Opere relazionanti. Partendo dalla luce bianca ad ogni contatto umano l'opera si evolve, acquisendo dapprima colori e, man mano, tonalita' e sfumature piu' complesse. A cura di Adelinda Allegretti.
Opere relazionanti
a cura di Adelinda Allegretti
La galleria Tartaglia Arte ospita, per la prima volta a Roma,
Maurizio Luerti (Milano 1965). Laureato
in ingegneria elettronica presso il Politecnico, Luerti progetta
nel settore dell’illuminazione, dell’automazione, della
cosmetica e della profumeria per griffe di importanza
internazionale. La sua ricerca espressiva prende avvio dalla
terra che, plasmata e modificata, diviene testimonianza della
lenta evoluzione umana. Incidere nella creta e nel cemento è
metafora di una ricerca interiore finalizzata al recupero di
simboli dall’inconscio. Dal 2002 un nuovo elemento si inserisce
nelle opere del designer milanese: attraverso leds ed un
software dedicato, la luce viene adottata come mezzo
d'interazione tra l’opera stessa e il mondo circostante.
All’insegna della Teoria della Relazione, le opere comunicano
tra loro, manifestandosi sempre diverse nel tempo.
La ricerca
dell’emozione, il coinvolgimento emotivo. Tra i supposti
dell’opera d’arte sembra - come scrive Adelinda Allegretti -
essere questa la prerogativa sine qua non, messa in campo
dalla storia dell’arte con ricorrente maestria, dal virtuosismo
mimetico di Apelle agli esempi shock contemporanei, passando
attraverso la spettacolarizzazione barocca. L’arte deve
coinvolgere lo spettatore? E così sia. Sarà pur opinabile il
mezzo, ma non certo il fine. Premessa indispensabile, questa,
per collocare nella giusta dimensione l’opera di Maurizio Luerti,
che intrappola lo spettatore in una sorta di ragnatela
invisibile, dalla quale è impossibile riscattarsi. Abbindolato,
affascinato, calamitato verso la luce, il fruitore non resiste
alla tentazione di toccare l’opera, di instaurare un contatto
con lei. Ed è quanto l’opera vuole. Perché è l’unico modo che
essa ha per cibarsi, crescere, sperimentare. Per vivere.
Partendo dalla
luce bianca, il non colore per eccellenza, ad ogni contatto
umano l’opera si evolve, acquisendo dapprima colori e, man mano,
tonalità e sfumature intermedie sempre più complesse. L’opera
attiva il suo istinto di sopravvivenza, ci ammalia - anziché con
il canto - con l’alternanza cromatica, perché sa bene che senza
il contatto con l’uomo i suoi colori col tempo sbiadirebbero e
tornerebbe alla condizione iniziale di non colore.
Ma l’istinto di
sopravvivenza riguarda un’intera specie, mai solo un singolo
individuo. Le sculture di Luerti sono state create per
scambiarsi informazioni, per imparare, come all’interno di una
medesima famiglia, anche dalle situazioni esperite da ciascuna
sorella. I mutamenti nelle manifestazioni luminose lo attestano.
E allora è la relazione che diventa la chiave di tutto.
Relazione tra opera-osservatore, ma anche tra opera-opera, anzi
tra opera-opere. Trovarsi nella stessa stanza con più sculture
di Luerti equivale ad ascoltare una composizione corale, un
concerto di musica classica, o guardare una squadra al lavoro,
dove ciascun elemento svolge la propria funzione per un bene
comune, per la crescita comune. Un’orchestrazione senza pari.
Intrise di
simboli desunti da un alfabeto personale e cariche di
implicazioni spirituali-filosofiche, tali sculture hanno in
comune con l’essere umano l’esperienza del dejà-vu. Evitare il
contatto con l’opera per un tempo molto prolungato significa
decretarne la morte, il ritorno, appunto, ad uno stato di non
colore. Ma a questo punto entra in gioco il concetto di karma.
Quando l’opera tornerà ad esperire nuovi contatti, ovvero
tornerà a nuova vita, nella sua memoria emozionale avverranno
dei flashback, dei ricordi delle vite passate che si
manifesteranno attraverso il recupero di tonalità e sfumature
cromatiche sviluppate in passato. È la continuità karmica, la
necessità di ampliare il proprio bagaglio di esperienze. È la
vita eterna.
Inaugurazione: 16 marzo dalle ore 18,00
Tartaglia Arte
via XX Settembre, 98c/d -Roma