galleria determinandone l'esistenza e disegnandone poi il logo. Nella nuova sede una mostra omaggio, uno scorcio sull'immensa produzione dell'artista dagli anni in cui aderi' al Surrealismo, alla dimensione figurativa di fine anni 40, ai dipinti materici, i pastelli e le grafiche degli ultimi anni '80.


comunicato stampa

Oli, carte e grafiche 1939–1991

Matta ha rappresentato fin dall’inizio un nume tutelare della galleria, e in qualche modo ha determinato la nascita della stessa. Matta trasformò con un piccolo gioco d’azzardo la libreria dell’Oca in galleria determinandone l’esistenza e disegnandone poi il logo. Così nella nuova sede di via del Vantaggio un ricordo di colui che associava l’Oca, alla parola spagnola Loca, che designa la follia. Dopo cinque anni dalla morte del grande artista e più di dieci anni dalla sua ultima esposizione in questa galleria, una mostra omaggio che celebra cinquanta anni di intensa attività. Non è certo un’antologica, solo un possibile scorcio sull’immensa produzione di un artista eclettico e imprevedibile. Dagli anni in cui Matta aderisce al Surrealismo, alla ritrovata dimensione figurativa della fine degli anni Quaranta, ai suoi dipinti materici, ai suoi pastelli, fino alle grafiche degli ultimi anni Ottanta.

La vita di Matta, fatta di continui spostamenti (dal Cile all’Europa, a New York e infine nuovamente in Europa, tra Parigi e Tarquinia e il mondo), e la sua arte, sono difficilmente classificabili. Come affermava Giuliano Briganti le sue opere non sono espressioni né astratte, né informali, né d’“action painting, né tantomeno figurative, sono «storie e battaglie che non hanno un punto di riferimento, neanche a dirlo, in qualsivoglia realtà esteriore visibile ma che mimano pittuosto, talvolta, le morfologie del mito o del vedere animistico e cerimoniale di antiche civiltà, ma solo come punto di partenza, non come punto di arrivo, come se il mito o le immagini fatte per un occhio non contaminato della cultura artistica occidentale , fossero il “buco nero” dello spazio-tempo attraverso il quale entrare in un’altra dimensione morfologica dove si svolgono altre storie, altre battaglie». Tra le opere del primo periodo definite “morfologie verbali” un disegno del 1939, qui l’elemento inconscio diventa lo stimolo primario attraverso il quale organizzare con colori forti il suo mondo di segni, forme, figurazioni sconosciute che costituiscono un universo in continuo divenire. Alla fine degli anni Quaranta abbandona New York e il suo amico mercante Pierre Matisse che non vedrà più, ritorna in Europa stabilendosi a Roma, le sue opere ritrovano una dimensione figurativa seppur sempre all’interno di una dialettica con l’automatismo delle sue origini surrealiste. A New York non ritornerà che dopo la morte di Pierre Matisse. Degli anni Quaranta un progetto per “Onix of Electra”, 1944 opera conservata al MoMA di New York. Di questo periodo due opere del 1954 con figure robotiche che denunciano un forte disagio interiore, che assurgono ad emblema dell’incomunicabilità del XX secolo. In mostra anche un’opera del 1963 in cui si nota l’influenza del suo viaggio a Cuba e del suo intervento politico per quella terra: “ho intenzione di fare quadri con la terra di Cuba…Quella terra ha colori rossi che sono connaturati a tutta l’arte africana che noi conosciamo. Già in questi colori c’è una specie di aspetto condizionato a queste forze del fondo. Nell’arte l’arma nostra è la sensualità, la sensualità definita come forma di conoscere il mondo.”

Sono esposti inoltre alcuni pastelli degli anni Settanta, legati alla sua amicizia con Allende e al suo amore per il Cile. Sono grandi figure antropomorfe su sfondo monocromo che alludono ad eventi politici; il suo essere artista significava partecipazione alla vita sociale, ma queste opere non costituiscono dei dogmi, sono solo stimoli per la ricerca di una libertà profonda.

I disegni, gli olii, così come le grafiche sono dei lavori in fieri, non rappresentano mai delle opere finite, ma sono accenni, suggerimenti a nuove idee: il labirinto “interno” si espande, si dipana per ricercare nuovi potenziali di libertà.

Benedetta Carpi De Resmini

Immagine: Due figure, 1963 terre colorate e olio su tela 94 x 93,5 cm

Galleria dell'Oca
Via Del Vantaggio 45 - 00186 Roma
Orari: da Martedì a Sabato 11.00-13.30 e 14.30-20.00

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